Territori intermedi. La mostra di Gabriele Basilico a Catania
Tempo, spazio e il segno lasciato dall’uomo: sono i protagonisti degli scatti realizzati da Gabriele Basilico fra gli Anni Ottanta e i Duemila, in mostra al Castello Ursino di Catania
Le opere ‒ per lo più inedite ‒ che costituiscono la mostra di Catania, prodotta da Fondazione Oelle e Archivio Basilico, sono frutto di un’accurata riflessione sul lavoro del fotografo che ha dedicato la vita alla rappresentazione di tutti quei luoghi del mondo in cui il segno umano diventa chiave di lettura per la comprensione di se stesso e della sua storia. Frutto di ricerche personali e di commissioni lavorative, le fotografie in grande formato di Gabriele Basilico (Milano 1944-2013) diventano un’accurata mappa contemporanea che racconta il passaggio dell’uomo.
LA FOTOGRAFIA SECONDO GABRIELE BASILICO
Dopo la laurea in architettura, Basilico si dedica in maniera costante alla fotografia. Saranno proprio la passione e l’interesse per l’architettura a far nascere in lui quel raffinato sguardo che contraddistingue i suoi scatti, generando un accurato amalgama tra la pittura prospettica e la fotografia documentaria che ha caratterizzato gran parte del Novecento. L’occhio di Basilico non è quello del narratore di un istante irripetibile e che sfrutta il mezzo fotografico per renderlo permanente sulla linea del tempo, bensì quello analitico di uno studioso intellettuale dello spazio, il quale viene vissuto e mutato dall’uomo in adattamento alla sua vita. Il degrado, l’abbandono e l’assenza di vita raffigurata ci riportano nell’atmosfera intima che il fotografo ha vissuto con i luoghi fotografati, indice di una drammatica passione verso l’umanità che è assente e presente. La luce e la composizione di ogni singola fotografia sfuggono dal mero tecnicismo e si fanno dimostrazione materica dell’anima intellettuale e poetica del fotografo, capace di introdurre a quella “strana bellezza” anche i più estranei al genere.
LA MOSTRA SU GABRIELE BASILICO A CATANIA
Le immagini in mostra ‒ realizzate fra gli Anni Ottanta e il primo decennio degli Anni Duemila ‒ fungono da mezzo meditativo, proprio come Basilico alle spalle del suo banco ottico meditava in attesa della giusta luce e alla ricerca di una buona inquadratura che raccontasse quelle presenze invisibili solo all’occhio. Allo stesso modo il Castello Ursino di Catania, raccoglitore di storicità, pone le basi per intraprendere un percorso tra il tempo e lo spazio vissuto, unendosi in un legame covalente con i Territori intermedi di Gabriele Basilico, immergendo l’osservatore in un romantico viaggio per il mondo attraverso la fotografia. Il movimento diventa autonomo, è l’intimità che nasce fra lo sguardo e le grandi stampe a dirigere l’osservatore verso un nuovo luogo e un nuovo racconto, spesso ritornando a opere già viste ‒ merito di un allestimento che non genera stacchi dispersivi fra le opere ‒, ma concedendo sempre la possibilità di rivalutarne la storia e lo spazio. Tutto ciò in pieno stile Basilico, che, mosso dalla passione per i luoghi dell’uomo, tornava spesso in posti già frequentati per fotografarne l’evoluzione e i nuovi silenzi. Un viaggio continuo per il mondo e le sue dinamiche fra il tempo e lo spazio.
‒ Mario Bronzino
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