Fare i conti con il processo creativo. La mostra di Richard Aldrich a Roma
Si muovono al confine tra figurativo e astratto le opere di Richard Aldrich, che sbarca alla Fondazione Giuliani di Roma per la sua prima mostra personale in Italia
Seduttivo e analitico insieme è il gesto dell’artista che arresta il proprio fare appena prima che assuma una forma definita. Fino al 25 giugno 2022 la Fondazione Giuliani di Roma ospita An exploration of how time only exists in half steps (Studio su come il tempo esista solo in semitoni), la prima personale italiana di Richard Aldrich (Hampton, Virginia, 1975).
Pittore, fotografo, autore di sobrie installazioni, l’artista, attualmente residente a Brooklyn, è interessato agli stadi intermedi che costituiscono il processo creativo, sia a livello stilistico che temporale.
LA MOSTRA DI RICHARD ALDRICH A ROMA
Il percorso espositivo, lontano dal formato cronologico e dalla linearità di un filo conduttore, si snoda lungo ambienti comunicanti, grezzi e ariosi, nei quali le ventisei opere di Aldrich si manifestano come icone sibilline che vivono, tutte, della tensione tra l’astratto e il figurativo, senza scadere mai nell’una o nell’altra definizione.
Si tratta di immagini taciturne che sulle prime sembrano non avere molto da dire, salvo poi rivelare le infinite stratificazioni. Accumuli che sanno di attese, aggiunte, condensazione.
Quadri di piccolo e grande formato su feltro o su tela, dipinti a olio, a cera o trattati con acrilico e carboncino si alternano in composito raccoglimento. La sussurrata violenza manipolatoria applicata alle superfici – tagliate, incollate, raschiate ‒ è attutita dal risultato finale: spiccano i colori smorzati. Le pennellate materiche sono vestigia esuberanti di un crepuscolare déjà-vu.
LE OPERE DI RICHARD ALDRICH
“I nuovi lavori in questa mostra, circa un terzo, risalgono agli ultimi sei o sette anni. Mi piace tenerli per me per un po’, per poter continuare a osservarli mentre lavoro su altri dipinti. Mi interessa approfondire il concetto di tempo”, ha detto l’artista ad Adrienne Drake, direttrice e curatrice della Fondazione Giuliani. “Credo che per me stesso e per lo spettatore sia necessaria un’esperienza più diretta, carica di onestà e di vulnerabilità”.
I lacerti di stoffa applicati alle tele, materiali poveri e significativi, dialogano con le installazioni. Anch’esse, non pretenziose, si lasciano interrogare. Alle suggestioni pop delle luci natalizie o di un ring in miniatura tra mostriciattoli si affiancano veri e propri objets trouvés: una mano di legno, un sacchetto di carta, una coppia di valigette arrugginite.
‒ Francesca de Paolis
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