Ritrarre la superbia. La mostra di Agostino Arrivabene a Crema
30 opere fra studi, disegni e dipinti incentrati sul tema della superbia. Ecco la mostra di Agostino Arrivabene al Museo Civico di Crema
È un autoritratto in forma di Odisseo ad aprire la mostra di Agostino Arrivabene (Rivolta d’Adda, 1967) al Museo Civico di Crema e del Cremasco, ritratto nel momento dell’epica omerica in cui viene trasfigurato da Atena per far invaghire Nausicaa. Chi meglio di lui per raccontare cosa significa sfidare il destino umano e aspirare alla verità assoluta? Il disegno è degli Anni Novanta, ma si connette naturalmente al tema della mostra, curata da Silvia Scaravaggi e concepita e realizzata con forza e precisione: la superbia. Trenta opere tra studi preparatori, disegni e dipinti rendono omaggio a diverse tradizioni letterarie e artistiche, intrecciando la narrazione autobiografica dell’artista con desideri, tentazioni e aspirazioni propri dell’umanità intera.
I TEMI DELL’OPERA DI AGOSTINO ARRIVABENE IN MOSTRA A CREMA
Superbia, usura, vanità: al centro della mostra c’è una triade magnetica e apocalittica, aulica e fortemente contemporanea: è il trittico Le due morti, formato dal quadro omonimo e dagli inediti Usura e L’inaudibile II. Sono queste opere a riunire in sé i temi fondamentali del messaggio di Arrivabene. L’influenza mitologica e letteraria, comune a tutta la produzione dell’artista, assume una forma influenzata dalla poetica michelangiolesca: “Questo lavoro è iniziato nel 2018, quando ho riscoperto Michelangelo”, racconta l’artista ad Artribune.
“Ero a Roma per alcune scelte sartoriali legate al Sansone e Dalila, di cui stavo curando scenografie e costumi per l’Opéra di Montecarlo, e sono andato a vedere il restauro di Raffaello alla Cappella Sistina. Non lo sapevo ancora, ma io ero lì per Michelangelo. Di fronte al Giudizio Universale ho vissuto una vera e propria estasi. Ho scoperto un nuovo maestro in lui, annullando la tradizione iconografica che ci separava”. Secondo l’oraziano ut pictura poiesis, che vede arte e poesia lavorare a braccetto, sono di Michelangelo i versi che danno il nome a Le due morti, quella corporea e quella spirituale, nella rima 285. Il monito è quello proprio della vanitas: terribili cose attendono gli uomini, e soprattutto gli artisti dice Arrivabene, quando perdono di vista l’umiltà e il senso profondo delle cose. La mercificazione dell’arte è, per l’autore, una via diretta per questa perdizione spirituale.
LE OPERE DI ARRIVABENE TRA RIFERIMENTI ARTISTICI E LETTERARI
La matrice dantesca, fortissima, emerge esplicitamente nella tavola inedita Purgatorio, Canto XI (I Superbi), esposta insieme al raffinato studio preparatorio ‒ allestito in una cornice del Settecento: “Questo è anche il canto meta-artistico del Purgatorio”, ricorda la curatrice Silvia Scaravaggi, “perché negli exempla humilitatis Dante parla proprio del senso della scultura, della pittura”. L’arte è un modo di parlare di letteratura ‒ come nel discorso tra Dante e Oderisi da Gubbio, in cui un terzo poeta soverchierà i due Guidi, Guinizzelli e Cavalcanti ‒ e di religione, unica in grado di raggiungere e descrivere il divino. Arrivabene, che dal 2019 sta lavorando alla nuova “riedificazione iconografica” della Divina Commedia, legge nell’opera dell’Alighieri molti dei temi in cui si riconosce, come la ricerca del senso e l’ambiguità tra la superbia e la consapevolezza del male che questa può produrre. “Nessuno come Dante ha saputo realizzare un’analisi così compiuta della realtà e della conoscenza del sé. Sin da ragazzo mi esortavano a realizzare le illustrazioni della Divina Commedia, vedendo come erano simili le nostre visioni, ma a scuola lo si fa male e io lo canzonavo. Poi ho capito che nessuno è mai più stato come lui, così contemporaneo e cinematico”.
LA TECNICA DI AGOSTINO ARRIVABENE
L’ambiguità del trovarsi tra la morte e la vita, tra l’abbandono estatico e il narcisismo, crea una tensione particolarmente evidente nel nucleo di opere composto da Verbo ‒ nato dalla corruzione di un’immagine precedente, in cui Arrivabene ha intravisto grazie alla pareidolia e all’acheropitia una nuova figura ‒, Il mio nous manifesto, La crisalide II e Contra mundum.
La riflessione filosofica sulla vanitas vanitatum ‒ impossibile non notare teschi e pericoli mortali, di cui sono costellate le opere ‒ si arricchisce di stimoli che dal Rinascimento vanno al Simbolismo, al Romanticismo tedesco e a Nietzsche ed Ezra Pound, commentando la società odierna e il sistema dell’arte, a sua volta teso tra egomania e dispersione del senso profondo delle cose.
La mostra – prodotta dal Museo di Crema in collaborazione con Azimut Capital Management – include anche un ciclo di opere dagli esordi di Arrivabene, tra l’evocativa pala lignea creata in giovinezza da Arrivabene, La custode dei destini ‒ con la trilogia di Atena, Odisseo e Orfeo, i cui volti rappresentano l’artista, il fratello e la cugina ‒ e I figli di Nyx, con l’omonima Notte e le sue creature, Thanatos e Hypnos.
La creatività di Arrivabene, unita alla sua abilità tecnica, lo porta a declinare nelle diverse “epiche” da lui ritratte una serie di complesse tecniche pittoriche e di diversi supporti. Dall’encausto de Le due morti alle calcografie realizzate tramite dripping su acetato e poi trasferite su tela (come ne Il mio nous manifesto), fino alla pittura “a completamento” dei motivi delle pietre paesine e all’inserzione di parti di avorio nella scultura L’infante, Arrivabene è un avido sperimentatore e un insegnante di tecnica pittorica.
‒ Giulia Giaume
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