Jon Rafman
Mostra personale.
Comunicato stampa
La parola egregore, o eggregora, deriva dal greco e significa “guardiano”. Il termine fa riferimento allo sviluppo di un’identità culturale astratta condivisa (o entità psichica autonoma) che influenza il gruppo che l’ha originata. La relazione simbiotica tra l’egregore e la collettività che l’ha emanata è ora associata al concetto di meme. Questa idea occulta è anche un efficace sistema di riferimento per accostarsi alla mostra di Jon Rafman da Ordet.
Egregore è il titolo del trittico video del 2021, composto da immagini animate trovate in rete, rivitalizzate e alterate per svelare i significati nascosti dei detriti che affollano Internet. L’accurata e sapiente selezione di immagini inquietanti definisce una linea passante, o una traiettoria spirituale coerente, nell’altrimenti caos imperante dei media online. All’opposto di una formulazione, Egregore dà vita a un immaginario che rivela l’inconscio collettivo del web.
Uno dei dispositivi centrali nel lavoro di Rafman è l’appropriazione degli strumenti che ci alienano da noi stessi e dal nostro ambiente e il loro impiego al servizio dell’arte e dell’esperienza eminentemente umana della bellezza. L’artista è interessato a catturare la tensione tra l’“occhio” disinteressato della macchina e l’impulso umano alla creazione di significato.
In una nuova serie di dipinti, un algoritmo CLIP di generazione di immagini, ultimo sviluppo nel campo del machine learning, è rivolto all’esperienza estetica. Rafman estrae immagini dalla rete, salvandole dall’oscurità digitale, mentre la macchina, strumento rivitalizzante, le ingerisce con fredda neutralità e le ricrea e remixa con anaffettiva sterilità. L’inquietudine della riproduzione e la differenza tra immagini generate rispetto a quelle ingerite suscitano nuove possibilità di godimento estetico. Questa estetizzazione dell’immagine viene ulteriormente estremizzata una volta che le immagini generate dall’IA si materializzano su tela. Il processo è intenzionalmente imperfetto e dipende da un certo grado di casualità. Rafman tenta in questa maniera di forzare le immagini il più lontano possibile dal comfort della loro perfetta origine digitale, nel mondo materiale, grezzo e tattile.
Nel caso di ᖴᗩᑕIᗩᒪᔕ I, scansioni 3D “appiattite” di volti umani – destinate ad essere utilizzate nella progettazione di videogiochi e in altre industrie di rendering 3D – sono giustapposte a vari oggetti, spersonalizzate e modificate con esiti deformanti, dando una forma estetica esplicita al dilemma essenzialmente moderno del sé come oggetto.
Minor Daemon (2021) continua dove si era interrotto Dream Journal 2016-2019, approfondendo l’universo onirico generato dal computer di quest’ultimo, inserendovi la storia di due giovani uomini che condividono uno straordinario talento per i giochi in realtà virtuale. Il film è ambientato in una distopia surreale che sembra lo squilibrato sogno febbrile di Hieronymus Bosch se fosse cresciuto su 4chan. Minor Daemon mobilita la tecnologia più redditizia dell’industria culturale del ventunesimo secolo per sollevare questioni estetiche sulle immagini in movimento generate al computer, rafforzandole attraverso le tecniche associative prese in prestito dell’avanguardia storica. Sedute scultoree biomorfe estendono nello spazio reale il mondo ritratto nel film.
Punctured Sky (2021) è l’ultimo film narrativo in voice-over di Rafman. App per il riconoscimento facciale, voci generate da IA e un’enorme raccolta di collage d’immagini sono utilizzate per indagare la natura della memoria e dell’identità nell’era contemporanea. La narrativa di Punctured Sky è ispirata a un particolare folklore web noto come creepypastas, storie bizzarre e racconti dell’orrore copiati, modificati e incollati su bacheche e forum online. Una forma di narrazione comunitaria che è in parti uguali cadavre exquis e leggenda metropolitana e che, esprimendo spontaneamente l’egregore, può essere un sintomo indicativo del nostro presente culturale.
In Punctured Sky, seguiamo il narratore, eponimo di Rafman, mentre attraversa una crisi esistenziale causata dall’interruzione, dalla distorsione o totale cancellazione dei ricordi che costituiscono la sua identità. Il narratore deve confrontarsi con la liquefazione della verità oggettiva e raddoppiare la fiducia nelle proprie esperienze, oppure imparare a navigare in un mondo di illusioni di massa.
L’identità culturale condivisa di oggi, l’egregore du jour, è evasiva e contraddittoria. È tanto omogenea quanto fratturata e atomizzata. I suoi arbitri sono senza nome. Sono i moderatori impiegati dalle big tech. Potrebbero essere tutti o nessuno. Le opere di Rafman derivano da questa condizione. I suoi personaggi e le sue storie, come le sue fonti, sono anonimi, dimenticati o illusori. Essi pongono la questione artistica primaria: cosa significa per qualcosa essere Reale?