La via crucis dei vincitori delle cattedre accademiche

Nonostante lo snellimento della burocrazia per stabilire chi è idoneo a ricevere una cattedra nel mondo accademico, resta il problema della mancanza di fondi nei dipartimenti per chi non vi è già incluso

Questa volta intervengo su una questione non certo limitata al solo settore dell’arte ma di portata generale, relativa a tutto il mondo universitario, e dunque anche alle discipline artistiche.
Pare che il nostro Paese abbia trovato finalmente la quadra nel modo di selezionare i vincitori di concorsi a cattedre. Si procede formando delle commissioni di professori di prima fascia, una per ognuna delle materie previste dall’albo disciplinare, per esempio nel nostro settore ce ne sono quattro, relative alle discipline medievali, moderne, contemporanee e metodologiche. I concorrenti all’idoneazione per il primo gradino di associato, e per quello più alto, di titolare di prima fascia, non mandano più grevi pacchi delle loro pubblicazioni ma ricorrono all’onnipotente sistema informatico, inviando i loro titoli solo per email, e anche i commissari non si incontrano più, determinando un risparmio di spese per viaggi e soggiorni (ma era così simpatico, nei vecchi tempi, che i commissari si incontrassero in presenza, così conoscendosi, e andando ad allegre riunioni di ristorante o di albergo!). Ci sono anche drastiche limitazioni nell’invio delle pubblicazioni ammesse al giudizio. E finalmente escono da tutto ciò gli idoneati.

“Basterebbe fare una leggina per cui, tanti sono gli idoneati, e tanti i soldi che lo Stato mette a disposizione per la loro chiamata”.

Fin qui tutto bene. Si aggiunga che queste idoneazioni si tengono a distanze abbastanza ravvicinate, e non hanno il capestro del numero chiuso, ovvero ogni commissione può promuovere il numero di candidati che ritiene meritevoli senza un limite prefissato. Ma poi, per i poveri idoneati, ha inizio una via crucis perché devono trovare gli Atenei, e per essi i dipartimenti, che siano disposti a chiamarli, avendo i relativi fondi a disposizione. È facile chiamare un vincitore se appartenente già a un certo dipartimento, e dunque provvisto di una propria dote, basta incrementarla anche di poco e la persona può venire chiamata. Ma se si tratta di uno studioso fuori giro, non già provvisto di un qualche ruolo, per lui o lei sono guai, perché i dipartimenti imbucano i fondi, anche nel caso che ce li abbiano, per riservarli a propri elementi quando questi verranno idoneati. Tanto è vero che questi poveri vincitori si vedono costretti a prendere una via di ripiegamento, aspettare che i dipartimenti bandiscano dei posti di ricercatore, che dopo un certo numero di anni danno un accesso automatico al posto di ruolo. Ma è una via traversa, lastricata anch’essa di ostacoli.

POSSIBILI SOLUZIONI PER GLI IDONEATI

Come rimediare? Combattendo l’ipocrisia del nostro Stato, che a ogni pie’ sospinto lamenta la crisi dei giovani che non trovano posto, o sono costretti a emigrare all’estero in cerca di un lavoro. Basterebbe fare una leggina per cui, tanti sono di volta in volta gli idoneati, e tanti i soldi che lo Stato, il governo mette a disposizione per la loro chiamata, liberando i dipartimenti dal compito di provvedere in proprio. Ma come in tanti altri casi, si predica al vento, si dichiarano buoni propositi e non si fa alcun passo per la loro realizzazione. Basterebbero pochi milioni per sanare questa piaga.

Renato Barilli

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #64
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Renato Barilli

Renato Barilli

Renato Barilli, nato nel 1935, professore emerito presso l’Università di Bologna, ha svolto una lunga carriera insegnando Fenomenologia degli stili al corso DAMS. I suoi interessi, muovendo dall’estetica, sono andati sia alla critica letteraria che alla critica d’arte. È autore…

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