Małgorzata Mirga-Tas, le origini rom al servizio dell’arte. L’intervista
L’artista rappresenterà la Polonia alla Biennale di Venezia 2022, e sarà la prima di origini rom a farlo. Il suo progetto Re-enchanting the World nasce in collaborazione con i curatori Joanna Warsza, e Wojtek Szymanski
È la prima artista di origini rom a rappresentare un Paese alla Biennale di Venezia: Małgorzata Mirga-Tas sarà la protagonista del Padiglione Polonia 2022, curato da Joanna Warsza, e Wojtek Szymanski, ai Giardini dal 23 aprile al 27 novembre 2022. In questa intervista ci racconta il progetto veneziano, ma anche cosa significa essere un’artista Rom, e dei suoi progetti futuri.
Cosa significa per te rappresentare la Polonia alla Biennale di Venezia 2022?
È una situazione senza precedenti a livello mondiale, perché è la prima volta che un Padiglione nazionale viene rappresentato da un artista rom. Sono contenta che la Polonia sia il Paese che ha scelto questa opportunità. Spero davvero che il futuro porti molte altre occasioni del genere, non solo in Polonia. Per me personalmente, è due volte più bello, poiché rappresento sia la Polonia che la comunità Rom allo stesso tempo. La Biennale di Venezia è il più grande riconoscimento che io abbia mai avuto in tutta la mia carriera artistica. Un anno fa c’è stata la Biennale di Berlino, e poco dopo Polityka’s Passport 2020. Ora Venezia. È un’esperienza incredibile, intensa, fantastica.
Cosa puoi dirci del tuo progetto per il Padiglione Polonia?
Re-enchanting the World è un progetto che è nato come risultato del lavoro dei curatori Joanna Warsza e Wojciech Szymański e mio. È ispirato agli affreschi rinascimentali di Palazzo Schifanoia a Ferrara. Si tratterà di una serie di quadri patchwork di grande formato che rivestiranno le pareti del padiglione e saranno divisi – similmente a Ferrara – in tre parti (superiore, centrale e inferiore). Ogni parte sarà suddivisa in 12 mesi, secondo il calendario/ordine astrologico. La fascia superiore è costituita dalla serie Out of Egypt, ispirata alle incisioni seicentesche di Jacques Callot, intitolate Les bohémiens en marche. Queste immagini presentavano atmosfere e descrizioni ostili ai rom, che nascevano dalla paura che questi vagabondi sconosciuti suscitavano nella gente. Con i miei patchwork cerco di invertire simbolicamente questa narrazione, e di darle un mio punto di vista, libero da pregiudizi e stereotipi. La striscia centrale si concentra sull’astrologia e sui simboli delle carte dei Tarocchi. Comprende ritratti di donne rom legati a simboli e arcani di Palazzo Schifanoia. La maggior parte delle donne ritratte mi sono vicine, tra queste: mia madre Grażyna Mirga, mia nonna Józefa, l’artista e amica Delaine Le Bas, la curatrice Timea Junghaus, l’attivista Nicoletta Bitu. Questa seconda parte è composta dalle opere della serie Herstories. La fascia inferiore, invece, è una rappresentazione della vita quotidiana. Dodici patchwork che ritraggono la vita dei rom, principalmente la mia famiglia e i miei amici a Czarna Góra e nei luoghi vicini, in modo colorato e vivace. Il nome della mostra è stato ispirato dal libro di Silvia Federici Re-incantare il mondo. Femminismo e politica dei “commons” (2019) e dalla sua idea di ricostruire la comunità tra persone, fauna, flora, natura riportando il mondo sotto un nuovo incantesimo. Il ruolo principale in questo processo spetta alle donne, le meravigliose maghe delle leggende.
Cosa fa il governo polacco per sostenere la cultura, non solo nelle grandi città, ma anche nei centri minori?
Lo sviluppo della cultura nei luoghi più piccoli è per lo più responsabilità delle amministrazioni locali, così come degli stessi abitanti. Esistono fondi di finanziamento a livello nazionale ed europeo che in molti casi sono piuttosto complicati da ottenere, perché è necessario sapere come organizzare e scrivere correttamente un progetto. Per molti anni mi sono occupata di progetti educativo-culturali nel mio villaggio e in quelli vicini, così come in alcune cittadine. Spesso ho collaborato con le scuole con progetti di breve respiro, redigevo un progetto e cercavo di ottenere i finanziamenti per la sua realizzazione presso l’Ufficio Provinciale o altra istituzione o fondazione. A volte ricevo ancora inviti per realizzare laboratori nell’ambito di progetti ideati da docenti, dipendenti di musei o gallerie, ecc. Quindi il governo fornisce alcuni finanziamenti per la cultura, ma è molto importante che i funzionari locali o le ONG mostrino iniziativa e credano nell’importanza delle attività culturali. È più difficile vivere la cultura nelle città e nei villaggi più piccoli. Durante la pandemia un gran numero di attività culturali di ogni genere è andato online, avendo accesso a Internet era possibile assistere a uno spettacolo teatrale o “visitare” un museo, sebbene questa forma di contatto sia molto diversa dall’esperienza reale. Pagando una piccola somma si può accedere a sterminate banche dati di musica, film, riviste, giornali e libri. L’aspetto chiave è l’educazione dei giovani; far loro capire la necessità di avvicinarsi alla cultura.
Quanto conta la tua origine rom? Ritieni che le tue radici contribuiscano alla tua creatività?
