Open ticket. Chi sostituirà Virgil Abloh alla guida di Louis Vuitton?
Scomparso pochi mesi fa, lo stilista Virgil Abloh ha lasciato un vuoto difficile da colmare ai vertici della maison Vuitton. Ora le scommesse sono aperte su chi prenderà il suo posto come direttore artistico di uno dei brand di punta di LVMH
La sfilata dello scorso gennaio a Miami è stata l’ultima tra quelle progettate da Virgil Abloh per Louis Vuitton. Da quando Abloh, a soli 41 anni, si è spento lo scorso 28 novembre, nessuna comunicazione è stata diffusa sulla persona con cui LVMH intende sostituirlo. In un primo tempo (forse) per segno di rispetto. Ma a meno di tre mesi dalla ripresa delle sfilate uomo la cosa pare rivelare l’impasse, mentre le congetture si fanno più insistenti. Non è tanto il nome del successore di Abloh a essere davvero importante, quanto il criterio con cui verrà scelto: questo sì potrebbe essere un segnale rilevante.
I POSSIBILI SOSTITUTI DI VIRGIL ABLOH
Sostituire un personaggio carismatico come Abloh non è semplice. Ma se la logica sarà quella di scegliere un designer moda di talento, LVMH potrebbe già averlo in casa. C’è Jonathan Anderson, che ha rianimato Loewe. Nigo è un’altra possibilità: proprio Abloh lo aveva indicato poco prima di mancare per il ruolo di direttore artistico di Kenzo. Fuori casa (ma è difficile dire di no a un brand come Vuitton) ci sono Ronnie Fieg, che ha fondato Kith, e Chitose Abe, l’allieva di Rei Kawakubo fondatrice di Sacai. Outsider sotto osservazione potrebbero essere la britannica Grace Wales Bonner, Jerry Lorenzo di Fear of God e Samuel Ross di A Cold Wall, oltre al fondatore di Casablanca Charaf Tajer.
OLTRE LA MODA LA FINANZA
E se il successore di un disruptor come Abloh fosse invece un creativo esterno al modo della moda? Anche questa è un’ipotesi e non priva di senso, almeno per due ragioni. La prima è che il successo di Abloh deriva dall’essere stato un personaggio poco definibile in termini tradizionali, un manipolatore di sogni e di segni più che un couturier in senso classico; la sua eredità calza poco con quello che potrebbe fare da Vuitton un “sarto” ancorché geniale.
L’ottimo Nicolas Ghesquière è il direttore artistico del brand per l’abbigliamento femminile dal 2013 e il suo contratto è stato rinnovato nel 2018. Lo scorso 7 marzo il suo ultimo show tenutosi all’interno del Musée d’Orsay a Parigi è stato un’esibizione di potenza (da parte di LVMH) e di grande talento (da parte di Ghesquière). Tuttavia non a lui, ma proprio ad Abloh, pochi mesi prima che mancasse, era stata affidato il ruolo di supervisore dell’intera sezione Moda e pelletteria di LVMH.
I NUMERI DEL BRAND VUITTON
E la seconda ragione dunque balza agli occhi guardando ai numeri più che alle forme di cui è capace il brand. Nel 2021 il fatturato di LVMH ha raggiunto i 64,2 miliardi di euro. La divisione Moda e pelletteria è cresciuta del 57% nei primi nove mesi dell’anno. Vuitton da solo rappresenta il 58% delle vendite e l’80% dei suoi profitti. Che sono in aumento del 42% rispetto al 2019 e del 47% rispetto al 2020. Sono stati Asia e Stati Uniti i principali motori di crescita: rispettivamente del 40% e 30% nel quarto trimestre del 2021 rispetto al quarto trimestre del 2019. L’Europa? Conta molto meno: qui le vendite sono aumentate dell’1% nel quarto trimestre rispetto allo stesso periodo del 2019. La Russia? Di nessun peso critico.
Il più potente gruppo finanziario della moda (150 mila dipendenti diretti il cui patron, Bernard Arnault, appartiene al gruppo dei cinque uomini più ricchi al modo) opererà una scelta dettata dalla logica tradizionale che vede la sostituzione di un designer come un movimento su una scacchiera data? O sarà in grado di elaborare una strategia inedita? La partita questa volta è tutt’altro che è marginale
‒ Aldo Premoli
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