Il ruolo delle biblioteche scolastiche per la cultura di domani

Spesso fanalino di coda di un sistema bibliotecario in affanno, le biblioteche scolastiche italiane sono una risorsa. Con l’obbiettivo di trasformare i piccoli lettori di oggi nei cittadini di domani

Probabilmente è superfluo sottolineare che viviamo un periodo molto complicato: che il principio di questa decade sia all’insegna di piccoli e grandi sconvolgimenti di elementi che eravamo ormai abituati a dare per scontato è chiaro a tutti.
Il dibattito culturale è gremito di riflessioni connesse all’attuale scenario: la maggior parte legate al contingente, altre, invece, che tentano di elaborare strategie per cercare di trovare soluzioni per ogni scenario che, sulla base degli accadimenti, diventa più o meno probabile.
In questo sciame di informazioni, tuttavia, c’è un elemento che spesso, nel dibattito culturale, viene affrontato soltanto in misura minore, sebbene la sua urgenza sia universalmente riconosciuta e, soprattutto, sotto gli occhi di tutti: la comprensione del presente da parte dei nostri figli. È una riflessione che infatti si tende a delegare a riviste specializzate, o in ogni caso a trattare esclusivamente secondo una prospettiva contenutistica, psicologica, pedagogica. Come se la cultura per i più piccoli fosse esente da riflessioni di tipo organizzativo, da logiche di network e, più in generale, presentasse delle caratteristiche differenti da quella per gli adulti.

Biblioteca Universitaria, Università di Bologna. Photo © Anagrafe delle Biblioteche d’Italia

Biblioteca Universitaria, Università di Bologna. Photo © Anagrafe delle Biblioteche d’Italia

L’IMPORTANZA DELLA LETTURA

Probabilmente, presi dall’obiettivo di stimolare i bambini a partecipare, abbiamo finito con il dare maggiore enfasi ai servizi che alle infrastrutture: al mezzo piuttosto che al fine.
Il presente dei nostri figli è estremamente variegato, ed è al crocevia tra super-stimoli, narrazioni, edutainment e confusione: confusione derivante dalle esperienze personali (la DAD, il ritorno, la DAD, il ritorno), e anche una certa confusione passiva, che è in parte assorbita dal generale clima di incertezza, e dall’altra (per i più grandi) derivante da sistemi di informazione che funzionano secondo dinamiche che né i giovani, né gli adulti sono in grado di decriptare. È in questo contesto, dunque, che diviene essenziale avviare una riflessione sistemica sul ruolo della cultura nella comprensione del presente da parte dei più piccoli, e, di conseguenza, sugli aspetti organizzativi della nostra offerta culturale. Primo tra tutti, il pensiero non può che andare al ruolo della lettura. Non tanto, e non solo, in una prospettiva assolutista (quasi tutti i genitori sono consapevoli che leggere aiuti il bambino a crescere), quanto piuttosto nella generale organizzazione dell’offerta culturale che viene fornita ai nostri bambini in termini di lettura, facendo riferimento, in particolar modo, a quello che probabilmente è il più importante network di istituzioni culturali presenti sul nostro territorio nazionale: le biblioteche.
Oggi, la condizione delle biblioteche del nostro Paese è piuttosto peculiare: da un lato sono presenti soggetti, interventi e iniziative altamente innovativi, in linea con le principali istituzioni internazionali; dall’altro sussistono sacche di resistenza del vecchio stereotipo della biblioteca polverosa. Da un lato soggetti che hanno già da tempo avviato sperimentazioni legate all’intelligenza artificiale, o alla realtà virtuale; dall’altro istituzioni che non hanno un catalogo digitale, ma soltanto l’archivio con le vecchie schede cartacee.

“Raggiungere questi risultati abilita dei processi evolutivi del settore bibliotecario che sono importantissimi non solo per i giovani, ma per l’intera comunità, attuale e futura”.

