Tutte le sfumature della carta nella mostra di Roberto Mannino a Roma
Allo Spazio Atelier di Via Panisperna a Roma, Roberto Mannino trasforma la carta in racconto d’aria, d’acqua, di colore
Il nuovo progetto proposto da Roberto Mannino (Roma, 1958) nell’unico e accogliente ambiente dello Spazio Atelier a Roma è quasi un racconto che prosciuga le parole e lascia alla sola plasticità del supporto cartaceo il diritto di narrare la sua storia millenaria, fatta di tradizione e innovazione, di procedure arcaiche che si intrecciano con le soglie del presente. Ora realizzate in fibra di banana (chiamata anche abaca) o in fibra di canapa (davvero splendido Vetusta, 2022 – lavoro che apre l’esposizione), ora seguendo le antiche usanze legate al papiro, ora aperte alla sperimentazione della carta cotone, le opere in mostra – è presente anche una nuvola di piccoli monotipi xilografici su cotone e di preziose xilografie – sono infatti strutture poetiche in cui il colore si diluisce e la parola scompare per farsi pallore lontano, eco, traccia introvabile di una storia che lascia al supporto tutto il suo potere narrativo.
LA CARTA SECONDO ROBERTO MANNINO
Fluide e a tratti legnose, lavorate come superfici e anche come strutture scultoree che sembrano gusci di qualcosa, scorze capaci di intrappolare tanto l’aria quanto la luce, le tante carte che presenta Mannino in questa sua personale (il titolo è Fluens Charta) accompagnata da un puntuale testo di Antonella Renzitti sono mundi activi, spazi vitali che assorbono umori, erotici irrigidimenti e morbide (a volte nervose) essiccazioni. “Durante l’essiccazione” la pasta cartacea “perde la liquidità e si irrobustisce, si innerva e si contrae” (eleganti i lavori realizzati con l’inserimento tra due fogli di carta cotone di fili di rame o ferro), “guadagna nei contorni e acquista carattere, talvolta traslucenza, si ridefinisce come forma”.
‒ Antonello Tolve
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