Giuseppe Loi / Mediterranea habitat e biodiversità della Sardegna
Negli spazi del CEDAP, nel Parco del Limbara, prosegue la programmazione del Museo di arte ambientale Organica, dedicato all’arte contemporanea e alla fotografia.
Comunicato stampa
A pochi chilometri dal centro abitato di Tempio Pausania, nel bosco di Curadureddu, ai piedi del Limbara, proseguono le attività espositive di Organica, il museo di arte ambientale dedicato all’arte contemporanea e alla fotografia, diretto dal critico d’arte Giannella Demuro.
Si inaugurano domenica 19 giugno, alle ore 11 nelle sale del CEDAP, due nuove mostre: per la sezione di arte contemporanea, l’appuntamento è con Camping – La Voce il nuovo progetto installativo di Giuseppe Loi a cura di Ivo Serafino Fenu, mentre la sezione di fotografia ospita la mostra collettiva “Mediterranea – habitat e biodiversità della Sardegna”, con immagini di Riccardo Abozzi, Bobore Frau, Paolo Griva, Michele Santona, Edoardo Simula e Franco Porcheddu.
Visitabili, lungo i sentieri del bosco di Curadureddu, le opere permanenti del Museo.
È dedicata al Limbara nella sua dimensione antropologica, luogo di ritrovo caro alle comunità locali, l’opera installativa multimediale inedita del giovane artista Giuseppe Loi, curata dallo storico e critico d’arte Ivo Serafino Fenu che, nel testo critico che accompagna l’esposizione, ne segnala un “retrogusto decisamente e volutamente vintage”: rétro come un luogo della memoria, rétro come uno stile di vita di molti decenni fa e che il giovane artista, per ovvie ragioni anagrafiche, non ha vissuto. Una cartolina da Vallicciola, piccola valle appunto, a circa 1050 m slm sulla catena montuosa del Limbara, considerata la porta d’accesso dell’area cacuminale e, negli anni Cinquanta, attrezzata con un albergo, una piccola cappella, alcune foresterie e un’area camper. Tra gli anni ’70 e ’80 nei pressi dell’hotel sorse un campeggio piuttosto frequentato nei mesi estivi dai tempiesi e dalla popolazione del nord Sardegna, tanto da trasformarsi in luogo identitario, d’affezione, una seconda casa per una comunità allargata che lì celebrava i suoi riti di socializzazione “alternativa”, oggi esperibili solo nella dimensione del ricordo e dai racconti orali di chi, quella dimensione collettiva, visse e celebrò. Il progetto di Giuseppe Loi, pur col suo sguardo retrospettivo, è fortemente ancorato al presente e propone vie d’uscita a una situazione di forte crisi morale e sociale. Un’operazione spericolata, ambiziosa, pericolosa perfino, ma quanto mai intrigante e complessa nell’osare un confronto tra artisti del calibro di Mario Merz e Christian Boltansky, sul filo sottile che lega concettualismo, performance e arte relazionale. L’artista ricrea una sorta di campeggio abusivo, con due opere che convivono e confliggono tra loro: la prima costituita da sei tende quanto mai precarie, in legno e tessuti vari, riciclati e cuciti tra loro in un improbabile quanto colorato e accattivante patchwork, reperti organici di vite vissute, emblemi di una socialità libera e rimpianta; la seconda, all’interno delle tende, formata da una serie di monitor che, in loop, restituiscono macro-immagini di frammenti urbani anonimi, di una periferia, quella tempiese – ma che potrebbe essere qualsiasi periferia col suo portato di degrado –, simbolo di un ipertrofico quanto inutile sviluppo urbano, epifania dell’alienate asocialità contemporanea.
La voce, quella del camping, tramandata da una memoria corale che rischia di scomparire, rimanda a una dimensione “democratica” del vivere comunitario contrapposto all’asocialità castrante e anaffettiva di un urbanesimo forzato. L’opera, pertanto, costringendo l’osservatore a percorrerla, a esperirla, a spiarne le parti recondite – sfruttando il naturale voyeurismo di ciascuno –, acquista una forte connotazione relazionale che indaga l’essere umano nella sua dimensione sociale e simbolica, emotiva e politica.
