Le creature ibride di Koen Vanmechelen in mostra a Venezia
Galli, uova, composizioni eterogenee e polimateriche in vetro di Murano e marmo. Le opere di Koen Vanmechelen esposte nell’Art Space della Fondazione Berengo a Murano trasportano in un guazzabuglio di realtà impossibili e di sogni a occhi aperti
Busti di imperatori in marmo diventano i nidi di volatili mostruosi, di creature fantasmagoriche e dal sapore ancestrale, rigorosamente eseguiti in vetro da Koen Vanmechelen (Sint-Truiden, 1965). Queste curiose composizioni sono parte della serie Temptation che, riprendendo la statuaria antica conservata alle Gallerie degli Uffizi, rappresenta imperatori, filosofi, guerrieri, eroi, divinità come gente comune. Inoltre strani ospiti, graditi o non, sono appollaiati sulle spalle, sulle teste e su ogni angolo delle erme.
Il principio è quello della chimera, animale leggendario e sorta di pastiche con muso di leone, bocca eruttante fiamme, corpo di capra e coda di drago. Non esiste il sangue blu per Vanmechelen, ma una miscela esplosiva di capricciosi meticci. L’artista si riconosce per la sua ossessione verso le uova, che tornano come firma in più opere, ma soprattutto per i galli che ‒ abbracciando un interesse verso la biodiversità culturale ‒ alleva, incrocia, adora, come gli egizi divinizzavano i gatti. Non si tratta di un’affermazione azzardata né di un’esagerazione, infatti non solo Vanmechelen mummifica i suoi adorati animali da compagnia ma erige per loro anche sarcofagi marmorei, con tanto di nome e razza incisi. Nella sala di Fondazione Berengo Art Space dove sono conservate le fornaci per la fusione del vetro, due grandi lampadari sfoggiano molteplici bracci, articolati con gusci d’uovo e zampe di rapaci dalle unghia affilate.
LE OPERE DI KOEN VANMECHELEN A MURANO
Si perde il conto dei richiami alla mitologia greco-romana come in Black Medusa, o alla storia dell’Impero, con una mano di marmo (Connection) con l’indice puntato che fa pensare ai frammenti della colossale statua di Costantino. Poi ancora, corni di narvali si vedono innestati su teschi di creature preistoriche, teste leonine si ergono su corpi di Draghi di Komodo, simil-iguane vengono strapazzate da bambini in lacrime e urlanti come fossero innocui peluche. Questo gruppo sembra riecheggiare la celebre scultura ellenistica Fanciullo che strozza l’oca di Boeto di Calcedonia, di cui si conoscono le copie conservate ai Musei Capitolini e a Monaco di Baviera.
Di certo non manca a Koen Vanmechelen un po’ di sana follia e un indomito impulso che lo spinge a sperimentare incroci disparati, a mischiare colori e materiali in maniera deliberata e conturbante, così che anche ciò che può apparire familiare a uno sguardo distratto si tinge di un tocco gotico e viceversa. Vanmechelen osserva le dinamiche tra i suoi galli nel suo Generation Cosmopolitan Chicken Project: ecco infatti in mostra il sarcofago della ventitreesima generazione, nata dall’accoppiamento tra la Mechelse Maatiaskana e la gallina Padovana. Vanmechelen non si annoia e non smette di stupire.
‒ Giorgia Basili
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