Distretti indiani
La nascita di Lado Sarai è uno degli ultimi episodi nella storia della costellazione dei distretti culturali che negli ultimi anni stanno cercando il proprio spazio nelle sfaccettate realtà del mondo asiatico. Lado Sarai si trova a sud di Nuova Delhi, un labirinto di edifici costruiti senza criterio, diventato rapidamente un quartiere di gallerie d'arte, in cui all'improvviso auto lussuose hanno iniziato ad aggirarsi nell'area dove i carri trainati dai buoi erano padroni.
Si tratta di uno dei villaggi travolti dal boom economico e dall’arrivo di capitali da investire in beni di lusso. Storia comune alla maggior parte dei distretti artistici nel mondo, quello indiano è nato quando alcune gallerie erano alla ricerca di spazi a basso costo. Inoltre, Lado Sarai è un comune autonomo, ovvero non è soggetto alle politiche urbanistiche restrittive del governo della capitale.
La prima gallerista a scoprire l’area fu Mamta Singhania nel 2009, alla ricerca di un nuovo spazio in seguito al nuovo piano regolatore della zona dove aveva aperto la sua galleria, divenuto quartiere residenziale e dunque vietato agli esercizi commerciali. Nel frattempo nel resto della capitale gli affitti erano aumentati e così Singhania, per aprire la sua galleria Anant Art ha optato per Lado Sarai.
Come nei casi simili, alla prima seguirono altre gallerie, fino a rendere Lado Sarai un vero e proprio quartiere adibito all’arte contemporanea. Una ventina di gallerie di vario livello vi trovano spazio oggi: Exhibit 320 presenta artisti giovani e arte sperimentale; Motifshows si focalizza sull’arte contemporanea astratta di artisti più o meno affermati; Art Positive è sia una galleria che un caffè, e ospita eventi mirati allo scambio di idee tra collezionisti e professionisti. Lo scorso 5 aprile è stata organizzata la prima Art Nite, inaugurazione simultanea di nove mostre nelle gallerie dell’area, con un grandioso successo di pubblico.
Il collezionismo indiano rappresenta ancora una percentuale esigua nel mondo dell’arte, poiché è composto da una classe media in continua crescita o da ricchi indiani che però vivono altrove. Come gli altri collezionismi asiatici sostenuti dalla crescita economica recente, anche quello indiano si è concentrato a lungo sugli artisti nazionali, per poi scoprire lentamente anche l’arte occidentale, diventando un interessante bacino di collezionisti a livello internazionale. Di conseguenza, le gallerie occidentali guardano all’India come a un mercato relativamente nuovo per vendere la propria arte, continuando il loro pellegrinaggio all’inseguimento della (nuova) ricchezza.
Martina Gambillara
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #7
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati