Il teatro di Virgilio Sieni incontra i pupi siciliani di Mimmo Cuticchio
In scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano, lo spettacolo “Nudità” approfondisce la riflessione sull’idea di corpo, innescando un dialogo tra quest’ultimo e la tradizione dei pupi siciliani
Due nuove occasioni si sono presentate per vedere lo spettacolo che nasce dalla collaborazione tra l’arte del corpo, la danza, incarnata da Virgilio Sieni (Firenze, 1957), e l’Opera dei Pupi di Mimmo Cuticchio (Gela, 1948). In scena insieme, i due artisti instaurano forme di relazione tra corpo e pupo, ascolto e tattilità.
Il corpo del danzatore e della marionetta sono messi in dialogo in un incontro su elementi fondamentali dello stare al mondo: camminare, sedersi, cadere, voltarsi, toccare. Nudità è andato in scena al Teatro Rasi di Ravenna il 14 maggio scorso ed è in programma al Piccolo Teatro Grassi di Milano fino al 18 maggio, nell’ambito del Festival Internazionale Presente Indicativo: per Giorgio Strehler (paesaggi teatrali).
Il dialogo che segue è stato realizzato in occasione del debutto dello spettacolo al Romaeuropa Festival nel 2018 e ripreso oggi. Cosa è cambiato?
INTERVISTA A VIRGILIO SIENI E MIMMO CUTICCHIO
La vostra collaborazione nasce alla fine del 2016 sotto il titolo Palermo. Arte del Gesto nel Mediterraneo. Accademia sui linguaggi del corpo e l’opera dei pupi. Cosa vi ha spinto a decidere di portare avanti una ricerca comune?
Virgilio Sieni: L’incontro con Mimmo nasce dal desiderio di indagare il legame tra corpo del performer e corpo della marionetta con lo scopo di ampliare il discorso tecnico intorno al corpo e al gesto, partendo dalle riflessioni di Gordon Craig e Kleist sulla marionetta. Al centro dell’indagine non è tanto l’opera dei pupi, quanto piuttosto la marionetta messa a nudo, la sua ossatura in legno e metallo, che ci ha permesso di lavorare ancora una volta attorno ai temi della gravità e dell’articolazione, trovando nuovi equilibri.
Mimmo Cuticchio: Il nostro incontro fa parte di quel destino che accomuna le persone che operano una ricerca simile. Fin dalle prime discussioni abbiamo capito che c’erano punti in comune nel nostro lavoro. Io avevo già lavorato con i pupi messi a nudo. Anche l’universo della danza non mi era nuovo, fin da quando, da figlio d’arte, osservando mio padre muovere i pupi da dietro le scene, avevo notato che i suoi movimenti erano armonici, pure nell’immobilità.
Come si è costruito il dialogo fra voi?
Mimmo Cuticchio: Sperimentare insieme ha voluto dire andare oltre quello che ognuno di noi sapeva già fare.
Virgilio Sieni: Nel cercare la relazioni con l’altro da sé si deve accettare una forma di crisi del proprio mestiere, spogliarsi delle proprie abitudini, acuire percezione e intuizione. Ci siamo affidati l’uno all’altro e insieme abbiamo teso verso una terza entità.
Il concetto di “risonanza”, all’origine dei nostri spostamenti e della nostra postura di abitanti del mondo, pare essere il principio anatomico, cosmologico e politico/civico alla base della vostra collaborazione. Che cosa intendete con questo termine?
Virgilio Sieni: L’idea della risonanza, in danza, indica il non subire la gravità e quindi non entrare in una dimensione di depressione del corpo. La “risonanza” non è soltanto la ricerca di strategie per risollevarsi, ma soprattutto il dialogo costante con la gravità attraverso il sistema articolare. Mi viene da dire che la politica di oggi avrebbe tanto da imparare da questo concetto. La risonanza ha a che fare principalmente con l’ascolto, con l’istaurarsi di una disposizione di apertura, spogliamento dalle sovrastrutture che appesantiscono, abbandonare i pregiudizi e porsi di fronte all’altro per comprenderne la dimensione umana, culturale e politica. La risonanza per il danzatore passa dalla tecnica, bisogna capire come il peso può risuonare non solo nei piedi ma in tutto il corpo. La risonanza è quindi un’esperienza di vita e un’esperienza democratica del corpo, ma anche un’esperienza politica che prevede l’ascolto e la pratica dell’attesa.
