Arte contemporanea alle Terme di Caracalla: Giuseppe Penone tra le rovine romane
Con l'intervento "Idee di Pietra", l'artista inserisce quattro grandi alberi di metallo e pietre nell'antica natatio del sito archeologico, dove le opere abbracciano il visitatore facendolo riflettere sul tempo e il rapporto umani-natura
Quattro grandi alberi tra le rovine: così l’arte di Giuseppe Penone (Garessio, 1947) invade le Terme di Caracalla, e più precisamente l’antica natatio, una vera e propria piscina olimpionica coperta. Con l’intervento Idee di pietra. Giuseppe Penone a Caracalla l’artista si inserisce nel sito monumentale romano con un intervento curato da Francesco Stocchi. Questo intervento, prodotto da Electa e promosso dalla Soprintendenza Speciale di Roma, prende possesso del paesaggio delle Terme dal 7 giugno al 30 ottobre con le opere Identity (in alluminio e bronzo); Triplice; Idee di pietra, Olmo; e Idee di pietra, Ciliegio (tutte e tre in bronzo e pietre di fiume): tutte rappresentano degli alberi senza tempo, che nel mezzo del sito archeologico finiscono per fermarlo e racchiuderlo.
GIUSEPPE PENONE ALLE TERME DI CARACALLA
Questo non è certo il primo intervento di arte contemporanea nel sito romano, che si è aperto alle fortunate commistioni nel 2012 con il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto (con reperti delle Terme stesse), poi seguito da interventi di Antonio Biasiucci, Mauro Staccioli e Fabrizio Plessi nel 2019. “L’arte contemporanea è di casa alle Terme di Caracalla come lo era ai tempi degli imperatori Severi, che le adornarono con meravigliose statue e decorazioni di grande valore simbolico, oggi sparse in tutto il mondo in musei, edifici e spazi pubblici“, ha ricordato la soprintendente speciale di Roma Daniela Porro. Oggi un artista celebre e celebrato come Giuseppe Penone porta con Idee di Pietra un momento di riflessione sul classico tema del rapporto tra essere umano e con la natura, spazio e tempo. Per questo sceglie il simbolo dell’albero, che in natura diventa con il passare del tempo una scultura in sé, cerchio dopo cerchio. “Non è permesso all’albero dimenticare“, ha spiegato l’artista, “sono i contorcimenti, il suo equilibrio, la ripartizione armoniosa delle sue masse, la sua perfezione statica, la freschezza del suo modellato, la purezza della sua struttura unita al carattere compatto della sua superficie di bronzo, che ne fanno una scultura vivente“.
L’INTERVENTO IDEE DI PIETRA NELLE PAROLE DI FRANCESCO STOCCHI
I rami delle sculture catturano e riflettono la storia delle Terme Antoniniane, punto di riferimento per la vita degli antichi romani: un luogo antico e moderno al tempo stesso, dove l’igiene e il riposo andavano a mescolarsi con istanze socio-politiche. “Quello qui proposto è un dialogo eccezionale, ma non nuovo per la Roma dall’antichità, che ha sempre interpretato le sue rovine in modo dinamico: è un ritorno a una splendida tradizione“, racconta ad Artribune il curatore Francesco Stocchi. “Quando sono stato chiamato dalla Soprintendenza ho proposto un intervento di Penone proprio all’interno di questa idea di continuità, riprendendo il suo concetto di tempo culturale e tempo naturale. Era perfetto anche pensando alla scala: sono ben 28 metri di mura. Abbiamo pensato a opere già esistenti, che trovassero un accordo con questo sito unico e acquisissero un valore aggiunto senza dover ricorrere a un inedito. Parafrasando Mahler, “la rovina non è culto delle ceneri ma custodia del fuoco”, di qualcosa di vivo: lo stesso vale per le rovine romane, che sono vive attraverso il turismo, la preservazione e la cura della città. Ne è un esempio il cambiamento della fruizione con l’illuminazione notturna. Penone in tutto questo è stato così bravo e capace di inserirsi nel percorso di visita e nella cornice artistico-architettonica senza imporsi. L’idea di abbracciare quello che già esiste è molto più forte. Anche perché a livello culturale non c’è solo la memoria romana: tutti i viaggiatori, da Goethe in poi, ammiravano la natura nei monumenti italiani, e con questo intervento c’è un ritorno anche a questo rapporto“. Pratica comune per l’artista piemontese, l’intervento è affiancato da una serie di riflessioni che, per la prima volta in Italia, saranno pubblicate in un apposito volume di Electa, Respirare l’ombra.
– Giulia Giaume
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