Il film di Sergio Racanati su Giulia Niccolai da non perdere a Bologna
La pellicola dedicata all’artista e letterata tra avanguardia e sperimentalismo è inserita nella mostra “Perché lo faccio perché. La vita poetica di Giulia Niccolai”, Main Project di ART CITY Bologna 2022
Giulia Niccolai (1934-2021), fotografa, scrittrice, poetessa, monaca buddista, traduttrice, saggista, ha attraversato la letteratura italiana sul fronte di un rinnovamento linguistico capace di mescolare la poesia visuale delle avanguardie del Novecento, lo sperimentalismo americano degli anni Cinquanta e la neoavanguardia italiana del Gruppo ‘63. Alla sua complessa figura è dedicato il progetto filmico Vuoto: geografia di un sentimento di un’insolita ragazzaccia, di Sergio Racanati e Manuela Gandini, con la regia di Sergio Racanati, prodotto da CAPTA – Centro Arte Paesaggio Territorio Ambiente di Sergio Racanati.
IL FILM SU GIULIA NICCOLAI DI SERGIO RACANATI
Il film, visibile a Bologna fino al 5 giugno presso il Padiglione de l’Esprit Nouveau, è inserito nella mostra Perché lo faccio perché. La vita poetica di Giulia Niccolai, Main Project di ART CITY Bologna 2022 (curata da Allison Grimaldi Donahue e Caterina Molteni e promossa da Istituzione Bologna Musei MAMbo) che racconta la sua storia artistica attraverso documenti, fotografie, testi, registrazioni e opere provenienti dall’archivio Maurizio Spatola, dalla Fondazione Echaurren-Salaris, dalla Biblioteca Italiana delle Donne di Bologna e da archivi privati. Il film girato nell’appartamento milanese della Niccolai, rendiconta di una partitura a tre voci tra la poetessa, Manuela Gandini e Sergio Racanati, e ricuce una vicenda singolare nella storia letteraria italiana. “Eravamo lì in cucina”, spiega Gandini “di fronte alle vecchie piastrelle bianche e al frigorifero bombato. La casa di Giulia Niccolai la consideravo un tempio buddista, la biblioteca di Babele, una sala da tè, una finestra sugli anni sessanta. E Giulia ti accoglieva con la sua risata, con la vitalità di uno sguardo che aveva visto l’anima di chi aveva difronte. La conoscevo da tanti anni. Abbiamo fatto insieme conferenze, convegni, lecture, trasmissioni radio e non l’ho mai sentita pronunciare una sola frase banale. Ogni tanto, andavo da lei a prendere il caffè, in via San Michele del Carso. E proprio come nel film, si parlava della poesia del quotidiano e degli scherzi dei lama tibetani, della reincarnazione e della rivoluzione. Da giovane ha fotografato tutta l’Italia, quando una donna in giro da sola in Cinquecento con la Leica al collo era considerata una “poco di buono”. Questo film è stato per lei un bagliore comparso alla fine della vita. Ci siamo salutati a giugno, lei partiva per Alassio, e ci siamo detti: ci vediamo a Settembre”.
L’ESPERIENZA CREATIVA DI GIULIA NICCOLAI
Immerso in una dimensione domestica, nella spensierata convivialità dell’incontro, il film riporta, in un ritmo narrativo votato a una lirica decostruzione, stralci della sua esperienza creativa. Iniziata con la fotografia, legata al gruppo del barmilanese Jamaica, Ugo Mulas, Mario Dondero, Alfa Castaldi, a sua volta connesso con artisti come Piero Manzoni e scrittori come Nanni Balestrini. Poi l’America dei Kennedy e della beat generation, il ritorno in Italia, il sessantotto, la poesia confluita in numerose pubblicazioni, tra le quali il celebrato Harry’s Bar, e il trasferimento nel 1972 al Mulino Bazzano, praticamente un eremo nell’Appennino parmense con il poeta Adriano Spatola, per fondare la rivista Tam Tam. A seguire, molto altro ancora ma, soprattutto, l’approdo alla meditazione fino all’assunzione dei voti come monaca buddista, un incontro con lo spirito foriero di nuove traiettorie poetiche e di esperienze di pienezza e pacificazione con l’esistente. Brani di una vita piena che il film di Racanati riporta all’interno di una trama lasca, aperta al fascino della testimonianza diretta e illuminata dall’incursione fluida di flash sulla sua produzione poetica, fotografica, politica e sul mondo di affetti e relazioni. “Non voglio ricostruire la biografia, né la sua bibliografia”, chiarisce Racanati, “né tanto meno la scansione temporale delle sue meravigliose fotografie. Voglio tratteggiare la meraviglia di donna. Donna con fascinazioni multiple. Donna con la macchina fotografica. Donna con la tastiera della macchina da scrivere, poi con il computer. Donna e monaca tibetana. Donna dal sorriso smagliante, dalla gioia di vivere la meraviglia della vita, degli incontri, delle possibilità”.
– Marilena Di Tursi
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