Dalí e Freud a Vienna: storia di un’ossessione
La mostra al Belvedere di Vienna, attraverso più di cento dipinti, oggetti surrealisti, fotografie, film, libri, diari e lettere, presenta la complessa personalità di Salvador Dalí e la sua ossessione per Sigmund Freud, che cercò di incontrare a più riprese
Sono cinque i capitoli della mostra al Belvedere di Vienna che schiudono gli spazi intimi dell’analisi psicologica di Salvador Dalí (Figueres, 1904-89).
Ad accogliere il pubblico sono i ritratti della famiglia, tra cui quello della sorella Anna Maria, Retrat de la meva germana, del 1925, prima musa dell’artista. Una sezione poi è dedicata ai fertili anni di Madrid, dove frequenta la Residencia de Estudiantes, fucina dell’avanguardia artistica madrilena. Qui conosce il poeta García Lorca, di cui sono esposti alcuni disegni, e collabora con Luis Buñuel nella realizzazione delle opere surrealiste Un chien andalou e L’âge d’or, entrambi proiettati in mostra.
L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI E L’INVENZIONE DEL METODO PARANOICO-CRITICO
In questo periodo Salvador Dalí scopre gli scritti di Freud, in particolare la lettura de L’interpretazione dei sogni è uno dei momenti determinanti della vita dell’artista.
Nei trattati freudiani Dalí trova la chiave di lettura delle sue paure e ossessioni più nascoste. Questo lo porta a esplorare la poetica del Surrealismo e a sviluppare un nuovo linguaggio visivo unico nel suo lavoro. Elabora il metodo paranoico-critico, che si basa sulla considerazione della paranoia come una sorta di “stato di grazia” in cui l’artista può associare forme e oggetti a significati che vanno al di là di ciò che superficialmente sembrano essere. Temi che ritroviamo in opere quali Homme poisson del 1930. Come sottolinea il curatore Jaime Brihuega: “L’ambiguità visiva sotto forma di immagini doppie è uno degli elementi essenziali del ‘metodo paranoico-critico’. In queste doppie immagini si riprendono ovviamente narrazioni che si ripetono in altri dipinti e disegni di questi anni. Esemplare è il monumentale busto di una figura maschile la cui testa, intorno a un orologio centrale (Time and Memory), si unisce con una collezione di pesci e la cui clavicola si fonde con una scarpa feticista dal tacco alto. Un cipresso dall’aspetto fallico, che ricorda i dipinti di Böcklin (a cui Dalí allude spesso), si erge in un paesaggio solitario in cui si può scorgere il motivo ricorrente di una scarpa con il tacco alto, così come una sfera che rimanda a opere di René Magritte e Max Ernst.”
DALÍ IN MOSTRA A VIENNA
L’ambizione di Dalí allora è di esporre il suo metodo a Freud, e si reca a Vienna con l’obiettivo di incontrarlo. Ma l’incontro non avviene, e l’artista ricorda nella sua autobiografia, pubblicata nel 1942 e intitolata La vie secrète de Salvador Dalí, una serie di immagini non realizzate e incontri immaginari con il padre della psicoanalisi: “I miei tre viaggi a Vienna furono esattamente come tre gocce d’acqua a cui mancavano i riflessi che le fanno brillare. In ognuno di questi viaggi ho fatto esattamente la stessa cosa: la mattina ho visitato il Vermeer nella collezione Czernin, e nel pomeriggio non ho visitato Freud, che era in campagna per motivi di salute. Con dolce malinconia ricordo come ho passato quei pomeriggi a vagare a caso per le strade della vecchia capitale dell’Austria”.
L’INCONTRO TRA FREUD E DALÍ
Finalmente avviene l’incontro grazie all’intercessione dello scrittore Stefan Zweig e del poeta e collezionista Edward James. Nell’estate del 1938 Dalí si presenta nella residenza di Freud a Londra ancora carico di aspettative, portando con sé l’opera simbolo del suo metodo paranoico-critico, La metamorfosi di Narciso. Durante l’incontro schizza anche un ritratto del suo idolo. Ma l’ormai anziano e malato Freud, che soffre di un tumore alla mandibola, disattende le aspettative dell’artista.
La descrizione che Dalí fa di questo incontro nella sua autobiografia ha sfumature paranoiche: “Alla fine ho incontrato Freud a Londra. Mi hanno accompagnato lo scrittore Stefan Zweig e il poeta Edward James. Attraversando il cortile della casa dove viveva l’anziano professore, ho notato una bicicletta appoggiata al muro, e sulla sella, attaccata a una corda, c’era una borsa dell’acqua calda di gomma rossa, apparentemente piena d’acqua, e sul retro della borsa dell’acqua calda camminava una lumaca! Questo insieme nel cortile della casa di Freud sembrava strano e inspiegabile. Contrariamente alle mie speranze, abbiamo parlato poco, ma ci siamo divorati con gli occhi”.
FREUD E IL SURREALISMO
È invece Freud a essere colpito positivamente dall’artista. Fino ad allora aveva considerato i surrealisti come “pazzi assoluti“, come scrisse a Zweig: “Il giovane spagnolo con i suoi occhi fedelmente fanatici e la sua innegabile padronanza tecnica mi ha suggerito una stima diversa“. E così commenta il quadro e la questione del suo manifesto contenuto psicoanalitico: “Sarebbe davvero molto interessante indagare analiticamente la genesi di un tale quadro. Criticamente, si potrebbe ancora dire che il concetto di arte si rifiuta di espandersi, se il rapporto quantitativo tra materiale inconscio ed elaborazione preconscia non aderisce a un certo limite. In ogni caso ci sono seri problemi psicologici”.
Dalí reinterpreta la riflessione di Narciso nel mito, che termina fatalmente a causa dell’annegamento, come un processo di trasformazione più fluido. Usa la teoria psicoanalitica per costruire un personaggio biografico elaborato e mitico. Stefan Zweig racconta l’incontro ne Il mondo di ieri, uno dei suoi più celebri romanzi: “… Mentre parlavo con Freud, lui fece uno schizzo. Non ho mai osato mostrarlo a Freud, perché Dalí aveva già rappresentato in modo chiaroveggente la morte in lui”.
L’incontro tanto atteso porta alla fine della mostra. La morte di Freud un anno dopo mise fine alla fase freudiana di Dalí.
‒ Giorgia Losio
Vienna // fino al 29 maggio 2022
Dalí-Freud. Eine Obsession
LOWER BELVEDERE
Rennweg 6
https://www.belvedere.at/en
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