Una breve storia dell’arte psichedelica
Un focus in due puntate sulle radici dell’arte psichedelica, che affonda in epoche ben lontane dai famosissimi Anni Sessanta
Da anni il memorabile pezzo dei Jefferson Airplane White Rabbit (1967) viene premiato come l’Anthem, l’inno, della stagione Hippie, Flower Power, Freak Out e, in effetti, rimane un brano sontuoso, di una potenza e di una bellezza straordinarie.
Ma il tema di questo intervento è l’arte psichedelica, non la musica psichedelica, anche se il link visivo è Alice nel paese delle meraviglie, che ha nutrito la testa e le visioni di numerosi protagonisti di quella stagione straordinaria (da noi il Coniglio Bianco di Lewis Carroll è più noto come Bianconiglio).
È parimenti l’occasione per ricordare uno dei più competenti e attivi agitatori culturali psichedelici italiani, Matteo Guarnaccia, che ora siede, accanto ad Albert Hofmann, nel Paradiso degli psiconauti, dove è volato il giorno venerdì 13 maggio di quest’anno. Chi scrive è un modesto connaisseur e un fan della psichedelia, artistica, musicale, in definitiva: culturale.
LE ORIGINI DELLA PSICHEDELIA
Partiamo dalla etimologia del termine, coniato nel 1956 dallo psichiatra Humpfry Osmond in una lettera inviata ad Aldous Huxley, cui fece da guida nel primo viaggio dello scrittore con la Mescalina. Il nome psichedelico è un composto di due termini greci: ψυχή (Psiche) e δηλόω (traslitterato: dēlôo, mostrare, manifestare, rivelare) quindi il significato è rivelare l’anima, la mente.
Il 19 aprile del 1943 un chimico dei laboratori farmaceutici Sandoz, a Basilea, assume una dose non indifferente di un composto, sintetizzato nel 1938 da lui e dal collega Arthur Soll dall’Ergot, un fungo parassita della segale. Il fungo si manifesta con escrescenze simili a corna, da cui la definizione popolare di segale cornuta. Albert Hofmann ripesca il campione numero 25, il nome chimico è dietilammide dell’acido lisergico, la sigla è LSD (precisamente LSD-25, appunto dal numero del campione). Hofmann assume 250 microgrammi di LSD, circa 10 volte la dose già sufficiente ad alterare, poco, la coscienza, e sale sulla sua bicicletta svizzera. Pedala veloce per Basilea ma ha la impressione di essere fermo, poi la strada e le case si avvolgono su loro stesse, una vicina di casa cui chiede aiuto gli appare come una orribile fattucchiera, improvvisamente il mondo è meraviglioso, ospitale e molto colorato, non sono allucinazioni, sono realtà di una coscienza espansa.
Secondo la molto citata introduzione di Dino Buzzati alle opere di Hieronymus Bosch (Classici dell’Arte, Rizzoli, 1966), le terrificanti e magiche visioni del pittore erano generate dalla mescola del pane povero in cui, al tempo, veniva utilizzata anche la segale cornuta, ossia quella infestata dall’Ergot.
Ma molto, molto prima, molto, molto indietro nel tempo, le capacità psicotrope di alcuni componenti naturali erano note e usate, soprattutto in rituali religiosi: Peyote, Yage (Ayahuasca), Psilocibina (vari funghi allucinogeni), Datura Stramonium (detta anche erba del diavolo o delle streghe) Hashish, Marijuana, Dawamesk (antico impasto nordafricano di Hashish, noce moscata, pistacchi, zucchero, succo d’arancia pinoli, cardamomo). Molto, molto prima della sintesi chimica dei loro cugini moderni, dalla Mescalina al DMT, dal DET sino al più noto LSD, amichevolmente chiamato acido, cartina trip, viaggio.
IMMAGINI E MAGIA
Talvolta si sminuisce il singolare potere delle immagini, ma gli sciamani, che 17.500 anni or sono hanno dipinto 6.000 figure nelle grotte di Lascaux, lo conoscevano perfettamente, le immagini erano un detonatore magico da innescare in precisi rituali. In ogni sistema esoterico, le immagini sono raffinati strumenti di trasporto, una bussola metafisica per il viaggio mistico. A iniziare dagli Arcani Maggiori e Minori dei Tarocchi, il cui significato muta a seconda della posizione di lettura e nel caso la carta si presenti upside-down (gli Arcani Maggiori sono 22 carte, che nei mazzi di carte attuali non esistono più, salvo il Matto, le carte dei Tarocchi sono dette Lame). I Tarocchi sono una macchina filosofica, cui si possono porre domande e ottenere risposte. Secondo una fantasiosa interpretazione dell’esoterista francese Gérard Encausse, noto con lo pseudonimo di Papus, quando la civiltà egizia era al tramonto, i saggi si riunirono per decidere come non disperdere e come trasmettere la Conoscenza, allora riservata a una ristretta cerchia di iniziati, a una ulteriore cerchia di futuri iniziati. Fu osservato che la Virtù era di per se stessa instabile, non così il Vizio, che è stabile, continuo ed eterno. Fu scelto il vizio del gioco e, non a caso, fu scelto il mondo dell’immagine, creando 78 tavolette con 78 figure misteriose che, lette da un illuminato, rivelano ogni possibile Sapere, idea affascinante e decisamente inventata. Alcuni fanno risalire la creazione dei Tarocchi al geniale filosofo, teologo, logico, alchimista Raimondo Lullo (Palma di Maiorca, attorno al 1310 d. C.), il che parrebbe essere più sensato.
