NFT e metaverso rivoluzionano anche il ruolo del curatore

Le trasformazioni generate dall’avvento di NFT e metaverso riguardano anche la curatela. Quali caratteristiche devono avere i “nuovi curatori” chiamati a misurarsi con tecnologie in rapida evoluzione?

A un anno di distanza dall’affermazione della Crypto Art e degli NFT nel mercato dell’arte, a seguito di quello che si potrebbe definire il big bang Beeple, è arrivato, forse, il momento, di fare alcune considerazioni sulle prospettive future che tale fenomeno ha aperto.
Il movimento della Crypto Art si è imposto nel mondo dell’arte e nel mercato in maniera dirompente, e, da un primo gruppo davvero esiguo di pionieri della Crypto Art, sono stati raggiunti numeri elevati e difficili da gestire di Crypto artisti, o presunti tali, generando un’inflazione nell’offerta. Questo ha richiesto un cambio di visione nei confronti di tutti quegli intermediari che con la decentralizzazione erano stati esclusi dal Crypto universo. Venutasi a delineare, infatti, la necessità di fare una selezione in entrata per garantire livelli qualitativi paragonabili a quelli del mercato tradizionale, quegli intermediari, che tanto erano stati stigmatizzati, sono stati richiamati in carica per poter sancire, tramite la loro autorità nel mondo tradizionale, l’autorevolezza del mondo virtuale. Una delle questioni affrontate negli ultimi mesi dai professionisti del settore è stata proprio quella relativa alla necessità di avere figure specializzate che possano creare contenuti di qualità, evitando la saturazione del “nuovo” mercato con opere scadenti e in quantità superiore alle richieste. Ma i curatori e i professionisti che già popolano l’art system tradizionale possono ricoprire questo ruolo? Oppure nasceranno nuove figure che andranno a colmare le necessità professionali che si stanno configurando in questi mesi?

Travel Diary, installation view. Courtesy Snark.art & Decentraland

Travel Diary, installation view. Courtesy Snark.art & Decentraland

I CURATORI ALLA PROVA DEL METAVERSO

Nel mondo dell’arte tradizionale, a livello curatoriale, si riscontra, da diverso tempo, una crisi professionale e in molti hanno visto nel metaverso una cura a essa, con la possibilità per i curatori di reinventarsi, divenendo narratori e traduttori di un linguaggio, spesso, di difficile comprensione per il pubblico. Pur se tale visione non è condivisa da tutti, sono diversi i Crypto artisti che se ne fanno sostenitori. Spicca il duo italiano Hackatao, fra i tre riconosciuti capostipiti del movimento, che considerano il curatore una figura fondamentale in quanto “è colui che scava in profondità nell’artista per narrare la sua filosofia e la sua arte. Nel mondo Crypto deve trovare una collocazione ancora più specifica rispetto al mondo dell’arte tradizionale. Oltre a valorizzare il progetto dandone una chiave di lettura fatta di punti di riferimento artistici e culturali a tutto tondo, deve far spiccare le unicità e peculiarità dell’opera all’interno di uno streaming mediatico troppo veloce, che riduce la fruizione a un fugace momento”.
Pur rimandando a sedi più opportune una definizione e una disquisizione approfondita del ruolo del curatore, durante alcune conversazioni con esperti del settore si è cercato di delineare le competenze fondamentali dei nuovi curatori e, attraverso diversi punti di vista, di indagare lo stato attuale della curatela nel mondo della Crypto Art. Si rileva, per ciò che attiene ai principali marketplace, una minor specificità, almeno nelle fasi iniziali, del lavoro del curatore rispetto al mondo dell’arte tradizionale, e la mancanza di uno dei momenti “fondanti” con cui il curatore deve confrontarsi, quello dell’allestimento. Una delle principali differenze, come sottolinea il critico e curatore milanese Ivan Quaroni, è l’appropriazione, da parte dei curatori delle piattaforme virtuali, di “un lessico tecnico, una specie di neolingua, che i curatori tradizionali faticano a comprendere”. Ma, seppur vero, tale linguaggio resta privo di una parte importante quale la conoscenza della storia dell’arte e dei principali scritti di critica ed estetica anche se, forse, “nella logica della neolingua, i vecchi cascami della critica sono considerati obsoleti, non più funzionali per interpretare immagini che obbediscono a una bildung diversa da quella degli artisti diciamo pure ‘tradizionali’”. Certamente la mancanza di fisicità rende più complesso il dialogo che normalmente si instaura tra opera, contesto e pubblico.

