Ricostruire l’architettura antica con la tecnologia: 20 anni di lavoro dello studio Katatexilux
Abbiamo chiesto a Raffaele Carlani, co-fondatore del progetto nato nel 2002, di raccontarci come nasce un’azienda che si occupa di rendering, ricostruzioni e modelli digitali come quello celebre della Domus Aurea Neronis, applicando le ultime tecnologie alla scoperta dell’antico.
Che la tecnologia sia amica della ricerca, anche in campo culturale, è cosa nota: ma quanto può contribuire alla scoperta e alla divulgazione, e in che modo? A rispondere è Katatexilux, uno studio che coniuga tecnologia e storia dell’arte con grande successo, occupandosi della ricostruzione virtuale della Domus Aurea di Nerone, dell’opera omnia multimediale e interattiva Virtual Ara Pacis, del filmato Domus Aurea 1774 e di molti altri progetti dal respiro nazionale. Abbiamo chiesto al co-fondatore di Katatexilux, l’architetto Raffaele Carlani, di parlarci del progetto nato nel 2002 che applica l’alta tecnologia e l’informatica ai beni culturali, e in particolare alla storia dell’arte e all’architettura.
Come è nata Katatexilux? E come è cambiata in vent’anni?
L’idea di Katatexilux nasce nella facoltà di architettura di Valle Giulia a Roma intorno al 2000. In quel periodo frequentavo insieme a Stefano Borghini Storia dell’Architettura Antica e Medievale del professor Viscogliosi. Durante quelle bellissime lezioni ci chiedevamo: come si può portare al pubblico la bellezza dell’architettura antica, di cui oggi rimangono resti spesso incomprensibili per i non addetti ai lavori? E quale può essere il percorso metodologico per assicurare alle ricostruzioni virtuali rigore scientifico e filologico? La nostra ambizione era quella di portare lo strumento informatico all’interno della ricerca storico-artistica e approfondire la tecnica ricostruttiva per poter rendere le nostre ricostruzioni verosimili ma anche emozionanti. Ancora studenti, abbiamo iniziato a sviluppare progetti con il nome Katatexilux, poi Stefano è uscito dalla società nel 2011. Di Katatexilux non sono cambiate l’accuratezza scientifica e l’attenzione alle fonti: è la deontologia del comunicatore scientifico, indispensabile per la serietà del nostro lavoro. Dove invece siamo in continua evoluzione è nella ricerca del linguaggio comunicativo: cerchiamo di usare l’emozione come strumento didattico, per questo osserviamo con estrema attenzione le discipline come il cinema e le arti performative.
Tutto è iniziato da quel primo progetto sulla Domus Aurea: il vostro migliore biglietto da visita?
È il progetto che ha fatto conoscere Katatexilux a un pubblico più vasto. Per quanto ci riguarda è l’esempio concreto di come la progettualità sia la chiave per creare un’istallazione multimediale efficace. A seguito del successo del nostro lavoro per Santa Maria Antiqua. Tra Roma e Bisanzio, c’era stato proposto di realizzare una serie di video-mapping anche in Domus Aurea. L’idea non era convincente: la caratteristica che contraddistingue la Domus Aurea è l’uso che gli architetti Severo e Celere fecero della luce, come la guidarono nell’interazione con lo spazio architettonico e con le superfici decorate. Gli ambienti affacciavano su ricchi giardini esposti a sud i quali scendevano con terrazzamenti verso la valle che ospitava lo Stagnum Neronis. Oggi tutto questo è incomprensibile poiché gli ambienti neroniani sono sottoterra per la damnatio memoriae imposta dagli imperatori Flavi. Utilizzando il video-mapping avremmo potuto lavorare sulle decorazioni parietali e magari sul tema della grottesca ma con la realtà virtuale, invece, abbiamo potuto raccontare tutta la storia.
Nella vostra esperienza quanto può l’applicazione informatica venire incontro al mondo della cultura, della ricerca e dell’apprendimento? Come è cambiato questo contributo nel tempo, soprattutto con le nuove generazioni?
Pensare alla divulgazione culturale e alla didattica senza l’informatica è come immaginare la musica contemporanea senza sintetizzatori e campionatori. Si può fare, ma con limiti che non ha senso porre. Quando abbiamo iniziato 20 anni fa, era difficilissimo far accettare dei contenuti creati digitalmente all’interno “dell’aulico” mondo della cultura, perché gli accademici e gli intellettuali vedevano lo strumento informatico come qualcosa di estraneo e volgare. Oggi, invece, è difficile che si organizzi una mostra o una musealizzazione senza prevedere una qualsiasi forma di multimedialità digitale. Devo dire che a volte ci si ritrova con un’offerta ipertrofica che ai miei occhi causa un vero e proprio “inquinamento digitale” dei luoghi della cultura. Esistono due elementi essenziali nella progettazione di istallazioni multimediali: il silenzio e l’assenza. È fondamentale lasciare spazio al monumento senza eccessive sovrastrutture, lasciando alle persone il tempo di riflettere e di interiorizzare quello che stanno vivendo. Non credo che le nuove generazioni abbiamo cambiato sensibilmente il mondo della valorizzazione dei beni culturali. Ciò che ha radicalmente cambiato le carte in tavola è stata l’enorme diffusione delle tecnologie di massa. Ormai tutti, e in tutte le fasce generazionali, possiedono uno smartphone. Questo ha portato a un’alfabetizzazione digitale generalizzata che ha letteralmente abbattuto il muro di soggezione che esisteva fino a 15 anni fa.
Con la crescita dell’interesse nei confronti della realtà aumentata, si avvicinano a voi diverse realtà?
Ad oggi la realtà aumentata su dispositivi indossabili è paragonabile alla realtà virtuale all’inizio degli anni ‘90. Esiste ma è ancora poco matura e quindi non utilizzabile in contesti difficili come quelli museali. La realtà aumentata sui dispositivi portatili invece è ormai comunemente utilizzata ed è qualcosa di cui ci serviamo soprattutto per le nostre app. Se invece si parla più in generale di computer vision, ovvero delle tecnologie che utilizzano camere e sensori per leggere e campionare la realtà, allora posso dirti che ne facciamo largo uso principalmente all’interno di istallazioni che prevedono l’interattività.
Quali sono i progetti in cantiere?
Siamo impegnati su diversi fronti e come al solito su progetti molto diversi tra loro. Per citarti i principali: stiamo sviluppando la nostra piattaforma Grand Tour per le visite guidate su app, per 11 comuni dell’Umbria. È dalla metà dello scorso anno che stiamo lavorando a un grande progetto di Ales per la valorizzazione di una serie di siti archeologici distribuiti su tutto il territorio italiano. A breve inizieremo un progetto per la valorizzazione di alcuni siti del Parco dell’Appia Antica e collaboriamo con varie università italiane, tra cui l’Università Sapienza di Roma, in progetti sperimentali riguardo a siti archeologici in Italia e all’estero.
– Giulia Giaume
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