I rosoni vetrati delle cattedrali gotiche sono sistemi di concentrazione del pensiero, l’equivalente occidentale dei mandala buddhisti, macchine perfette per la meditazione, per cogliere la struttura segreta del Cosmo, oltre gli aspetti sensibili. Figure ipnotiche costituite di cerchi, quadrati e triangoli, esattamente le figure di riferimento dell’Astrattismo. I mandala, i rosoni medievali, le lettere sacre dell’alfabeto ebraico, i motivi aniconici islamici, ripetuti all’infinito, sono diagrammi che raffigurano l’ordine cosmico. La antica città Khmer di Angkor, Cambogia, è un gigantesco mandala.
GLI ARTISTI E L’INCONSCIO
Nella negazione del possibile contatto individuale con il mistero, le religioni monoteistiche hanno combattuto, e vinto, il sogno e la visione, il contatto con il Dio spetta al clero, quale che sia. Nel campo, solo la pittura bizantina, e le successive icone ortodosse, hanno mantenuto una funzione liberatoria, nel senso, appunto, di rivelare l’anima. Malevič espone il leggendario Quadrato Nero (un quadrato nero in un quadrato bianco) nel 1916 a Pietroburgo, di sbieco, nella posizione della icona del santo nelle case russe.
L’inconscio, l’irrazionale, il magico, si manifestano nell’arte occidentale attraverso complesse simbologie, spesso solo apparentemente “osservanti”, talvolta di derivazione pagana, altre volte con immagini dirette, vere e proprie visioni psichedeliche, come in Hyeronimus Bosch, Matthias Grünewald, Albrecht Altdorfer, Hans Baldung, William Blake, Johan Füssli, Caspar David Friedrich.
I Preraffaelliti, Dante Gabriele Rossetti e colleghi, fanno scricchiolare l’impianto logico ottocentesco, già messo in crisi dal Romanticismo, con le loro figure femminili ieratiche e silenziose. Aubrey Beardsley, maestro del disegno e della grafica Liberty, talento favoloso, depravato assoluto, sarà saccheggiato, nel senso buono, dalla grafica psichedelica degli Anni Sessanta (come il citato Lewis Carroll e la sua Alice, che passa oltre lo specchio, performance che Cocteau riprende nel magnifico film surrealista del 1930 Il sangue di un poeta).
I simbolisti, Fernand Khnopff e Franz von Stuck, trascinano l’osservatore nel Lato Oscuro, evocando droghe e occultismo, accompagnati da Arnold Böcklin, Gustave Moreau, Odilon Redon. I surrealisti, André Breton e compagni, entrano a piedi uniti nel mondo del sogno e dell’inconscio, senza nascondere le radici alchemiche e magiche del loro agire, Marcel Duchamp va oltre, in ogni sua configurazione. Aby Warburg, uno dei massimi storici dell’arte di sempre, un genio, ne Il rituale del Serpente spiega il potere psichico delle immagini, che sono in grado di guarire e di ferire, riferendosi a una sua spedizione presso gli indiani Pueblo-Moki, nel Nuovo Messico. Il Serpente dei Pueblo e quello guaritore di Mosè si sovrappongono nella formidabile intuizione di Warburg (e, forse, il serpente Uroboro della tradizione esoterica, che si mangia la coda formando un cerchio, simboleggiando le trasformazioni alchemiche e la circolarità del tempo). Il sottotitolo del libro di Warburg è Una relazione di viaggio, non serve aggiungere altro.
DA MAX ERNST A ERNST FUCHS
I precedenti antichi sono gli antenati; i simbolisti, i suprematisti, i surrealisti sono i cugini dell’arte psichedelica strictu sensu. Tutti loro, dalle grotte di Lascaux a quelle ancor più antiche di Altamira, sino al lisergico altare di Isenheim, dalla Villa dei Misteri di Pompei ai canali di Bruges di Khnopff, sino ai Due bambini minacciati da un usignolo di Max Ernst, tutti loro frequentano il mistero, il sogno, la visione. Ernst, appunto, descrive una visione che ha avuto a causa della febbre alta dovuta al morbillo, come un bambino. Una immagine ossessionante creata fondendo collage e pittura, utilizzando parti di una casa giocattolo, un cancello in miniatura e un piccolo pomello, un campanello (elementi questi che “escono” dal dipinto). Un cielo blu domina la composizione, sulla sinistra un piccolo, quasi invisibile, usignolo si libra sopra due giovani ragazze. Una si muove verso l’usignolo armata di un lungo coltello, la seconda giace svenuta nell’erba verde. Il dramma si sviluppa anche sulla destra del dipinto, un uomo corre attraverso il tetto della casa, regge un bambino con il braccio sinistro, con il destro cerca di raggiungere il pomello, fisico, che sta al limite dell’opera, come se potesse farlo uscire di scena, potesse salvarlo. I Due bambini minacciati da un usignolo sono l’epitome del Surrealismo: il sogno, l’inconscio, la sessualità (il coltello fallico della ragazza) le giustapposizioni incongrue, magiche, e i bambini non sono due, ma forse l’altro è Max Ernst stesso.
