Marc Chagall a Milano. No, non è la solita mostra
Prende in esame l’attività grafica di Marc Chagall e i suoi legami con l’ebraismo la mostra allestita al Mudec. Un’occasione per andare oltre l’estetica degli innamorati che da sempre accompagna la lettura dell’opera dell’artista
Mette in risalto “un altro Chagall” la mostra allestita al Mudec di Milano e curata dall’Israel Museum di Gerusalemme che, per l’occasione, ha prestato più di cento opere. Una mostra inedita che, oltre l’artista della serie degli innamorati, descrive l’illustratore e le sue memorie familiari, in un intreccio di affetti ed ebraismo che ne ha influenzato l’evoluzione poetica e artistica.
CHAGALL IN MOSTRA A MILANO
La mostra, composta da una selezione di opere donate in prevalenza dalla famiglia e dagli amici di Marc Chagall (Vitebsk, 1887 – Saint-Paul-de-Vence, 1985) è dedicata principalmente ai lavori grafici dell’artista e alla sua attività di illustratore editoriale, ed è divisa in quattro macro-sezioni: Cultura ebraica e Yiddish; Nostalgia; Fonti di ispirazione; Francia, la nuova patria. A corollario delle opere sono esposti anche oggetti d’uso nella ritualità ebraica.
Il percorso espositivo ripercorre alcuni temi fondamentali della vita e della produzione dell’artista: dalle radici nella nativa Vitebsk (oggi in Bielorussia), descritta con amore e nostalgia nella serie Ma vie, all’incontro con l’amata moglie Bella Rosenfeld, della quale Chagall illustrò i libri Burning Lights e First Encounter, dedicati ai ricordi della vita di Bella nella comunità ebraica, di cui sono in mostra i disegni originali di accompagnamento. Emerge poi un legame diverso, quello tra l’artista e Parigi, dove Chagall scelse di stabilirsi e che ebbe un’influenza decisiva sul suo stile e sui suoi temi. Chiude la mostra l’installazione multimediale di fiori lavorati a tombolo e a fuselli di Cantù che, tingendosi man mano, sprigionano i vitali colori della tavolozza dell’ultimo Chagall.
LA RELIGIONE, GLI AFFETTI, L’AMORE SECONDO CHAGALL
La prima parte della mostra parla della liturgia e della cultura ebraica e yiddish. La Vitebsk di Chagall, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, faceva parte dell’allora “zona di residenza” dell’Impero russo, una regione con confini geografici ben delimitati, al di fuori della quale agli ebrei non era concesso risiedere: lì si parlava l’yiddish, lingua che creava forte senso di appartenenza, un’identità e una cultura specifiche di cui sono testimonianza le decine di pezzi della liturgia ebraica esposti in questa sezione, simbolo della terra e dei riti della comunità religiosa, delle tradizioni e delle feste. Chagall ci conduce qui in un universo intimo, nelle scene di vita familiare, nella casa della nonna, in un mondo antico e ironico al contempo, aneddotico, in cui il nonno scompare durante un pranzo di famiglia, nascondendosi sul tetto a mangiare tzimmes, dolce tipico della tradizione culinaria ashkenazita. Ma c’è anche l’angoscia dei pogrom, come nell’illustrazione omonima del 1940: nel raffigurare questo tema Chagall colma il vuoto iconografico, la mancanza nell’ebraismo di una tradizione visuale.
La seconda sezione della mostra è dedicata al tema della nostalgia. Ci viene presentato uno Chagall privato, che ci porta con sé nella sua città con le carrozze che volano sui ciottoli e le donne dalle ampie gonne che fanno roteare i loro ombrellini. Ci mostra la sua casa, una capanna storta, così misera e fatiscente che sembra stare per accartocciarsi su se stessa, e il negozio di gioielli del padre di Bella. Ci porta al loro primo incontro, dove già li risucchia un turbinio di linee sinuose e curve, le forme si attorcigliano, i contorni sfumano e si sovrappongono.
GLI ANNI FRANCESI DI MARC CHAGALL
Fonti di ispirazione è la terza sezione, in cui confluiscono alcuni dei testi che Chagall illustrò negli anni a Parigi: la Bibbia, che racconta come un ciclo di incontri storici tra l’uomo e Dio;
le acqueforti delle Anime Morte di Nikolaj Vasil’evič Gogol’, commissionategli dall’editore Ambroise Vollard nel 1923, sono tavole di accompagnamento, senza colori, della più importante commedia della Russia del XIX secolo. Di tutt’altra ispirazione sono le divertenti e coloratissime gouache delle Favole di La Fontaine: storie a colori di animali parlanti. Bisogna sottolineare che la variegata tavolozza associata comunemente a Chagall emerge in realtà solamente quando l’artista abbandona la Russia alla volta della capitale francese.
“Nonostante tutti i problemi del nostro mondo, nel mio cuore non ho mai rinunciato all’amore nel quale sono stato cresciuto”. Sotto a questo cappello dall’autobiografia di Marc Chagall si svolge l’ultima sezione, Francia, la nuova patria. Un quadro in particolare ci colpisce. Si chiama Gli innamorati: in una chioma di fiori rossi che nascono da un vaso di rame sono imbozzolati due innamorati, intorno a loro fluttuano il villaggio di Vitebsk, il gallo rosso, simbolo ricorrente del passaggio tra la notte e il giorno, il violino, strumento del divino, e la cavalla. Un angelo, infine, si muove verso i due, un magnifico segno di speranza.
‒ Lorenzo Aldini e Silvia Zanni
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