Vivere nel vetro. La mostra sull’azienda FontanaArte a Venezia
Ripercorre la vicenda della storica azienda milanese FontanaArte la mostra allestita nelle Stanze del Vetro sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia. Riflettori puntati sull’attività dei quattro direttori artistici: Gio Ponti, Pietro Chiesa, Max Ingrand e Gae Aulenti
È il lontano 1881 quando Luigi Fontana inaugura la sua azienda a Milano, legata inizialmente alla produzione seriale di lastre di vetro, impiegate nel settore edilizio. Nel 1931 ‒ conclusasi la Prima Guerra Mondiale, durante la quale l’azienda aveva prodotto soprattutto fiaschette per l’esercito ‒, Gio Ponti, già fondatore di Domus, viene nominato direttore artistico. Poi dal 1933 al 1948 il timone passa a Pietro Chiesa, che disegna più di mille opere, alcune delle quali diventano grandi classici ancora in produzione.
Dopo il devastante periodo della Seconda Guerra Mondiale, l’azienda risorge grazie al suo nuovo direttore artistico, Max Ingrand, nella cornice de boom economico. Nel 1967, quando Ingrand abbandona l’avventura, Ponti fa il suo ritorno in qualità di consulente. È nel 1979 che invece assume la direzione artistica Gae Aulenti che, oltre a consolidare l’immagine aziendale, chiama all’appello Ettore Sottsass, Renzo Piano, Umberto Riva per fruttuose collaborazioni.
L’architettura modernista in America aveva compreso che bisognava massimizzare la quantità di luce per sprigionarla all’interno delle abitazioni, tramite le finestre a ghigliottina, mentre Le Corbusier faceva delle finestre a nastro la sua cifra stilistica. La fortuna del vetro esplose così portando alla ribalta anche le soluzioni proposte da FontanaArte. Non a caso, il percorso della mostra allestita alle Stanze del Vetro sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia inizia dagli Anni Trenta del secolo scorso con la nuova invenzione oltreoceano del vetro temperato.
LA MOSTRA SU FONTANAARTE A VENEZIA
Procedendo il viaggio nella Glass House, spiccano gli specchi di Gio Ponti con morbide figure in rilievo, sirene e segni zodiacali; la lampada da tavolo Billia in vetro soffiato e smerigliato, i lampadari Dahlia a petali disposti a raggiera e il Vaso fiore di Max Ingrand, già consulente artistico per la Saint-Gobain. La fascinazione del progettista francese per la luce derivava dai suoi ricordi della Cattedrale di Chartres. Interessanti le sue abat-jour a forma di valva di conchiglia, come telline di mare trasformate per incanto in preziose fonti di tepore luminoso.
Sviluppati dall’effervescenza creativa di Gae Aulenti il tavolo Tour, omaggio a Marcel Duchamp, ai suoi object trouvé e ready-made, e Giova, non solo “una semplice lampada, ma anche un vaso da fiori o un recipiente da personalizzare secondo il proprio gusto”. Indimenticabili i “vasi cartoccio” di Pietro Chiesa, che piegano letteralmente il vetro in morbide volute, quasi fosse pizzo a balze o tulle, come anche i suoi contenitori in cristallo soffiato e molato.
IL SOGNO DI UNA CASA DI VETRO
Le ultime sale sono dedicate più propriamente all’idea della “casa di vetro”. Lo spazio domestico è alluso e tracciato grazie alla selezione di alcuni particolati arredi. L’allestimento è pensato da Massimiliano Locatelli con dei separé in vetro che fungono da pareti, organizzando organicamente gli ambienti astratti di un’abitazione ideale ma permettendo allo sguardo di addentrarsi nelle camere liberamente. Così incontriamo l’armadio di Ponti ‒ in noce, vetro, dipintura in foglio d’oro e argento, frangia in tessuto ‒, pensato in collaborazione con Piero Fornasetti; il leggiadro tavolo del 1955 realizzato da Max Ingrand con la superficie in vetro sorretta da tre finissime gambe in legno; le linee di rivestimenti in piastrelle Fontanit, Flexible Desagnat e Marbled per la sala da bagno.
‒ Giorgia Basili
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