PUPI SICILIANI E TEATRO
L’opera dei pupi risale al 1700 ed è inscritta nel Patrimonio dell’Unesco. Questa collaborazione nasce anche dal desiderio di salvaguardare una tradizione in estinzione?
Mimmo Cuticchio: La tradizione della marionetta risale alla Sicilia d’epoca greca. Quando ho aperto il teatro dei pupi qui a Palermo (l’ultimo della città), avevo venticinque anni. Durante gli Anni Settanta e Ottanta ho scritto nuovi testi, costruito nuovi pupi, fatto di tutto per mantenere viva una tradizione nata in tempi in cui non vi era né il cinema né la televisione. Solo la sperimentazione e l’apertura ai giovani permetterà a quest’arte di sopravvivere. Nel ‘97 ho aperto la scuola per Pupari e Cuntisti, grazie anche all’aiuto delle istituzioni.
Il futuro per me è la contemporaneità, sia tradizione che avanguardia sono solo parole. La pratica, la continuità nella contemporaneità, questa è la vera tradizione.
Virgilio Sieni: A me interessa preservare il senso dell’uomo in quanto abitante della terra, lavorare sul corpo mi permette di continuare a pormi delle domande alla ricerca di un maggior grado di consapevolezza. Il problema, in questo caso, non riguarda solo la marionetta e l’opera dei pupi come forme d’arte in via d’estinzione, ma tutto ciò che è attinente a un passato e come preservarlo, se in maniera olografica o alimentandolo dal di dentro. L’opera dei pupi evidentemente, così come il corpo, hanno bisogno di essere frequentati da dentro, poiché si spostano con il tempo. Ciò che trovo interessante, quindi, è rintracciare nell’arte della marionetta qualcosa che possa darci lo slancio per intuire nuove strategie dell’oggi.
Cosa succede quando la marionetta viene spogliata dei suoi vestimenti? E cosa accade al corpo?
Virgilio Sieni: I maestri di judo insegnano che il vuoto non bisogna riempirlo ma abitarlo. Nudità si riferisce al fatto che in scena vi sia solo un danzatore che “semplicemente” muove il corpo e una marionetta spogliata che, semplicemente, è ossatura. Ma quando dico “semplicemente” bisogna stare attenti. La vita è molto complessa. Tutto è molto complesso. E oggi i grandi problemi politici vengono troppo semplificati e riassunti; tutto è reso troppo semplicistico. Voglio dire che la complessità è bella, poiché necessita mediazione, strategie. È importante quindi per me il titolo di questo lavoro, Nudità, perché esprime un azzeramento che ci porta verso una complessità. Prendere coscienza del fatto che ogni cosa ha una sua articolazione.
In che modo questo periodo di pandemia ha modificato anche il nostro rapporto con il corpo e con la performance?
Virgilio Sieni: Questi ultimi due anni sono stati segnati da un cambio di comportamenti che continueranno a influenzarci e mutarci ancora per molto tempo. Sono posture forzate o di reazione agli eventi che adesso abitano il corpo. Certo ora comprendiamo meglio che il tatto si elabora anche in assenza di tocco, che lo spazio è immaterialità che ci tocca e ci comprende e per tanti aspetti ci guida a nostra insaputa, ma è innegabile che tutto il nostro pensiero si è formato toccando e abbracciando persone. Dopo due anni ci siamo ritrovati nuovamente, io, Mimmo e l’ossatura. La necessità di tempi d’ascolto più dilatati, di sospensioni respirate più volte prima del gesto, il declinare lo sguardo su dettagli prima nascosti sono atteggiamenti apparsi immediatamente alla prima prova. Ambedue abbiamo sentito come questo nuovo sguardo potesse dar luogo a forme sorgive di movimenti. I nostri cammini in scena adesso si inscrivono maggiormente in corpi che patiscono la persona vicina: consapevoli di stare con l’altro, ogni dettaglio diviene l’incontro inaspettato. Comprendiamo profondamente che la nostra relazione nasce dal tempo che doniamo all’altro e come questa marea di dettagli crea una scrittura archeologica che ci muove da dentro.
‒ Chiara Pirri Valentini
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