Sfidare l’aria e la fragilità. La mostra di Arcangelo Sassolino a Vicenza
I rinnovati spazi di Atipografia, ad Arzignano, accolgono la mostra di Arcangelo Sassolino, artefice dell’acclamato Padiglione Malta alla Biennale di Venezia. Protagonista assoluta la forza dell’aria
La situazione in cui veniamo a trovarci non è delle più agevoli, anche se la vista dei nostri corpi che si contraggono in cerca di appoggio e si rannicchiano su se stessi per non venir travolti può anche avere dei risvolti comici. Ci troviamo infatti nel mezzo di una piccola tempesta, che potrebbe trasformarsi in un uragano se il gigantesco ventilatore che la provoca venisse azionato scatenando tutta la sua potenza.
LA MOSTRA DI ARCANGELO SASSOLINO AD ARZIGNANO
Arcangelo Sassolino (Montecchio Maggiore, Vicenza, 1967), dopo il suo exploit al Padiglione Malta alla Biennale di Venezia, in cui gli elementi del fuoco e dell’acqua diventano i protagonisti di un’installazione mozzafiato, accoglie i visitatori della mostra che inaugura i rinnovati spazi espositivi di Atipografia ad Arzignano coinvolgendoli nel vivo di una delle sue ultime opere, Il vuoto senza misura (2022). Concepita appositamente per gli esterni della struttura architettonica che ospita l’associazione culturale ideata nel 2014 da Elena Dal Molin (che in futuro raddoppierà la sua sfera d’azione assumendo anche i connotati di una vera e propria galleria), la sua materia è l’aria azionata dalle pale di quell’enorme macchina capace di produrre, se spinta a pieno regime, un vento di grado 12, il massimo della scala. Avanzando verso l’interno ci imbattiamo quindi in Marcus (2017): il rigonfiamento che sforma un enorme pneumatico costretto nella presa di una morsa metallica appare come una forzatura delle leggi della fisica che fa sì che l’oggetto ne risulti sfigurato e pervertito nella sua funzione.
LE OPERE DI SASSOLINO IN MOSTRA DA ATIPOGRAFIA
Pensata appositamente per l’interno è poi Anche sì anche no (2022): un’incudine di tre quintali appoggiata su una lastra di vetro che si incurva pericolosamente sotto il suo peso, andando a sfiorare quel punto limite fra l’estrema tensione della materia e il suo collasso, tra l’estrema resistenza e la catastrofe. Una sfida a livello molecolare che assurge a metafora della fragilità e precarietà dell’esistenza umana, e che pare alludere a quella sofferenza delle cose di cui già discorreva Giacomo Leopardi.
Conclude la rassegna Newton dice che… (2021): una pila di lastre di vetro poste verticalmente di taglio contro la parete, tenute insieme da un morsetto che esercita una pressione sufficiente a non farle scivolare, ma che sfiora il punto limite oltre il quale esse si sgretolerebbero. Da notare che il vetro usato per queste ultime due opere è temperato immettendo in esso dei getti d’aria fredda. Per cui, come sottolinea la curatrice Ilaria Bernardi, autrice anche della monografia in corso di pubblicazione sul lavoro complessivo dell’artista veneto, si può ben dire che “è l’aria, in quanto forza e materia invisibile ma presente, l’oggetto di indagine di questa mostra”.
‒ Alberto Mugnaini
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