Torino celebra Carlo Levi a 120 anni dalla nascita
Scrittore e artista visivo, Carlo Levi è al centro della rassegna torinese che coinvolge il Circolo dei Lettori, la GAM, CAMERA e il Museo Nazionale del Cinema
Intellettuale a tutto tondo, testimone d’eccellenza del Novecento italiano – non solo del Sud, se si pensa alla descrizione accurata ed evocativa della Torino di Piero Gobetti –, Carlo Levi (Torino, 1902 – Roma, 1975) viene celebrato in occasione dei 120 anni dalla sua nascita grazie a una serie di eventi che percorrono la penisola: in particolare, la poliedricità artistica e analitica di Carlo Levi riemerge attraverso pittura, letteratura, fotografia e cinema con la rassegna torinese Tutta la vita è lontano, a cura della Fondazione Circolo dei Lettori in collaborazione con GAM, CAMERA e con il Museo Nazionale del Cinema.
LA MOSTRA SU CARLO LEVI ALLA GAM DI TORINO
Riunendo trenta dipinti realizzati da Carlo Levi tra il 1923 e il 1973 (provenienti dalla Fondazione Carlo Levi di Roma, dal patrimonio della GAM, dalla Pinacoteca Carlo Levi di Aliano e da collezioni private), la mostra allestita negli spazi della Wunderkammer della GAM (a cura di Elena Lowenthal e Luca Beatrice) si focalizza sulla geografia complessiva dell’esistenza dell’artista, tra Nord e Sud dell’Italia. Un “nuovo vedere” in pittura, tra espressionismo e realismo, che si riversa in un “nuovo parlare” con i “ritratti a penna” nella scrittura – tale complementarietà ha ispirato la collaborazione con il Circolo dei Lettori – e che traspare nelle linee e nei colori simile a un’“aureola materiale”, ovvero a un’“incorruttibile sostanza” istantanea di un’epoca malinconica e superba.
Non si creda che la distanza d’origine sia un mancato coinvolgimento, né che si riverberi sulla precisione sentimentale: didascalici e al contempo “intimi” sono i ritratti in mostra, grazie al congenito prevalere degli aspetti umani universali sui ricordi privati, indecifrabili immagini di un mistero soggettivo. Scriveva Levi a proposito di Carlo Rosselli: “Ma come si sente l’insufficienza del ricordo, anche se appaia preciso e vivo! Si è delusi dalla memoria, quando essa si rivolge a chi ci fu caro, parte di noi. Quella che fu vera amicizia e vita, è rimasta intera nelle nostre persone, del tutto assimilata e non distinguibile: e il resto è vaga immagine, ombra senza corpo che si abbraccia con amarezza. È più nitida la figura delle cose indifferenti che il viso del padre o dell’amico, che è stato tolto e che (nero è il colore del lutto) un geloso dolore ha ricoperto”.
LEVI E LA VITA CONTADINA
Tra tutti i dipinti, un piccolo ricordo personale e collettivo. In occasione dei tour organizzati per ExhibiTO di settembre 2021, il gallerista Stefano Testa (Galleria del Ponte) presentò in anteprima ai visitatori una delle opere oggi in mostra presso la GAM – forse la più emblematica, manifesto dello stile di Levi: si tratta di Qui nascono (1954), ritratto di una numerosa famiglia delle campagne lucane. Il dipinto, esposto anche durante una Biennale di Venezia, simboleggia la condizione di vita tormentata dei contadini e insieme la loro primitiva austerità; la donna centrale e quasi tutti i personaggi accerchiano e fissano l’osservatore con fierezza, a emblema di una progressiva autoaffermazione, di una presa di coscienza e parola e quindi di un’apertura al mondo “altro da loro”. Si legge a tal proposito ne L’invenzione della verità: “La loro umanità non era ancora nata […] erano muti e ciechi come bambini infanti, e perciò una gran parte del mondo era invisibile e ineffabile e inesistente. Ora dappertutto […] vanno aprendo gli occhi sulle cose, e le loro lingue si sciolgono a nuovi e antichissimi linguaggi, e la realtà del mondo cresce con il loro nuovo vedere e il nuovo parlare”.
LEVI E LA RESISTENZA
La generosità del gesto di condividere in anteprima l’importante acquisizione della Galleria del Ponte è ricordata qui nel segno di quella stessa partecipazione di Levi, che, comprendendo i meccanismi che regolano la Storia, ha dato parola a un momento (la Resistenza) considerato dall’artista di profonda creatività e massima unione tra gli uomini. Ancora il quadro lascia aperta la riflessione; e quel bambino dai capelli rossi – come spiegato da Testa, l’autoritratto di Levi da bambino – continua a interrogarci con fervida curiosità.
– Federica Maria Giallombardo
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