I primitivi e noi
Specchi, alcool e altri oggetti furono sufficienti per avere la fiducia dei “primitivi” e poi sottometterli. Svago, sport, reality show, feticci tecnologici e altre cianfrusaglie vidimate dall’universo mediatico, a dosi omeopatiche e allopatiche, sono stati sufficienti per stordire intere masse dal collasso economico e sociale che le sta investendo come un’onda d’urto.
La fusione di cultura e spettacolo non si compie solo come presa in ostaggio della cultura, ma anche come culturalizzazione dello spettacolo. Infatti, ciò che vince in questi casi è sempre la potenza formativa del mezzo in quanto tale. L’apparente neutralità della tecnica è un’illusione. Quando si sostiene – da destra, da sinistra o da qualsiasi altro luogo – che il mezzo come tale sarebbe neutrale, perché ciò che conta è “come” viene usato, si postula implicitamente un a priori sull’idea di “precedenza” verso qualsiasi tipo di tecnologia, definendo come “superato” ogni pensiero che vi si oppone. La tecnica non è un primum, come la natura, rispetto a cui l’uomo deve adattarsi, semmai è un mezzo, nient’altro.
L’idea di “precedenza” o di neutralità – che somiglia allo schematismo trascendentale di Kant – non è altro che la struttura che preordina in anticipo le forme attraverso cui le immagini sono assimilate e dunque cognitivamente comprese. Il problema etico non segue quello della tecnica nella prospettiva di una società dove lo sfruttamento è abolito, è primario. Quanto più le immagini preordinano la società, tanto più mettono in secondo piano il valore che ad esse deve attribuirsi. Ogni concezione del mondo non è innocente. L’apparente neutralità dei media è un inganno, perché al pari degli specchi e dell’alcool che servirono per farsi strada presso i popoli non occidentali, penetrano la dimensione cognitiva modellandola sul modello della tecnica.
La presunta “arretratezza” che si imputa a coloro che non seguono questo schema è il verdetto pronunciato da chi non tollera altre concezioni della tecnica, e nasconde il fatto che illusione e pianificazione convergono nel medesimo scopo. Il culto dei media e delle nuove tecnologie, sovrapponendosi agli antichi culti, prolunga la storia dell’illusione e dei feticci che la alimentano. Garantendo la libertà formale attraverso le immagini che uniscono e omologano, si perpetua l’ineguaglianza sociale. Perché la supremazia dei media sulla realtà contribuisce a farla percepire come un’immagine fra le immagini, sostituibile all’infinito. Tuttavia: come negare che sono state uno strumento d’informazione nelle rivoluzioni dei Paesi nordafricani?
Marcello Faletra
saggista e redattore di cyberzone
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #7
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