Intervista allo scultore Aron Demetz, in mostra al MARCA di Catanzaro
Fino al 31 marzo 2022 il museo della Fondazione Rocco Guglielmo ospita il progetto dell’artista altoatesino Aron Demetz, tra i maggiori interpreti internazionali contemporanei dell’arte scultorea. Qui a confronto con una profonda riflessione sulla materia
Viaggiano dalla Val Gardena alla Calabria le sculture di Aron Demetz (Vipiteno, 1972), in mostra al MARCA di Catanzaro con il progetto Autarkeia II (Il richiamo della natura), a cura di Alessandro Romanini. L’opera dell’artista altoatesino si concentra da sempre sulla trasformazione della materia in un confronto meditato con l’arte classica per definire nuove espressioni di plasticità. L’esposizione voluta dalla Fondazione Rocco Guglielmo celebra dunque l’autonomia della materia attraverso la rappresentazione della figura umana – uomini e donne di tutti i giorni, solitari anche quando compresi nell’equilibrio di grandi gruppi scultorei o articolate installazioni ambientali che dialogano con intere sale del museo –, attestando la straordinaria capacità artigiana di uno dei maggiori scultori internazionali contemporanei (anche docente di materie plastiche presso le Accademie di Belle Arti di Carrara e Venezia), qui a confronto con legno, bronzo, gesso, vetro.
Autarkeia è un percorso indirizzato a esplorare il concetto di autosufficienza, iniziato nel 2018, fatto di opere recenti e alcune inedite che testimoniano la fragilità della figura (la prima edizione andò in scena al MANN di Napoli nel 2019). Abbiamo intervistato l’artista per approfondire origini e obiettivi del suo lavoro.
INTERVISTA AD ARON DEMETZ
Il tuo lavoro è figlio della storia, della cultura e dell’identità territoriale del luogo in cui sei nato, cresciuto e lavori, la Val Gardena. Ma è anche frutto di un confronto costante con l’iconografia e la cultura classica. Cosa significa esporre le proprie sculture a Catanzaro?
Non si può scappare dalla propria storia, né rinnegare la provenienza. Mi ha sempre interessato la figura umana, cercando però di trovare piccole soluzioni personali aggiuntive, per entrare da altre porte. Esporre a Catanzaro significa confrontarsi con il tempo, una lama sottile tra la sfida e il fallimento.
Il progetto Autarkeia recupera stilemi classici per impostare un personale lavoro sulla materia e sulla plasticità dei corpi, evidenziando un “approccio archeologico al presente”. In che direzione ti ha portato questa riflessione?
Non saprei rispondere, credo che i miei lavori parlino per me. Come già detto, non si sfugge alla propria storia personale, tanto meno a quella artistica: la scultura della Magna Grecia fa sentire ovunque i suoi echi a Catanzaro. La materia è il punto di svolta, sempre più essenziale per me, negli ultimi tempi. È un mezzo che suggerisce soluzioni, un elemento che diventa centrale nella mia ricerca dell’essenza.
Qual è la tua idea di “classico” in rapporto all’esistenza umana?
Domanda difficile: forse il classico è ciò che tutti conoscono senza che sia stato spiegato. Sicuramente è un canone di equilibrio e armonia che ogni epoca riscrive.
Cos’è l’Autarkeia?
Uno squilibrio accettabile… E un’autonomia faticosamente conquistabile.
TECNICHE E STILI DI ARON DEMETZ
Lavori con materiali diversi. Sono tutti ugualmente funzionali all’espressione della tua idea di plasticità? Ce n’è uno che preferisci?
Ogni materiale ha le sue qualità, particolarità e memorie, vanno esaminati volta per volta e accostati al pensiero e all’idea. Non ce n’è uno che preferisco, ma forse, al momento, il legno è quello che ancora mi dà molte difficoltà, e dunque soddisfazioni.
Il tuo interesse per i processi di trasformazione della materia indirizza la tua creatività? La materia diventa essa stessa protagonista?
La materia comanda, l’unica possibilità sta nel favorire un ballo tra lei e la forma, e il giusto bilanciamento tra le due. Ogni materiale suggerisce soluzioni diverse all’autore, con le sue caratteristiche e le sue resistenze.
Quanto conta il disegno nell’elaborazione del processo creativo?
Per me il disegno è molto importante, ma prima c’è la parola, che rimane più astratta e mi conduce lentamente al segno, e poi alla forma.
IL TEMPO E LA SCULTURA SECONDO DEMETZ
Le opere in mostra sono frutto di un lungo lavoro di elaborazione e trasformazione. Come ti rapporti con il fattore tempo?
Rubandolo, dove posso, alle cose meno importanti. Sta diventando però veramente problematico, tra organizzazione e costrizioni inutili. Il lavoro stesso poi, giustamente, lo pretende e se lo prende.
Perché hai scelto la scultura come mezzo espressivo?
La risposta rimane tra la casualità e l’errore, l’inconscio ha fatto il resto.
Quali sono gli artisti (antichi, moderni, contemporanei) a cui ti ispiri?
A quelli perennemente curiosi, ossessionati, sorridenti.
A cosa stai lavorando ora?
Ancora a inseguire anima e spiriti.
‒ Livia Montagnoli
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