There is a crack in everything. That’s how the light gets in
Spostandosi tra il solare e il malinconico, il terreno e l’etereo, l’elegante figura del maestro di parole canadese Leonard Cohen ha ispirato milioni di persone intrappolate nella dimensione immobile della routine.
Comunicato stampa
Spostandosi tra il solare e il malinconico, il terreno e l’etereo, l’elegante figura del maestro di parole canadese Leonard Cohen ha ispirato milioni di persone intrappolate nella dimensione immobile della routine. Le sue parole costituiscono bagliori nella notte, pillole di saggezza. Diceva: per un breve momento, una breccia si apre silenziosamente nella notte delle nostre vite; una pioggia di luce inonda il morbido terreno delle nostre abitudini. Tutto si riunisce, il prodigioso e il banale in uno. Al mattino presto, un bambino si stiracchia. Sotto la cenere, un fuoco si riaccende. Un’opera prende forma davanti ai nostri occhi assonnati.
È questo tipo di esperienza che – guidati dai toni profetici di Leonard Cohen – la galleria Martina Simeti ci invita a vivere, riunendo sei artisti internazionali, insieme qui per la prima volta a Milano, e riconfigurando parte della storia che sta tra l’uomo e i suoi oggetti. I primi hanno raccontato storie e si sono raccontati storie attraverso gli oggetti, siano essi piccoli o enormi, confusi o toccanti. Lo specchio rotto di Alek O, la lampada in cerca di equilibrio di Cristian Andersen, il tappeto di Lupo Borgonovo, il teatro tascabile di Anne Bourse, i pannelli sconcertanti di Maurice Pefura e le delicate ceramiche di Marisa Tesauro vengono da molto lontano. Risalgono all’alba dei tempi.
Le nostre crepe non sono confini. Non sono imperfezioni. Ci sollevano, riempiendo le nostre vele. E la luce entra attraverso le nostre crepe. Siamo confortati, riconciliati al contempo con noi stessi e con il grande Tutto.
Perché c'è una crepa in ogni cosa. È così che entra la luce.