Giuseppe Loi, tramite la pratica artistica, propone forme di interazione fisica e corporea, finalizzate a scongiurare il pericolo, sempre più concreto, di una vera e propria deriva a-sensoriale e di una devastante ablazione del corpo. Un recupero di quel contatto emozionale negato dalla virtualità indotta e imposta, soprattutto in questi ultimi anni, dal confinamento pandemico. (Fenu)
Giuseppe Loi (Tempio Pausania, 1994), dopo aver frequentato il Liceo Artistico della sua città ha proseguito gli studi all’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari, diplomandosi in Grafica d’arte e Progettazione. Si è poi specializzato in Fotografia e Comunicazione visiva all’Accademia di Belle Arti di Brera. Vive e lavora tra Tempio e Milano. Al centro della sua ricerca una riflessione identitaria spesso declinata in chiave autobiografica. Tra le esposizioni personali: Sette giorni senza pelle negli spazi del Museo M.E.O.C. di Aggius (SS) nel 2018 e Membrana, nel 2020 a Cagliari. Loi ha partecipato a diverse mostre collettive, in Sardegna e sulla Penisola, molte delle quali dedicate al linguaggio fotografico: nel 2015 M-Material all’Istituto d’Arte “F. Figari” di Sassari; nel 2017, OSSIMORO l’elastico drastico negli spazi di Lo Quarter a Alghero e, nel 2018, Dei nuovi confini della fotografia, a cura di VIAFARINI nella Fabbrica del Vapore a Milano. Nello stesso anno espone anche a Tempio nella mostra Dis_Segno_No_Made allestita nel Museo Bernardo Demuro e partecipa a Centrale Fotografia nella Rocca Malatestiana di Fano e Che riguarda la fotografia (2019), presso il Palazzo D’Auria Secondo a Lucera (FG). Nel 2019 e nel 2021 il fotografo Salvatore Ligios lo invita a partecipare alla rassegna A.BANDA fotografia in Sardegna allestita nel Centro MovetheBox a Villa Verde in Marmilla. Sempre nel 2021 è tra gli artisti di In/contro a Bosa (OR), Braeraklasse #5 IPER ESTERNO INTERNO da Careof a Milano e ORGANICA 2021 sul Limbara.
Accanto alla mostra di Giuseppe Loi, il 19 giugno si inaugura anche MEDITERRANEA - habitat e biodiversità della Sardegna. Uno spaccato dell’isola Sardegna, vista attraverso l’obiettivo di sei fotografi naturalisti – Riccardo Abozzi, Bobore Frau, Paolo Griva, Michele Santona, Edoardo Simula, Franco Porcheddu – tasselli imprescindibili dei complessi ecosistemi naturali che la nostra regione è ancora in grado di ospitare, una piccola finestra su un mondo affascinante e, a tratti, ancora incontaminato.
La mostra racconta una Sardegna che, prima ancora di essere una regione geografica, nell’immaginario collettivo è un concetto. Un’isola in mezzo al mare. Un crocevia di vicende umane, geologiche e ambientali, in costante mutamento. Una terra antica, separata dal continente in epoche lontane, in una perenne deriva in mezzo al Mediterraneo. Un destino che la accomuna a tutti gli uomini che per svariate ragioni si sono trovati ad affrontare il mare e vedere un barlume di salvezza nelle sue coste.
Il mare in tempesta della costa settentrionale, i graniti lavorati dal tempo, i grandi spazi del Supramonte, le falesie calcaree della costa orientale, il deserto di sabbia di Piscinas, il manto candido della neve sul Gennargentu, le delicate zone umide che collegano i fiumi al mare, i boschi incontaminati della Barbagia insieme alle forme di vita che colorano questi suggestivi ambienti sono gli indiscussi protagonisti di “Mediterranea – habitat e biodiversità della Sardegna”.
Con queste immagini gli autori offrono un importante contributo per incentivare la conoscenza e la tutela per tutti gli ecosistemi naturali e per la biodiversità che caratterizza il continente Sardegna, raccontando all’osservatore di un habitat che domanda pazienza e rispetto, un habitat che spesso solo lo sguardo attento e privilegiato del fotografo riesce a cogliere.
Tutti gli eventi di Organica si tengono alle pendici del Monte Limbara, nei dintorni di Tempio Pausania: nel bosco di Curadureddu e presso il CEDAP - Centro di Educazione e Documentazione sull’Ambiente e sul Paesaggio.
Lo spazio del CEDAP dispone di due sale espositive, una dedicata all’arte contemporanea e l’altra alla fotografia ed è anche un punto informativo per le attività escursionistiche, ambientali e culturali del territorio.
La località è raggiungibile da Tempio, Olbia e Sassari lungo la strada statale SS 392, e poi a piedi percorrendo uno dei suggestivi sentieri che si inoltrano nei boschi del Limbara.
Organica – museo di arte ambientale nel Parco del Limbara è un progetto dell’associazione culturale tramedarte curato dal critico d’arte Giannella Demuro e realizzato in collaborazione con il Comune di Tempio Pausania, la Fondazione di Sardegna, la Regione Sardegna, Fo.Re.S.T.A.S., l’Agenzia Forestale Regionale per lo Sviluppo del Territorio e dell'Ambiente della Sardegna, la Fondazione Sardegna Film Commission il Touring Club Italiano, l’Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari e il Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica dell’Università di Sassari, le associazioni culturali: Colorart, Iskeliu, La Sardegna vista da vicino, Progetto contemporaneo, S’Ala Produzione, Sa Domo, Sèmiti di Paràuli e i partner Escursì.com, Confcommercio Nord Sardegna, Gallura Mia srl, Hotel Pausania Inn, La Baita Limbara, Panificio Cossu.