La Cattura di Cristo. C’è un capolavoro di Caravaggio in Ucraina
Il capolavoro caravaggesco, oggi conservato al museo di Odessa in Ucraina, porta con sé una storia di sopravvivenza minacciata da molteplici vicende di bombardamenti e conflitti mondiali. E oggi l’immenso tesoro è nuovamente sotto attacco
“Mentre gli ucraini fermano i carri armati russi a mani nude, aerei e missili russi continuano vilmente e disonestamente a bombardare le nostre bellissime città pacifiche. Il mondo deve fermare tutto questo”, ha dichiarato Oleksandr Tkachenko, ministro della Cultura ucraino, in un appello per chiudere i cieli sul paese attaccato. Per quali trame la storia dell’arte s’intreccia ai fatti di storia? Che fine fa la bellezza di fronte all’orrore azzerante della guerra? Nel Rosso e il nero Stendhal scriveva che la politica nella cultura è come “un colpo di pistola in un concerto”. Un corpo estraneo, in grado di distruggerne la funzione sublimante e consolatoria. Il ministro ucraino ha parlato di: “centinaia di vittime innocenti, la distruzione totale di chiese, cattedrali e musei”.
LA CATTURA DI CRISTO. CARAVAGGIO AL MUSEO DI ODESSA IN UCRAINA
Tra i molti capolavori in pericolo, ce n’è uno che può dirsi però testimone della straordinaria tenacia dell’arte, che, nei momenti di abisso, si avvale della propria aura sacrale per resistere, facendosi infine vessillo di pace. Si tratta della Cattura di Cristo (1602) di Caravaggio. Sopravvissuto a viaggi, rivoluzioni e guerre, abita il museo di Odessa, insieme alle opere di altri grandi maestri: Rubens, Gerard David, Guercino. Acquistato a Parigi nel 1870 dal collezionista Alexander Petrovich Basilewsky, fu donato al fratello dello zar, Vladimir Alexandrovich Romanov. In seguito a rivoluzioni, la tela fu soggetta a passaggi di mano, per approdare al museo ucraino. Quando Odessa, nel secondo conflitto mondiale, fu bombardata e occupata, La cattura di Cristo scomparve, senza lasciare traccia alcuna nei registri del museo. Riapparve miracolosamente solo nel giugno del 1945. Quando, a distanza di quattordici mesi dalla liberazione della città, la Chiesa Cattolica Romana lo consegnò alle autorità sovietiche. L’auspicio è che lo spirito sacrale di questo capolavoro pittorico, inafferrabile a dispetto del soggetto che ritrae, possa abbracciare l’Ucraina in un impeto salvifico.
– Francesca de Paolis
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