Se tale condizione, dal punto di vista sistemico, è destinata chiaramente a risanarsi, a vantaggio di una logica sistemica dell’infrastruttura bibliotecaria del nostro Paese, più incerta è invece la condizione di un’altra categoria di biblioteca, vale a dire quella scolastica.
Quando si parla di biblioteche scolastiche, infatti, da un lato si registra la presenza di alcune strutture estremamente organizzate, in grado di fornire servizi efficaci, e dall’altro ci si trova di fronte a condizioni che rendono improprio anche l’uso stesso del termine biblioteca.
Anche in questo settore, nell’ultimo decennio, si sono registrati importanti passi in avanti: ma il percorso è ancora lontano dall’essere omogeneo.
Qualche numero ce lo fornisce una ricerca dell’AIE, condotta nel novembre del 2019.
Stando ai dati della ricerca, in Italia l’84,8% delle scuole sono dotate di una biblioteca centrale o di classe, ma le risorse investite per l’acquisto di libri sono, in media, pari a 410 €.
Le condizioni non migliorano quando guardiamo al funzionamento di tali servizi: gestite in maggioranza da soluzioni ibride (genitori, studenti affiancati dagli insegnanti, insegnanti in forma volontaria), il 78,4% delle biblioteche delle 7.662 istituzioni scolastiche che hanno aderito all’indagine non sono inserite in alcun sistema (che sia un sistema di biblioteche scolastiche, un sistema bibliotecario di pubblica lettura, o un sistema di centri di documentazione). Stiamo parlando, per intenderci, di un sistema che, tra il 2011 e il 2019, ha visto la spesa totale ridursi di un terzo: 5.896.000 € nel 2011 contro i 3.888.000 del 2019; per il funzionamento della biblioteca scolastica, in altri termini, si è speso nel 2019 la cifra di 1,12 € per studente.
Guardando queste rilevazioni, i dati legati alla fruizione sono esemplari: sempre secondo la ricerca AIE, i soggetti tra 0 e 14 anni che frequentano le biblioteche scolastiche sono il doppio dei soggetti che frequentano le biblioteche pubbliche (26% vs 13%). Il confronto è ancora più netto quando ci si concentra sui fruitori frequenti: i soggetti che frequentano la biblioteca scolastica almeno una volta ogni 15 giorni sono il 6%, contro l’1% di chi frequenta invece la biblioteca pubblica. Assistiamo, quindi, a una domanda che esiste nonostante un’offerta molto spesso inadeguata ed è un dato, questo, che soprattutto in ambito di fruizione culturale non si trova facilmente.

L'area per bambini della biblioteca Martin Luther King di Mies van der Rohe Image by Trent Bell

L’area per bambini della biblioteca Martin Luther King di Mies van der Rohe Image by Trent Bell

BIBLIOTECHE SCOLASTICHE E FUTURO

Di nuovo i numeri ci aiutano a comprendere meglio il fenomeno: il nuovo rapporto BES, ossia il rapporto Istat sul Benessere Equo e Sostenibile, ha recentemente pubblicato i dati dei lettori. Secondo il rapporto, nel generale calo che si è registrato in termini di fruizione di biblioteche negli ultimi anni, la fascia di bambini e ragazzi rimane in ogni caso quella che presenta i più alti tassi di frequenza – è opportuno precisare che l’indicatore espresso nel BES fa riferimento a un dato registrato nell’indagine “Aspetti della vita quotidiana” e che, in tale indagine, non si fa una distinzione tra biblioteca pubblica e biblioteca scolastica.
Ritorniamo dunque alle riflessioni iniziali. Ritorniamo al mondo dei nostri figli, abituati all’accessibilità delle informazioni, all’integrabilità dei sistemi operativi: il loro mondo non è il nostro. Il loro mondo si struttura secondo un principio di unità, perché, ci piaccia o meno, l’unità, l’accessibilità e l’integrabilità sono i risultati di specifiche strategie delle industrie digitali. Sono, in altri termini, caratteristiche fortemente perseguite dai big e dai meno big della tecnologia. Sono condizioni percepite come così essenziali che uno dei player più importanti del settore ha deciso di creare il metaverso, che altro non è che un universo digitale integrato o quantomeno integrabile.
Appare evidente, quindi, che la riflessione sulle biblioteche debba assumere un carattere prioritario, ancor più quando l’oggetto è la biblioteca scolastica, ma appare con ancor maggiore evidenza le necessità di una riflessione di natura organizzativa e gestionale.
A livello sistemico bisogna farlo con attenzione, e, soprattutto, con gradualità, senza cedere alla tentazione di rivoluzionare tutto, lanciando progetti iperbolici utili per la promozione di questo o quell’ente. È necessario avviare dei piccoli passi, condizioni probabilmente banali: uniformare i servizi di tutte le biblioteche scolastiche, iniziare ad avviare strategie di network che permettano la creazione di economie di scala, prevedere dei sistemi informatici basici che consentano in ogni caso alle biblioteche scolastiche una gestione ordinata degli acquisti, delle consultazioni e dei prestiti.
Parallelamente, è opportuno stimolare e sostenere i progetti pilota, che consentano l’affermazione di casi studio, e che fungano da stimolo di crescita per l’intero settore.
Soprattutto, non bisogna farlo soltanto perché è importante: bisogna farlo perché raggiungere questi risultati abilita dei processi evolutivi del settore bibliotecario che sono importantissimi non solo per i giovani, ma per l’intera comunità, attuale e futura.
Perché avremo sempre più bisogno di leggere per comprendere. E, soprattutto, avremo sempre più bisogno di studiare per avere un’opinione. Per essere, in altri termini, cittadini.

Stefano Monti

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Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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