Karl Hartwig Kaltner – Überlagerungen Sovrapposizioni
il Forum Austriaco di Cultura Roma presenta una mostra dell’artista salisburghese Karl Hartwig Kaltner.
Comunicato stampa
Karl Hartwig Kaltner nasce a Salisburgo nel 1959. Dopo gli studi umanistici presso l’Università di Salisburgo, si trasferisce dapprima a Trieste e Firenze, per poi studiare pittura e storia dell’arte a Milano. Il soggiorno nella capitale lombarda per più di 11 anni ha un grande impatto sulla sua disposizione verso l’arte, sulla sua estetica e quindi sul suo approccio al mondo in generale. L’arte, che sia letteratura, musica, pittura, danza o moda, richiede una vita intera. Mezze misure e compromessi non hanno posto nelle decisioni artistiche. Kaltner fa sua questa radicalità, necessaria nel lavoro artistico, e crea così opere che è possibile vedere da Berlino a Tokyo, da Brema a Palermo.
Il tema della “Sovrapposizione“ attraversa come un filo rosso l’opera di K.H. Kaltner. Una sovrapposizione di simboli e rituali delle varie fasi della storia umana, una sovrapposizione di reliquie culturali di civiltà e culture passate che modellano la nostra percezione e interpretazione. Un approccio profondamente austriaco all’arte contemporanea, rivolto al conscio ma anche all’inconscio assopito dentro di noi.
Kaltner durante la mostra realizza un’installazione temporanea nel giardino del Forum Austriaco di Cultura.
A completamento di questa installazione sono i “Fahnenbilder“ di Kaltner, i suoi famosi quadri di bandiere, che sottolineano l’aspetto liturgico dell’atto.
In prima assoluta viene inoltre mostrato il video di 11 minuti “MISERERE“ (regia: Roberto Orazi; scenografia: Sandro Scarmiglia). Si tratta di un cortometraggio creato da Kaltner appositamente per la Settimana Santa.
Nel suo lavoro pittorico Kaltner tenta di esprimere ciò attraverso sovrapposizioni di immagine e testo, contrapponendo all’onnipotenza della parola scritta l’immediatezza dell’espressione grafica e pittorica. La serie “lose blätter“ (fogli sparsi) in mostra presso il Forum Austriaco di Cultura Roma ne è un esempio.
Nelle proprie installazioni Kaltner fa riecheggiare elementi arcaici. Crea luoghi e spazi che possono ricordare luoghi di culto abbandonati di civiltà sconosciute, rituali a noi sconosciuti, non più accessibili o classificabili benché immagazzinati nella nostra memoria collettiva. Egli crea così spazi dell’anima che lo spettatore deve percepire e sentire.
Qui il tema della pecora, dell’agnello e della lana ricopre un ruolo importante. Oltre all’aspetto liturgico, si pensi al ruolo dell’agnello nelle tre grandi religioni che hanno plasmato l’Europa: l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam.
Al centro dell’esplorazione artistica troviamo anche il tema della „pecora“ a indicare l’eccellenza arcaica della lana come materiale e la spiritualità associatavi. Anche qui la sovrapposizione della civiltà ha un ruolo portante. Si pensi al significato di questo materiale, che ci accompagna da millenni nella nostra evoluzione umana, dalla yurta mongola al loden alpino fino alla più fine maglia in mohair di alta moda. Non si tratta di significati di epoche lontane come il „vello d’oro“, la lana ha un significato spirituale ancora oggi. Il pallio che il Papa presenta ai vescovi come segno del loro potere, ad esempio, è fatto con la lana di due agnelli benedetti dal Papa l’anno prima. Questi paramenti liturgici vengono ancora oggi filati e tessuti dalle suore del convento di Santa Cecilia in Trastevere.
Kaltner affronta la sovrapposizione di diversi livelli di significato e comunicazione soprattutto nel suo ciclo „lose blätter“ (fogli sparsi). Infatti, così come nel tema della „pecora“ si sovrappongono i livelli più disparati di percezione e di significato, l’artista – per così dire – tende il filo oltre, verso la sovrapposizione di scrittura e immagine, di contenuto e forma e pone così la questione del fondamento della nostra percezione. Kaltner tesse letteralmente un nuovo tessuto che emerge attraverso la sovrapposizione di scrittura e immagine.
In modo tradizionale, scrive questi testi con penna e inchiostro su carta fatta a mano. Poiché questi testi sono come degli “zibaldoni“, appunti molto personali e intimi, l’autore ritocca i fogli con inchiostro colorato. Molte di queste macchie d’inchiostro sovradimensionate coprono i fogli come degli errori apparenti, delle grandi macchie d’inchiostro. L’impiego di inchiostri diversi conduce ad affascinanti strutture di sovrapposizione, così da sovrapporre l’aspetto pittorico alla scrittura. Con difficoltà è possibile riconoscere contenuti, cogliere impulsi dai testi, ma non è possibile decifrare un testo compiuto. Così su questi fogli è in primo piano l’aspetto frammentario. Come reperti archeologici, non ci si può sottrarre al tentativo di decifrazione, alla curiosità, ma le strutture pittoriche esteticamente compiute custodiscono il segreto dei contenuti.
Chi conosce K. H. Kaltner può naturalmente intuire che sia una critica culturale e sociale mirata e spietata da parte dell’artista, ma già le parole iniziali che pone a introduzione del libro, “la penombra tanto piacevole del mio studio …..“ mostrano che si tratta anche di un’opera che riguarda molto il contesto necessario a far emergere l’arte. E così nei testi Kaltner non solo encomia l’atmosfera nel suo scriptorium, una stanza dedicata esclusivamente al pensare, al progettare e allo scrivere. Una stanza che, come il suo studio, non può essere varcata da nessuno. Ma è possibile anche leggere del piacere di un giardino estivo, della gioia della luce, del godimento del silenzio, tanto necessari per il lavoro artistico. E ciò nonostante persiste il fetore del mondo dell’arte e della cultura e del suo frastuono.
Peculiare è anche l’ultimo capitolo del libro, intitolato “Pars Aversa”: qui l’artista si riferisce al retro delle cose, mette in primo piano il non voluto, l’accidentale e il non intenzionale.