Ipse dixit #1 – Martina Rota
Per IPSE DIXIT #1, CONDOTTO48 ha scelto di dialogare con l’artista Martina Rota (1995, Bergamo), la cui ricerca è caratterizzata da una forte transdisciplinarietà e nasce sempre da delle domande, delle urgenze.
Comunicato stampa
IPSE DIXIT
La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna;
ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la verità.
Leonardo Sciascia
Nel tentativo di definire un concetto tanto abituale quanto complesso come la verità, sono stati scritti innumerevoli trattati, saggi e articoli. Ciò nonostante, nell’esperienza quotidiana ci appoggiamo spesso ad un concetto molto più concreto e utile di verità, radicato nelle esigenze di collocare una certa informazione nella categoria del vero o del falso, per poter decidere quali azioni compiere nella vita di tutti i giorni. Questo processo, tuttavia, presuppone una serie di elementi che si danno per scontanti ma che è sempre giusto tenere in considerazione:
• qualcuno parla di un certo argomento;
• questo argomento tocca chi ascolta in maniera più o meno diretta;
• chi ascolta può avere o non avere una serie di preconcetti su quell’argomento.
Quanto gli interessi di chi comunica possono farlo distaccare dalla verità “oggettiva”? Quanto è importante definire il vero e il falso su argomenti che non sentiamo strettamente legati alla nostra vita? In che misura un pregiudizio può influenzare la percezione della verità?
Il principio d’autorità, che ha caratterizzato per la stragrande maggioranza della storia umana l’insegnamento di cosa sia la realtà, poggia le sue basi su una fede accordata in maniera più o meno incondizionata ad una fonte di riferimento depositaria di una conoscenza ritenuta certa e quindi degna di fiducia. Eppure, è giusto tenere a mente che di fronte ad una scelta binaria (vero/falso) sia sempre legittimo sollevare delle domande che aiutino ad avere un quadro più preciso e che permettano di contestualizzare ciascuna scelta come scelta cosciente delle sue implicazioni. Perché se è vero che la definizione ontologica del concetto di verità può sembrare un mero esercizio accademico, è altrettanto vero che questo concetto pervade le nostre vite ed è importante approcciarvisi nella maniera più consapevole possibile.
IPSE DIXIT #1
Il primo livello attraverso il quale ci approcciamo al mondo è il nostro corpo, nel senso più carnale del termine. A partire dal giorno della nostra nascita iniziamo un percorso di comprensione di quelle che sono e saranno le nostre esigenze, in senso strettamente fisico e non solo. È un percorso lungo e complesso, ma al tempo stesso atavico, parte costituente di ciò che siamo.
Se non fossimo spinti da un’esigenza, non sapremmo mai che spostando un piede dopo l’altro siamo in grado di muoverci nello spazio.
Se non ci muovessimo, non sapremmo mai che è possibile mettere un piede in fallo e cadere.
Se non cadessimo, non sapremmo mai cosa significa il dolore.
Fino a che punto siamo consapevoli del ruolo che il nostro corpo può avere come strumento di indagine della realtà ed essere quindi artefice delle proprie verità? Ha senso inserire tutte le scottature e i piaceri percepiti dal corpo in un unico percorso di consapevolezza? In che misura queste verità acquisite rimangono vincolate alla sola dimensione carnale?
Per IPSE DIXIT #1, CONDOTTO48 ha scelto di dialogare con l’artista Martina Rota (1995, Bergamo), la cui ricerca è caratterizzata da una forte transdisciplinarietà e nasce sempre da delle domande, delle urgenze. Nel 2016 lavora con Boris Charmatz, che insieme a Daniele Ninarello influenzano il suo retro-mondo coreografico. Nel 2017 studia all’ SNDO ad Amsterdam. Dal 2019 fa parte del progetto di ricerca “Incubatore per futuri coreografi” c.i.m.d, diretto da Franca Ferrari, tutor Daniele Ninarello, Davide Valrosso e Marco D’Agostin. Attualmente continua la sua ricerca a Milano, dove gestisce MASSIMO, un project run space in via degli Scipioni 7