Hackatao, Queeny

Hackatao, Queeny

COSA DEVONO SAPERE I NUOVI CURATORI

Di contro c’è chi, invece, sottolinea la necessità di lasciarsi alle spalle le pratiche del mondo tradizionale, come l’artista Giovanni Motta, prendendo questo come un’occasione per rimettere in discussione l’operare dei professionisti dell’arte. Quello che ruota intorno alla Crypto Art è un universo particolare, con regole sue e logiche spesso distante da quelle a cui l’arte contemporanea ci ha abituati finora. Il “nuovo” curatore, afferma Motta, deve “trovare il modo di unire i due mondi e poi esprimersi. Grande presenza nel canale social più importante: Twitter. Confidenza con gli strumenti digitali che permettono di fare esperienze virtuali”.
Ma anche in Motta, seppur la sua visione sia più aperta verso i giovani curatori, maggiormente abituati a lavorare con i social media e con il mondo virtuale, si riscontra ancora una volta la difficoltà di non potersi confrontare con l’organizzazione di un’esposizione fisica.
Una delle specificità su cui la quasi totalità degli intervistati concorda è lo sviluppo, da parte dei nuovi curatori, di competenze anche in ambito più strettamente tecnico come la conoscenza di programmi 3D, programmi di arte procedurale e generativa, AI/AR/VR, e in generale, come sostenuto dall’artista Dangiuz, di tutti i “nuovi strumenti di produzione tecnologica software e hardware e della comunicazione del web”.
Il profilo, dunque, che si delinea è quello di un curatore che abbia una conoscenza della storia dell’arte ma che allo stesso tempo sia esperto di tecnologia, con abilità comunicative idonee per i social media, e che sia in grado di creare un ponte tra mondo reale e mondo virtuale. Le criticità che si riscontrano sono ovviamente numerose, e le competenze che il ruolo richiede sono tecniche e specifiche. Attualmente chi ha assunto tale incarico per i marketplace, come affermato da Quaroni, non sempre ha un pregresso nel mondo dell’arte tradizionale, ma non in tutti i casi.

