Dadamaino – Il movimento delle cose
Frittelli arte contemporanea dedica a Dadamaino (Eduarda Emilia Maino, Milano 1930-2004) una mostra monografica a cura di Flaminio Gualdoni con la collaborazione con Paolo Campiglio, realizzata grazie al contributo dell’Archivio Dadamaino, che ripercorre la ricerca sul segno intrapresa dall’artista alla metà degli anni ’70.
Comunicato stampa
Frittelli arte contemporanea dedica a Dadamaino (Eduarda Emilia Maino, Milano 1930-2004) una mostra monografica a cura di Flaminio Gualdoni con la collaborazione con Paolo Campiglio, realizzata grazie al contributo dell’Archivio Dadamaino, che ripercorre la ricerca sul segno intrapresa dall’artista alla metà degli anni ’70.
La mostra documenta la complessa congiuntura che, iniziatasi con le serie Inconscio Razionale e Costellazioni, si sviluppa pienamente con Passo dopo Passo e soprattutto Il movimento delle cose, come titolano le due vaste opere presentate alla Biennale di Venezia del 1990. Qui Dadamaino riempie letteralmente le ampie superfici di segni, che paiono galleggiare sulla superficie translucida del materiale impiegato, e che seguono andamenti irregolari, non progettati secondo un metodo preventivo, ma come trascrivendo in diretta il flusso di coscienza che anima l’artista. Ma l’artista avverte: “...è un cosmo, non un caos”: Dadamaino costringe lo spettatore alla rimessa in questione delle proprie precognizioni, aprendo cicli che seguono solo i tempi e i modi del proprio rimuginare inflessibile, del proprio insoddisfacibile ricercare.
Come ha scritto Flaminio Gualdoni: “Il segno vi è monema indefinito in sé, che da un punto qualsiasi dello spazio equivalente prende a moltiplicarsi come per proliferazione cellulare, a inseminare la superficie seguendo corsi divergenti, addensati rarefatti, intensivi levitanti, attratti dispersi... non costrutto, equilibrio, bensì tensione circolante e ricca, energia che, dall’avvertimento fisiologico ed affettivo del corpo che traccia, prende a effondersi e pulsare in questo spazio di oggettività intuìta più che definita”.
Gli spazi espositivi consentono di mostrare le ragioni e le qualità del passaggio a questa fase, attraverso l’esposizione di materiali per lo più inediti, e la natura del tutto particolare di questa “sfida all’infinito”.
“Il movimento delle cose consiste nella rappresentazione, metaforica naturalmente, di un destino o di un insieme di destini, biologici ed esistenziali. Sono i ritmi delle persone che si incontrano, si amano, pulsano e si muovono, cambiano.” (Dadamaino 1990)
Dadamaino (Milano 1930-2004) è stata una figura di primo piano dell’avanguardia milanese del dopoguerra. Attiva in Azimut/h, galleria e rivista fondate da Piero Manzoni, Enrico Castellani e Agostino Bonalumi, ha collaborato negli anni con i maggiori circoli artistici europei di Arte Cinetica, Op, Cibernetica e Spazialismo, tra cui gli italiani Gruppo Punto e Gruppo N, il parigino GRAV, il tedesco Zero, l’olandese Nul e il movimento internazionale Nuove Tendenze. Dopo una prima sperimentazione di impronta astratto-informale, si è impegnata nel superamento della pittura attraverso i Volumi, rivelando lo spazio oltre la tela. Nel periodo successivo ha strutturato la propria pratica artistica sull’attenzione ai materiali e all’uso del colore in maniera seriale che l’hanno portata a sperimentare con vernici fluorescenti e stimoli cinetici. Negli anni ’70 ha abbandonato la formulazione geometrica e modulare, e recuperato il valore del segno con il ciclo L’inconscio razionale, dove i tratti sono distribuiti sulla superficie del dipinto con una regolarità non programmata, e con il linguaggio di segni inventati con cui ha composto L’Alfabeto della mente. A partire dalla registrazione delle proprie vibrazioni esistenziali, negli anni ’80 ha portato avanti la creazione di scenari dall’aspetto spaziale, quasi cosmico, denominate Costellazioni. Il segno vibrante, tracciato a mano libera, ha caratterizzato anche gli ultimi cicli dell’artista, Passo dopo passo, Il movimento delle cose e Sein und Zeit, eseguiti su fogli di plastica trasparente (poliestere) e spesso dispiegati nello spazio come installazioni ambientali. Tra le numerose mostre, si segnalano la Biennale di Venezia del 1980, la personale al Padiglione d’Arte Contemporanea (PAC) di Milano nel 1983, ancora la Biennale di Venezia nel 1990, l’ampia antologica al Museo di Bochum nel 2000. L’intensificarsi di mostre e pubblicazioni a partire dagli anni 2000 sancisce il riconoscimento pubblico del suo ruolo di protagonista nell’ambito dell’arte italiana.