John Stezaker e l’arte dell’interruzione in mostra a Napoli
La Fondazione Morra Greco di Napoli ospita la mostra dedicata alla carriera dell’artista britannico John Stezaker, attraverso una serie di opere che spaziano dalla serigrafia al collage
Un’analisi sulla complessità e profondità del reale, messe in luce dalla giustapposizione di frammenti che creano un cortocircuito di nuovi significati: quella di John Stezaker, artista concettuale britannico classe 1949, è una pratica che contempla interruzione, sospensione e accostamento/completamento/stratificazione.
Il silenzio è elemento fondamentale di questa scoperta e lo si nota fin da subito in questa grande mostra monografica (circa ottanta opere realizzate dagli Anni Settanta a oggi) alla Fondazione Morra Greco di Napoli. Il silenzio che avvolge questi lavori ci accompagna fin dall’inizio del percorso nel basement, dove, sullo sfondo delle mura di epoca greco romana, scorre il film-loop Train, composto da immagini di treni in bianco e nero e a colori montate con sequenze ritmiche diverse. Un riferimento alle origini del cinema e al sentimento di un’epoca e al tempo stesso una sorta di paradigma operativo, di infinito ripercorrere.
LE OPERE DI JOHN STEZAKER A NAPOLI
Proseguendo ai piani superiori, se dichiaratamente i riferimenti dell’artista sono Franz Kafka e Italo Calvino, a cui si intersecano le avanguardie del primo Novecento, quello che emerge è soprattutto un’indagine sull’uomo e sul suo bisogno di conoscenza. Un’indagine speculativa in cui più ci si concentra sui dettagli, più ci si accorge della complessità e profondità del reale. Così, nelle opere librarie esposte al primo piano (serie Observatory e Metamorphosis), il collage fonde immagini di architetture vuote e spoglie con città e le ricompone con immagini di natura, boschi o insetti, in cui non solo spicca il dichiarato richiamo a Gregor Samsa della Metamorfosi kafkiana, ma si scorge una ricerca spirituale tesa a individuare il nesso che lega tempo e spazio. La geometrizzazione ricercata e composta, accostata alla natura, apre alla narrazione e, come in Palomar di Calvino, struttura un percorso che dalla descrizione porta alla meditazione.
Le immagini diventano variazioni su ripetizione, raddoppiamenti e di nuovo emergono per sottrazione e opposizione: giocano attraverso l’assenza/presenza le silhouette delle serigrafie su tela delle serie Shadow, in cui le figure delle star della vecchia Hollywood, tratte da fotogrammi di vecchi film, appaiono come allontanate in una sospensione immaginativa.
LA MOSTRA DI STEZAKER ALLA FONDAZIONE MORRA GRECO
All’ultimo piano si trovano le opere più conosciute di Stezaker, i collage che utilizzano ritagli di riviste, manifesti e fotografie d’epoca per lo più riferibili a star del cinema Anni Quaranta e Cinquanta, per costruire accostamenti a tratti ironici, intensi o destabilizzanti. Se nelle serie Shadows la sottrazione era predominante, nei collage le immagini si moltiplicano, si sommano e quello che colpisce e coinvolge è il forte senso di fascinazione per l’immagine stessa. Tutto nasce da una distruzione, un’iconoclastia che prelude a una successiva ricostruzione, quasi sempre composta dall’incontro di una coppia di fotografie. Questo tipo di processo porta l’attenzione anche sul ruolo che la fotografia ha come costruzione della nostra memoria e delle nostre abitudini visive.
Le opere esposte vanno dagli Anni Settanta a oggi, ma con ragione non si è voluto strutturare la mostra come una retrospettiva, con un percorso che presupponga un’evoluzione della ricerca artistica, ma più come una narrazione che possa evidenziare le riflessioni che si susseguono nel tempo e vengono costantemente nutrite dall’indagine artistica. Le molte vite e stratificazioni di Palazzo Caracciolo di Avellino trovano così eco nel lavoro di John Stezaker.
‒ Alessandra Frosini
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