Molti artisti hanno avuto a che fare con l’inconscio, l’incubo, il magico, il sogno, talvolta guidati da sostanze psicoattive (per la precisione, anche il vino è psicoattivo), talvolta solo attraverso una mente aperta al mistero.
Tuttavia, la codifica dell’arte psichedelica avviene con la diffusione dell’LSD-25, la sostanza psichedelica più potente del bigoncio e, non va dimenticato, legale sino alla seconda metà degli Anni Sessanta.
Il punto di passaggio sta in Ernst Fuchs, protagonista del Realismo fantastico viennese, amante del Simbolismo e non digiuno dalla ingestione di qualche “bottone” di Peyote; un notevole talento visionario, una tecnica superba. A Vienna, nella meravigliosa villa creata da Otto Wagner (e acquisita da Fuchs) si possono ammirare alcune sue importanti e inquietanti opere.
E, transitando lateralmente per le immagini impossibili di Maurits Cornelis Escher, si giunge al Gruppo USCO e a Mati Klarwein. Abbiamo scelto questi due protagonisti, ve ne sono altri di assoluta qualità, ma questo articolo non finirebbe mai, come un terrificante Bum Trip (così Lou Reed definisce un viaggio andato male, in uno dei suoi pezzi più belli e noti).
USCO E MATI KLARWEIN
USCO sta per The Company Of Us, un collettivo di filmmaker, tessitori, poeti, artisti, musicisti, tecnici elettronici, influenzati dagli scritti di McLuhan. Nel 1966, al Riverside Museum di New York, mettono in scena la prima mostra di arte psichedelica, naturalmente multimediale. Proiezioni di diapositive e film, caleidoscopi, oscilloscopi, reticoli motorizzati per la diffrazione della luce, luci stroboscopiche, ombre cinesi, incenso, suoni arcani, tape-loop e pareti dipinte con il sistema tie-dye (ossia tingere annodando, le vecchie magliette Anni Settanta ottenute candeggiando un tessuto colorato legato con spago ed elastici e ottenendo, in tal modo, disegni psichedelici radianti), il tutto per riprodurre gli effetti dell’LSD, un vero, micidiale, bombardamento sensoriale. La degenerazione della favolosa mostra di USCO altro non è che l’attuale sistema dei più sofisticati e milionari light show.
Mati Klarwein, amburghese, allievo di Fernand Léger e del citato Ernst Fuchs, autore di copertine leggendarie (Bitches Brew di Miles Davis, Abraxas dei Santana, per citarne due), pittore psichedelico, surrealista e contiguo al Realismo fantastico viennese, nel suo Grain of Sand realizza un cerchio inscritto in un quadrato di 183 x 183 centimetri in cui compaiono centinaia di figure, tra cui Marilyn Monroe, Ray Charles, Picasso, Anita Ekberg, Brigitte Bardot, Dalí, Vishnu, Ganesh, Rama, Wonder Woman, Socrate … Microcosmo e macrocosmo sono la stessa cosa. I suoi libri degli Anni Settanta, Milk and Honey e God Jokes, sono un classico dell’arte lisergica.
Il giorno 6 ottobre del 1966 il governo USA rende illegale l’LSD, presto seguito, al completo, dal mondo occidentale. Naturalmente, la lettura numerologica della data, che allinea tre sei, ossia 666, il numero della Bestia nella Apocalisse di Giovanni, non è mancata. La sintesi, illegale, dell’acido continuò, e supponiamo continui tuttora, realizzando pasticche e cartine dai nomi fantasiosi e pericolose varianti chimiche dell’acido, con tagli che vanno dall’amfetamina al lattosio. L’arte psichedelica subisce una breve battuta d’arresto, ma ritorna al volo, in una configurazione multitraccia che segna realmente una delle ultime Avanguardie del Novecento.
Qui, fatalmente, finisce la prima puntata di questo breve racconto, nella seconda e ultima parte entreremo nel cuore del mondo Hippie, Flower Power, del Freak Out, tra USA, Europa e un ricordo italiano. Un mondo che pare lontano eoni da noi, e, in effetti, lo è, ma in effetti lo è?
‒ Stefano Piantini
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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