Dangiuz, Leap of Faith, 2021. Courtesy of the author

Dangiuz, Leap of Faith, 2021. Courtesy of the author

“VECCHIA” E “NUOVA” CURATELA

Esistono, infatti, piattaforme nate con l’intento di portare la curatela tradizionale all’interno del mondo della Crypto Art, proponendo progetti speciali in cui coinvolgere anche artisti che usano medium tradizionali. C’è una collaborazione attiva con galleristi e curatori che possono candidare i propri artisti, e c’è, inoltre, un rapporto di conoscenza diretta con gli artisti rappresentati proprio per poterne indirizzare al meglio il percorso all’interno del mondo della Crypto Art. Una dimostrazione di questo è stata l’esposizione Travel Diary, organizzata ad aprile 2021 dalla piattaforma SnarkArt in collaborazione con la curatrice Sonia Belfiore che, parlando del proprio lavoro e del rapporto con il mondo Crypto, afferma: “Durante la pandemia c’è stata una bulimia di contenuti online quali viewing room, podcast, tour museali con camera a 360° spesso a discapito della bellezza e della potenza dei lavori ritrovatisi digitalizzati. La coerenza tra le opere NFT, appositamente create e pensate per poter esser fruite e godute nel digitale, e la loro fruizione interattiva all’interno di un mondo virtuale le hanno rese ai miei occhi, paradossalmente, vere e concrete. La criticità [nell’organizzare l’esposizione Travel Diary] è stata soprattutto iniziale, come ad esempio capire i meccanismi della blockchain, gli NFT, gli smart contract ecc., un mondo per me nuovo e che si evolve davvero velocemente”. Per un curatore tradizionale, quindi, il maggior ostacolo sembrerebbe la comprensione della blockchain e dei suoi meccanismi, superato il quale è possibile far rientrare il proprio lavoro all’interno dei dettami tradizionali.
Trattandosi di opere immateriali, inoltre, il curatore “digitale” diviene una figura ancor più importante nell’esistenza dell’opera stessa, in quanto “non solo diventa colui che espone l’immagine, ma anche il suo esecutore”. (Groys, Art Power, 2008, p. 97). Se questo, ovviamente, vale per l’arte digitale come la si conosce già da diversi decenni, vale ancor di più per un’arte creata per essere appositamente fruita nello spazio virtuale ma alla quale, soprattutto nell’ultimo anno, è stato richiesto di esistere anche nel mondo reale. Il curatore, quindi, riveste ancora una volta il ruolo di Ausstellungsmacher riscontrando, però, non pochi problemi. Può diventare, infatti, difficoltosa la questione espositiva relativa a opere che hanno una loro materialità digitale ma non una fisicità ab origine, in quanto, se inserite nel proprio contesto virtuale, si generano contenitori privi di coordinate spazio/tempo che devono essere ben caratterizzati per evitare uno spaesamento del visitatore che, proiettando il proprio io smaterializzato all’interno di una dimensione virtuale, potrebbe avere non poche problematiche nel portare a compimento la propria esperienza di visita. Di contro, esportando tali opere nel mondo reale, occorre creare progetti specifici che prevedano, per prima cosa, la traduzione fisica dei file digitali con supporti idonei e l’ideazione di una curatela che ricontestualizzi la Crypto Art in una realtà non sua, con il rischio di perdere significati e modalità di fruizione legati a tali opere, comprensibili ed esperibili totalmente solo nella realtà di origine.

“La mancanza di fisicità rende più complesso il dialogo che normalmente si instaura tra opera, contesto e pubblico”.

È evidente come in questo discorso sia difficile non fare cenno al conflitto generazionale che ha determinato, anche in questo settore, una diversificazione di visione e modus operandi, tra i curatori con esperienza decennale e i giovani che si approcciano a questo mestiere come recentemente affermato da Hans Ulrich Obrist: “Una nuova generazione di giovani comincia a dare il suo contributo all’arte e alla cultura contemporanea. Nati nell’era digitale, questi giovani […] hanno in comune un’irriverenza verso i concetti tradizionali di autorialità e di retaggio culturale, ed essa si manifesta nella loro opera. Hanno a disposizione conoscenze istantanee e competenze tecnologiche, e si servono di piattaforme sociali digitali per far conoscere le loro idee nuove e i loro atteggiamenti culturali iconoclasti” (Obrist, Fare una Mostra, 2020).
C’è, nella visione del curatore di nuova generazione, quindi, una maggior libertà d’azione e pensiero, e questo diviene ancor più evidente tra i curatori che lavorano nel metaverso. Alla luce di quanto sin qui detto, dunque, la sfida che i futuri professionisti dovranno affrontare non è semplice, dovendo inserire nella propria esperienza lavorativa non solo una notevole conoscenza della materia artistica e del mondo dell’arte in generale, ma, anche, far interagire tali nozioni con il mondo virtuale affinando le conoscenze in campo tecnologico e aggiornando costantemente il proprio modo di lavorare. Si rileva, dunque, alla luce dell’andamento del mercato della Crypto Art, la necessità di figure altamente specializzate che svolgeranno non solo il ruolo di critico/curatore ma anche, quasi, di broker di borsa e programmatore informatico, codificando un linguaggio univoco che possa essere universalmente compreso da tutti gli attori coinvolti, sia nel web sia nel mondo reale.

Alessia Cervelli

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Alessia Cervelli

Alessia Cervelli

Alessia Cervelli (Roma, 1984), laureata in Storia dell’Arte (laurea specialistica con indirizzo contemporaneo) presso l’Università La Sapienza di Roma, ha di recente conseguito un Master Biennale di Secondo Livello presso l’Università RomaTre, con una tesi sulla Crypto Art e le…

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