L’ora innocente
L’ora innocente, come scrive il critico Vincenzo Estremo nel suo testo che accompagna la mostra, si è sviluppata intorno a un movimento di liberazione dell’immagine meccanica. Un’ora innocente in cui la relazione tra tecnica-efficiente cede il posto alla libertà dell’immagine di poter finalmente essere quello che vuole.
Comunicato stampa
Giovedì 7 aprile, dalle ore 18.00, Société Interludio è lieto di presentare L’ora innocente.
Con lo scopo di indagare le varie direzioni del medium e dello sguardo fotografico, sono stati invitati a dialogare negli spazi di Piazza Vittorio gli artisti Giovanna Repetto (Padova, 1990), Agathe Rosa (Annecy, 1987) e Marco Schiavone (Torino, 1990).
L’ora innocente, come scrive il critico Vincenzo Estremo nel suo testo che accompagna la mostra, si è sviluppata intorno a un movimento di liberazione dell’immagine meccanica. Un’ora innocente in cui la relazione tra tecnica-efficiente cede il posto alla libertà dell’immagine di poter finalmente essere quello che vuole.
Tutto ciò è particolarmente evidente nei lavori di Agathe Rosa, in cui gli elementi minimi che rendono possibile l’immagine si scontrano con una forza altrettanto inevitabile come quella della soggettività dei processi. All’armonia e alla presenza si sostituiscono la scomparsa, il caos, la vacuità. Un’intera gamma di incertezze che l’artista segue e asseconda finendo in uno spazio in cui è il concepibile a definire l’immagine e non viceversa.
Lo stesso spazio del possibile è quello che c’è tra gli specchi e la realtà, uno spessore che corrisponde alla consistenza del vetro e che divide la parte riflettente dal mondo pronto per essere riflesso. In quello spazio c’è una condizione latente, qualcosa che resta in attesa. L’azione di Giovanna Repetto è quella di oscurare non gli specchi ma la superfice esterna di quello spazio. Repetto priva i suoi apparat di alcune parti fondamentali – gli elementi che fanno dello specchio uno strumento del vedere – produce a sua volta un’ora innocente, un momento in cui l’immagine nasce e resta segreta.
Nel caso di Marco Schiavone invece, la soddisfazione completa dell’appetito per l’illusione mediante la riproduzione fotografica ci mette difronte al dilemma della relazione tra l’immagine e il suo referente. Paradossalmente l’immagine di Schiavone che nella sua pratica costruisce, riproduce e smembra un apparato oggettuale, finisce per evocare il contorno fisico della cosa rappresentata lasciando un’“area” che è la nostra mente a produrre: è l’oggetto assente a definire la percezione dello spazio rendendo la rappresentazione inutile nella sua funzione di copia.
Giovanna Repetto (Padova, 1990) vive e lavora a Milano. Artista e ricercatrice, sviluppa una pratica multidisciplinare che studia l'evoluzione e l'archeologia dello spazio e della sua immagine esplorandone gli stati tra reale e virtuale.
Dopo una laurea in Progettazione e Gestione dei Beni Culturali all'Università di Padova, ha conseguito un Master in Arti Visive e Studi Curatoriali presso la Nuova Accademia di Belle Arti (NABA) di Milano. Le sue opere sono state presentate da spazi e istituzioni come MAMbo-Museo Arte Moderna di Bologna, PAV-Parco Arte Vivente, Fondazione Berengo, BACO-Base Arte Contemporanea, Fondazione Elpis, Galleria Continua, Fondazione Francesco Fabbri, Isola Art Center Milano e Frigoriferi Milanesi. È fondatrice dei progetti indipendenti: Immaginario Project (2014), PALCO (2016) e HotHouse (2018).
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Agathe Rosa (Annecy, 1987) vive e lavora a Marseille.
Laureata dalla Scuola Nazionale di Architettura di Marseille, le sue ricerche si concentrano sull'interazione della luce naturale con l'uomo e i territori.
Il suo lavoro è stato presentato in Francia e all'estero in numerose istituzioni come il Centro Culturale Italiano per la Biennale Manifesta13 (Marseille, Fr), il CNES Chartreuse (Villeneuve lez Avignon, Fr), il Museo Helio Oiticia (Rio de Janeiro, Br), il Centre Pompidou (Paris, Fr), la Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea Raffaele de Grada (San Gimignano, It).
Parallelamente alla sua ricerca artistica, ha insegnato quattro anni come docente in Arte e Tecnica della Rappresentazione alla Scuola d'Architettura di Marseille, intervenendo in numerosi seminari come “Atelier Khora – Città paesaggio” alla Casa dell'Architettura e della Città (Marseille, Fr), “Dialoghi Eupaliniani” al Frac Paca (Marseille, Fr) o “I mondi dell'arte” (Bologna, It).
Marco Schiavone (Torino 1990), cresciuto nella bassa Val di Susa, vive e lavora a Torino. Ha studiato grafica presso l’Accademia di belle Arti di Cuneo. La sua ricerca artistica si sviluppa orizzontalmente dove la tematica del paesaggio e del valore dell’immagine è il focus principale e si modifica prendendo diverse forme. La formalizzazione delle sue opere è quasi sempre una fotografia che viene prodotta da alcuni passaggi intermedi con l’utilizzo dell’istallazione, scultura e disegno.
Nel 2022 ottiene il patrocinio di ricerca dalla Soprintendenza ai Beni Culturali per il progetto sul fenomeno della coppellazione con il contributo di ricercatori scientifici e operatori culturali; nel 2020-21 viene selezionato dal Museo Camera come artista emergente per Futures Photography; nel 2019 è finalista del premio FFF Fondazione Francesco Fabbri; nel 2015 è stato uno dei fondatori di Spaziobuonasera, artist-run space a Torino, che ha indagato il panorama dell’arte contemporanea nazionale ed internazionale.
Le sue opere sono state esposte in mostre nazionali ed internazionali come: Photo Open Up, Museo Eremitani, Padova; Audi Studio by Nevven Gallery, Stockholm; Villa Vertua Masolo, Milano; Spaziosiena, Siena; LOFT, Lecce; Las Palmas, Lisbon; Arte Fiera, Bologna; Galleria Giuseppe Pero, Milano; BASIS, Frankfurt; Spaziobuonasera, Torino.