Caos e caduta. Il festival teatrale Conformazioni a Palermo
La sesta edizione del festival teatrale palermitano ha dato spazio ai protagonisti delle arti performative contemporanee. Con uno speciale omaggio a Pier Paolo Pasolini
Si è conclusa la sesta edizione del festival Conformazioni a Palermo, arricchita nel nuovo corso da una sempre maggiore proliferazione di eventi, performance e spettacoli nel tessuto urbano, che ha coinvolto spazi e istituzioni culturali, illuminando il grande patrimonio artistico del capoluogo siciliano.
A cura del coreografo Giuseppe Muscarello, Conformazioni nasce dal desiderio e dalla necessità di ricollocare al centro del panorama culturale cittadino la dimensione contemporanea dei linguaggi performativi e coreografici. Lo fa attraverso un percorso che attraversa discipline e codici diversi, con un’attenzione allo scambio intergenerazionale, alla formazione, della cui carenza il nostro Paese e in particolare il Sud soffre per via di un’assenza strutturale di istituzioni dedicate.
In un assetto quasi tentacolare, il festival accende e porta in campo una comunità vibrante e coesa, frequentatrice vigile di performance e spettacoli strutturati, attenta allo sguardo critico e al pensiero teorico.
I PROTAGONISTI DEL FESTIVAL CONFORMAZIONI
La prima parte del festival è stata abitata da una generazione di coreografi che, affrancati dall’attenzione under 35, rappresentano oggi la nuova scena coreografica italiana. Tra questi Daniele Ninarello con Perpendicolare, lavoro realizzato insieme a Cristina Donà e al musicista Saverio Lanza, Manfredi Perego con Totemica, la siciliana Giovanna Velardi con Pubblico site specific, in cui l’audience sceglie e dirige l’azione del movimento come regista inconsapevole, Giuseppe Muscarello con Il furioso, performance estrapolata dal nuovo e ampio progetto del coreografo sulla trasmissione del gesto del pupo.
Nel secondo weekend l’interessante approfondimento sullo scrivere di danza nella bella tavola rotonda Altri tempi, a cura di Stefano Tomassini, insieme a una selezione di lavori pluripremiati nel panorama italiano ha chiuso con grande brio la programmazione. Tra questi Bermudas di MK, Premio Ubu 2019 come Miglior Spettacolo di Danza, ispirato alle teorie del caos, gioca con regole essenziali che producono un mondo ritmicamente condiviso e permeabile. I danzatori come meteore mettono in atto una serie semplice e ripetibile all’infinito di frasi e micropartiture. Le eseguono creando un campo di variazioni e traiettorie perpetuo, tra incontri e scontri, entrate e uscite di scena, interrotte da brevi e fulminei istanti di immobilità che aprono lo spazio a un tempo sospeso, carico di tensione relazionale dove riverberano gli echi del loro leggero e vivace roteare.
BASTARD SUNDAY DI ENZO COSIMI
Di registro completamente diverso, dall’impronta drammatica e insieme astratta, il riallestimento del quasi pluridecennale lavoro di Enzo Cosimi Bastard Sunday, dedicato alla figura di Pier Paolo Pasolini, contribuisce alle celebrazioni per il centenario della nascita del poeta friulano, qui presentato con la attuale interprete Alice Raffaelli, accompagnata dalle incursioni di Luca Della Corte. Nato dalle ceneri di I need more, spettacolo dedicato alla giovinezza e alle linee più torve e insieme leggere dell’adolescenza, di cui costituiva il secondo atto, Bastard Sunday è un affondo sul paesaggio notturno della maledetta domenica in cui Pasolini fu ucciso, in una delle pagine più buie della storia italiana che nel prologo aleggia nell’aria attraverso la confessione del suo assassino, Pino Pelosi.
L’impianto nel nuovo allestimento rimane identico: la potente pervasività della composizione sonora di Robert Lippok (ex To Rococo Rot), che sporca con i suoi glitch la dimensione epica e corale della Passione secondo Matteo di Bach, aprendola, divaricandola ai fumi del contemporaneo e alle incrinature del digitale, l’apoditticità e la monumentalità dei titoli di testa che, come quelli dei film di Gaspare Noè, si impongono sullo schermo, dichiarando graficamente e con forza la responsabilità di un approccio lontano anni luce da ogni forma di minimalismo. Non ultimo il paesaggio visivo, con il video incessante del muso di un’Alfa Romeo ripresa nell’esatto percorso che da Piazza Esedra a Roma portò il poeta e intellettuale a Ostia nella tragica notte. E poi il vuoto: un pallone, le luci a scarica, il disegno livido e glaciale delle luci di Gianni Staropoli, una figura oscura che irrompe in lontananza.
A cambiare è una virata sul nero, che si riflette metonimicamente come un nuovo registro non solo sulla scena, ma soprattutto sull’adattamento della partitura al corpo di Alice Raffaelli.
LE CARATTERISTICHE DI BASTARD SUNDAY
Bastard Sunday trasmigra, e lo fa allontanandosi dal segno vigoroso e asciutto della prima interprete e musa Paola Lattanzi, ispiratrice della scrittura coreografica del lavoro, dotata di un’aura spettrale, e insieme eroica, androgina, asessuata, muscolare, nervosa. Atterra sulla viscerale materia di Alice. Qui le linee eleganti con cui il lavoro era concepito inizialmente deflagrano e sembrano abbattersi in un continuo stato di caduta, in una morsa di morte cui tutto il corpo si arrende, soggetto a una gravità irrefrenabile. Un abbandono glorioso, sensuale, dove la caduta è vocazione al martirio, senza opposizione, come a segnare un passaggio inesorabile del tempo, forse di un’epoca.
La partitura è un crescendo, come una marcia funebre in cui con passo e andamento tragico tutto lo spettacolo collassa, assumendo insieme una vocazione sacra e terrena, cristologica e sensuale. Il torso della danzatrice, sollevato e poi legato in un incaprettamento, eseguito tagliente e senza esitazione dalla figura oscura di Luca Della Corte, insieme boia e anima nera dello stesso poeta, si manifesta come nel Bue macellato di Rembrandt, ovvero come carne, e oramai merce: esposto, aperto, svuotato da ogni misticismo. La sua materia è animale, umana, vulnerabile, calata nel mondo e nella sua affamata modernità, e per questo in grado di risorgere, cannibalescamente, in una danza macabra che riporta alla luce l’auspicio di un avvenire dove le luci e i rumori gioiosi e febbrili dei Sud del mondo si contrappongano alla spettralità dell’Occidente e del suo capitalismo.
È così che tra campanacci e stridori, il corpo tragico ritorna in vesti africane in uno splendore indebito, febbrile, malarico e radioso che sembra riscattare il mondo e riportarci in un paesaggio per niente pacificato, attraversato da nuovi bagliori.
Nella sua nuova veste, Bastard Sunday forse innocentemente ritorna a parlare al presente, assumendo nella sua riscrittura la caduta, il collasso, l’ostensione, la perdita, incarnando una notte del mondo che ancora stiamo vivendo e da cui solo il calore di un nuovo sole potrebbe farci riemergere.
‒ Maria Paola Zedda
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