Nato come un fenomeno di nicchia, oggi l’upcycling è un’attività sempre più fiorente nella moda e nel design. La circolarità, che dona una nuova vita all’oggetto/capo in disuso, potrebbe essere paragonata al Dadaismo: la dissacratoria corrente artistica nata in Svizzera durante il primo conflitto mondiale e che vede tra i maggiori esponenti Tristan Tzara e Marcel Duchamp. Il successo del ready-made, del già fatto, è proprio nell’idea di poter rivalutare un oggetto di uso quotidiano in un’opera d’arte. Così, l’industria circolare si oppone all’economia lineare dando una nuova vita (e una nuova veste) a tutto ciò che sarebbe finito negli inceneritori, con il recupero di materiali di qualsiasi tipo.
MODA E UPCYCLING
Tra i primi big della moda internazionale ad adottare l’upcycling ci sono Miu Miu, che con una mossa astuta ha rimesso sul mercato i capi rimasti invenduti da collezioni precedenti, e Salvatore Ferragamo, che all’arte del riciclo ha dedicato una mostra: Sustainable thinking.
La lista è ben più nutrita: Martin Margiela, Loewe, Marine Serre, Acne Studio, Our Legacy, DROMe, Stüssy e Levi’s sono i marchi internazionali che hanno dato il via a questa lodevole iniziativa.
Quindi, che nella moda vi fosse in atto un cambiamento epocale era sotto gli occhi di tutti, ma che potesse essere così modulabile ancora non ne eravamo totalmente convinti. Una premessa è doverosa: ogni anno produciamo oltre 13 milioni di tonnellate di rifiuti legati all’industria dell’abbigliamento. Solo il Giappone ne produce 1,2 milioni di tonnellate. Purtroppo, non tutti i capi saranno riciclati e, pertanto, finiranno inceneriti producendo, così, enormi quantità di gas serra.
IL BRAND GIAPPONESE PANECO
La circolarità del fashion biz supera la sua comfort zone e Paneco ne è la chiara dimostrazione.
Recuperare capi di abbigliamento usato e scarti tessili per trasformarli in pannelli per l’interior design è la mission di Paneco, brand giapponese nato da Work Studio, guidato dal CEO Kazuhiro Hara.
In quest’ottica, Paneco recupera gli scarti della filiera tessile – compresa la pelle e la fibra di carbonio – e coinvolge altre strutture socialmente impegnate, dislocate sul territorio, al fine di dare una seconda vita ai capi in disuso. Così, il tessuto viene depurato da tutti gli accessori, compresi zip, bottoni ed elementi decorativi. Una volta processato, il materiale ottenuto sarà utilizzato per la fabbricazione di pannelli Paneco dall’effetto granito straordinariamente lussureggiante che, a loro volta, saranno riciclabili al 100% a fine vita.
Nasce così un prodotto multifunzionale, che trova applicazione nelle più svariate tipologie costruttive. Dai rivestimenti al product design, per nuove soluzioni a basso impatto ambientali: pouf, sistemi di scaffalature, divisori, tavoli, sedute, armadi e molto altro ancora. I prodotti, realizzati con cura artigianale, possono presentare alcune imperfezioni, che non sono da ritenersi difetti ma, al contrario, simbolo di autenticità.
‒ Stefania Carpentieri
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