La mia origine è la principale fonte di ispirazione per la mia arte. Penso che l’identità e la provenienza siano aspetti molto importanti della vita di chiunque. Sono cresciuta a Czarna Góra, un villaggio dove vivono tre gruppi culturalmente diversi: i montanari di Podhale, i montanari di Spisz e appunto i Rom, che si trovano in una zona residenziale separata all’inizio del villaggio. Vivere tra i Rom, sapere di essere un membro di una minoranza, di parlare una lingua diversa da quella di tutti gli altri, tutto questo forma una persona per tutta la vita. La lingua ti dà forza, e influenza il modo in cui vedi il mondo. Anche se all’inizio non ne ero del tutto consapevole, ho sempre cercato con inconscia naturalezza temi, soggetti, combinazioni di colori che associo alla mia cultura, all’energia che sgorga dalle mie radici. Tutta la mia esperienza artistica è il risultato del lavoro attraverso la mia identità, ma anche della mia esperienza di vita, come l’essere una donna e una madre che vive a Czarna Góra, al limite fra cultura rom e cultura polacca.
Come descriveresti le condizioni di vita dei Rom nella Polonia di oggi?
È facile notare un netto contrasto: le famiglie possono essere molto ricche o molto povere. Nella provincia di Małopolska ci sono insediamenti rom sostenuti dagli aiuti del governo, che hanno visibilmente migliorato le condizioni di vita. Anche l’accesso all’istruzione è migliorato, ma c’è ancora un problema nel trovare o mantenere un lavoro. Penso che la mia famiglia possa servire da esempio che educazione, lavoro e indipendenza si sarebbero potute ottenere anche 40 anni fa, prima di tutti i progetti e centri di sostegno. Il fatto edificante al giorno d’oggi è che sempre più persone rom ricevono un’istruzione, un lavoro redditizio e una posizione sociale. Anche se molti rom scelgono ancora di emigrare all’estero in cerca di una vita migliore.
Quanto rimane oggi, della cultura rom tradizionale?
È difficile rispondere a questa domanda, data la diversità dei diversi gruppi rom. Un dato abbastanza comune è che i rom viaggiavano sui carrozzoni, ma questo non vale per il gruppo Bergitka, quello da cui provengo io. Abbiamo condotto una vita stabile per generazioni. Penso che lo stato della cultura rom non sia in una brutta situazione, molti elementi sono ancora vivi, comprese le parti più essenziali: l’uso della lingua, alcune norme e costumi sociali, le relazioni familiari, la musica, il senso estetico, eccetera. È sbagliato pensare che i rom che stanno al passo con i tempi, si laureano e usano le ultime tecnologie, perdano la loro identità. È comunque importante educare i giovani rom, affinché conoscano la loro storia e siano consapevoli della loro identità, per poterla arricchire e tramandare alle generazioni future. Questa responsabilità ricade principalmente sui genitori, sui nonni, ma anche sugli attivisti rom, gli educatori, le associazioni come ERIAC – European Rom Institute for Arts and Culture, con sede a Berlino. Guardando agli ultimi 20 anni, è possibile osservare un aumento delle attività nell’area della cultura rom.
Cos’altro oltre alla cultura rom, ispira la tua arte?
La vita a Czarna Góra è stimolante. Ho una famiglia numerosa che sembra essere dominata dalle donne. Le donne rom e le loro storie sono diventate una sorta di “leit motiv femminista” nella mia arte. Penso anche che la tecnica stessa possa essere un’ispirazione per la ricerca della giusta forma plastica per un determinato soggetto. La fusione a cera è stata una tecnica perfetta per una serie di opere incluse nell’ambito della mostra 29 – Ceroplastic exercise presso il Centre of Polish Sculpture di Orońsko, in Polonia, a cura di Wojciech Szymański. Si trattava di una serie di calchi in cera di una statua di legno distrutta nel 2016, molto probabilmente come atto vandalico anti-rom. La statua stessa era un’altra mia opera che avevo creato nel 2011 per commemorare un gruppo di rom uccisi a colpi di arma da fuoco dai soldati nazisti nella foresta di Borzęcin nel 1943.
Qual è il ruolo delle donne nell’arte polacca? Trovano buone condizioni per lavorare ed esprimere le proprie idee?
Ultimamente, le donne sono diventate molto attive nel campo dell’arte, così come in altri settori. Probabilmente dipende dal fatto che la situazione delle donne in Polonia è un argomento molto attuale, che anima il dibattito quotidiano della strada, e le discussioni politiche. Le donne hanno la sensibilità e la determinazione per affrontare temi importanti in modo significativo. Sono più radicali e sistematiche, e solitamente lavorano all’interno di spazi pubblici. È difficile dire se hanno buone condizioni di lavoro. Le condizioni di lavoro confortevoli sono costituite da molti elementi, come le finanze a disposizione, l’avere figli, il sostegno del partner, il sostegno della famiglia. Personalmente, ho due figli e so quanto sia difficile essere un’artista e allo stesso tempo essere una madre.
Dopo Venezia, cos’hai in programma?
Ho programmato tutto il mio prossimo anno subito dopo Venezia. Ad agosto inizio la residenza artistica DAAD a Berlino. Sarà un trampolino di lancio per me, un cambiamento non solo per me ma anche per la mia famiglia. Insieme a Joanna Warsza sto pensando a un progetto da sviluppare a Berlino, quindi l’intero anno sarà piuttosto intenso. A novembre aprirò una mostra curata da Wojciech Szymański nel Centro Culturale Internazionale di Cracovia. Per la prima volta lavorerò a un film che ho intenzione di presentare alla mostra, proprio accanto a tessuti e dipinti multiformato. Il prossimo anno sarà davvero impegnativo.
– Niccolò Lucarelli
https://www.facebook.com/polishpavilion/
https://culture.pl/en/artist/malgorzata-mirga-tas
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati