A Roma la 22esima edizione del festival di arti performative Attraversamenti Multipli
Si terrà fino al 18 giugno nel quartiere Quadraro nella Capitale (per poi spostarsi a Toffia, in provincia di Rieti), il festival dedicato alle arti performative, con un programma votato alle ibridazioni e all’internazionalità. Ne abbiamo parlato con i curatori
Attraversamenti Multipli, il festival multidisciplinare dedicato alle arti performative contemporanee, curato dal gruppo Margine Operativo (Alessandra Ferraro e Pako Graziani), è alla sua 22esima edizione, e si terrà fino al 18 giugno a Roma e il 25 e 26 giugno a Toffia (Rieti). Attraversamenti Multipli ha da sempre un rapporto viscerale con la città, come luogo di vita e di stratificazione di storie, cosa che “ci ha portato a una costante ricerca e sperimentazione sulle connessioni possibili tra arti performative, spazi urbani, location particolari e cittadini”, dicono i curatori. Dopo tanti anni di nomadismo, “con una predilezione per gli spazi rigenerati e per quelle che per noi sono le nuove centralità di una metropoli policentrica, quegli spazi definiti, a nostro avviso erroneamente, ‘periferici’”, il festival è da qualche anno stabile nel quartiere del Quadraro (coinvolgendo per questa edizione anche il Parco di Torre del Fiscale). In programma performance site specific, formati relazionali, ibridazioni performative con 22 compagnie di cui 4 internazionali. Ne abbiamo parlato con i curatori in questa intervista.
Come è cambiata Roma e il rapporto tra arte e periferie in questi 22 anni di lavoro del festival?
Roma è sempre più una città policentrica, un assemblaggio di tante città nella città e a noi interessa, attraverso il festival, creare un dialogo con le molte città che compongono Roma. Questa “spinta policentrica” è uno dei cambiamenti maggiormente visibili nel tessuto urbano e umano di Roma negli ultimi anni. E pensiamo che sia importante che le arti sceniche contemporanee siano capaci di relazionarsi e di interagire con queste traiettorie di cambiamento.
Con quali “traiettorie di cambiamento”, in particolare, vi confronterete?
Un altro elemento della contemporaneità del nostro tempo, con cui a noi interessa confrontarci, è la presenza a Roma di diverse culture e di persone di diverse provenienze geografiche: le nuove cittadinanze. È una sfida per l’arte cercare, per quanto possibile, di creare connessioni e nuove prospettive. Il festival è accompagnato, all’interno di una progettualità triennale, dal tema/slogan everything is connected – tutto è connesso. A sottolineare come siamo tutt* interconnessi attraverso relazioni non lineari e come stare nel mondo e costruire mondi sono esercizi collettivi e multipli, nei quali agire significa, consapevolmente o meno, agire in interazione con altre creature e con diversi contesti sociali, culturali e ambientali.
In che modo avete scelto gli artisti con cui lavorare per questa edizione?
Ogni anno scegliamo gli artisti da coinvolgere e insieme definiamo lo spettacolo o la performance da presentare, tenendo presente le location e gli spazi coinvolti dal festival. La scelta degli artisti avviene attraverso un percorso che possiamo definire “continuo”, che dura un anno, sempre con l’obiettivo di costruire un festival come un’opera d’arte multipla, capace di interagire con gli spazi/comunità/spettatori con cui entra in relazione. Anche in questa edizione presentiamo molte prime, studi, site-specific e questo implica un pensiero comune e un dialogo con gli artisti che ci accompagna nei mesi precedenti: un processo di creazione che è condiviso e che accoglie la sperimentazione.
Cosa è lo “spazio pubblico”, che quest’anno si allarga anche alle zone verdi della città?
Interfacciarsi con lo spazio pubblico significa abitare, citando bell hooks “uno spazio che rende possibili e favorisce prospettive diverse e in continuo cambiamento, uno spazio in cui si scoprono nuovi modi di vedere la realtà, le frontiere della differenza”. In questa edizione apriamo una nuova riflessione sulle relazioni possibili tra le performing arts e i parchi urbani coinvolgendo il Parco di Torre del Fiscale (che è parte del Parco Archeologico dell’Appia Antica), che viene abitato da site specific in dialogo con lo straordinario paesaggio naturale/archeologico di questo “cuneo verde” della metropoli in un’ottica green e sostenibile.
– Chiara Pirri
https://www.attraversamentimultipli.it/
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