Lo spettacolo LGBT+ che mette in discussione i canoni della letteratura
Lo spettacolo femminista all’Elfo Puccini di Milano, scritto da Magdalena Barile e diretto da Elena Russo Arman, co-protagonista insieme a Maria Caggianelli Villani, è un omaggio alla figura di Anne Lister, alla sua eredità e alla rilettura della storia grazie agli studi di genere e LGBT+
Quante volte ci siamo chieste, e chiesti, quanto la storia abbia riscritto le vite delle grandi personalità del passato? Quanti anni ci sono voluti perché fosse specificato nero su bianco che Virginia Woolf e Vita Sackville-West non erano solo grandi amiche, proprio come Achille e Patroclo non condividevano unicamente la tenda nell’Iliade omerica? Il processo va ancora avanti, e da qui prende le mosse lo spettacolo Gentleman Anne, anticipato in prima nazionale all’edizione 2021 del festival Lecite/Visioni e poi prodotto dal Teatro Elfo Puccini di Milano. Tratto dall’omonima pièce femminista scritta da Magdalena Barile, lo spettacolo è diretto da Elena Russo Arman, che ne è co-protagonista insieme a Maria Caggianelli Villani. Con passaggi musicali affidati alle Suite per Violoncello solo di Bach, si alternano una scena contemporanea – dove una giovane laureanda Jo (un occhio strizzato alle amanti di Louisa May Alcott) contratta la stesura della tesi con la propria relatrice di Letteratura Inglese – e una ambientazione primo-ottocentesca, dove seguiamo il mito personale della giovane e ispiratrice del suo lavoro: Anne Lister.
LA RISCOPERTA DELLA GENTILDONNA ANNE LISTER
Soprannominata dispregiativamente Gentleman Jack per il suo amore per “il bel sesso”, la scrittrice, imprenditrice e avventuriera Anne Lister è stata al centro di una poderosa rivalutazione da parte degli studi di genere: anche grazie a iniziative come la serie BBC-HBO del 2019 e la nascita di circoli culturali (incluso il nostrano Anne Lister Italia), quella che era considerata come una “bifolca opportunista” è stata riabilitata al rango di geniale apripista e icona LGBT+. Gentildonna di origini nobiliari, compilò 27 volumi di diari personali in codice creando un proprio mito personale con digressioni dall’idraulica alla mineralogia (fu lei a far riaprire la locale miniera di carbone), concentrandosi soprattutto sulle sue conquiste amorose, con dettagliati resoconti dei rapporti sessuali con le sue partner: “Nessuna mi dice di no”, gongola lei stessa in scena. Il suo e quello dell’ereditiera Ann Walker, appeso metaforicamente il cappello al chiodo, sarà il primo matrimonio lesbico della storia occidentale, l’inizio di una vita insieme che le portò attraverso mezzo mondo – Lister sarà la prima donna a scalare il Monte Perdido e il Vignemale – annotando meticolosamente ogni pensiero e scoperta. La sua storia riemerse molti anni dopo la sua morte, quando John Lister trovò, nella dimora di Shibden Hall (oggi un museo), quei diari redatti in un misto di greco e simboli matematici, dal 2011 insigniti dall’UNESCO del titolo di Memoria del Mondo.
Se volete vedere l’opera senza spoiler, cosa che potrete fare fino al 20 febbraio 2022, è il caso che vi fermiate qui.
I RAPPORTI AFFETTIVI COME RAPPORTI DI POTERE
La poesia della brughiera, il sentimento struggente e bruciante caro ai romantici – curioso come Romantico sia un’accezione letteraria e Romantica sia usato come un velato insulto per la naïveté delle donne – trova nelle due coppie un fedele riscontro, in cui le stesse attrici interpretano l’una sempre la brillante carnefice e l’altra la giovane succube, il tutto sotto gli occhi delle divinità amorose di ispirazione greco-romana ricostruite nella scenografia. Non diversamente dalle relazioni eterosessuali, il corteggiamento tra le donne ottocentesche e quello, più contrastato e resistito, tra professoressa e studentessa, rispondono all’interno dei rapporti patriarcali a delle dinamiche di potere. Il rischio che queste dinamiche diventino abusive cresce nel momento in cui una delle due è in una posizione di dipendenza dall’altra (in entrambi i casi, dovuta qui a un mix di fragilità emotiva e minore esperienza). Così come Lister usa Ann per i suoi soldi, sfruttandone la debolezza e solitudine, anche la professoressa Anna usa l’adorante Jo, e dopo aver ridicolizzato le sue teorie su autrici romantiche come le sorelle Brontë e Jane Austen – tutte lesbiche le prime e un uomo la seconda, sostiene la giovane – finisce per appropriarsi della sua opera per nutrire la carriera di autrice già iniziata con un plagio. Chi abbia letto L’arte della gioia di Goliarda Sapienza potrebbe aver intuito un’ombra della relazione tra Modesta e Cavallina, a sua volta fragile e ridicolmente ricca, i cui rapporti fungono da rampa di lancio per un’ascesa sociale della protagonista, non certo senza un reale rapporto affettivo. Esattamente questo accade tra Anne e Ann, esattamente (ma più istericamente, e con un linguaggio contemporaneo che riecheggia quello da serie tv) come tra Anna e Jo, che alla fine rinuncia a sottoporre il suo libro alla professoressa e la considera “una vecchia cotta”. L’idealizzazione dei rapporti saffici, tentata nella riscrittura da parte degli storici di genere, viene qui poderosamente ridimensionata – anche grazie alla maestria delle due protagoniste –, non senza un afflato poetico e malinconico. Un margine di miglioramento? Seppure modulati con ritmo sincopato e incalzante, 75 minuti sono decisamente troppo pochi per una storia così ricca, che lascia i divertiti spettatori in cerca di risposte.
‒ Giulia Giaume
https://www.annelister.it/
https://www.elfo.org/
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