Copie perfette dei marmi del Partenone affinché Londra possa restituire gli originali
Alla Tor Art, azienda di Carrara specializzata nella scultura robotica, è un braccio meccanico a raccogliere l'eredità dei grandi maestri e “sanare” le controversie internazionali: a cominciare da quella tra il British Museum e la Grecia
Tra la costa della Versilia e le Alpi Apuane, a pochi passi dalle bianchissime cave di Carrara, c’è un laboratorio dove un’abile mano scultorea crea copie perfette dei capolavori della storia. Una mano robot. È con macchine antropomorfe e scanner laser 3D, infatti, che la carrarese Tor Art recupera l’eredità dei maestri toscani dando vita, tra le altre opere, ai fregi del Partenone strappati due secoli fa dal tempio di Atena sull’Acropoli. Al centro di una lunga controversia internazionale, le sculture e i bassorilievi risalenti al 447-432 a.C. in marmo pentelico sono reclamati da anni dalla Grecia, che li riporrebbe in un museo ai piedi dell’Acropoli, ma questi restano ben ancorati al British Museum, dove si trovano dal 1817 su gentile omaggio di Thomas Bruce, statista scozzese e settimo conte di Elgin, e da cui non si sposteranno se non in prestito. Nel mezzo di questo stallo l‘Institute of Digital Archeology ha deciso di promuovere una loro ‘clonazione’, proprio come fatto nel 2016 con la ricostruzione dell’Arco Monumentale di Palmira, distrutto nel 2015 dall’Isis e presentato l’anno dopo a Trafalgar Square sempre con il supporto di TorArt.
LE COPIE MARMOREE: IL CASO PARTENONE
Nelle intenzioni del direttore esecutivo dell’Institute of Digital Archaeology, l’americano Roger Michel, le copie dovrebbero andare al British Museum per “incoraggiare il rimpatrio dei marmi di Elgin“, ha detto al New York Times: “Quando due persone vogliono la stessa torta, farne un’altra identica è una soluzione naturale“. Non che definire cosa sia “identico” sia un processo facile. Nonostante l’IDA abbia richiesto al British di poter realizzare gli scan del fregio con un permesso formale, il museo ha negato l’accesso: a quel punto il direttore esecutivo e la direttrice tecnica dell’istituto, Alexy Karenowska, sono dovuti andare nella Duveen Gallery (dove sono esposti i marmi) di soppiatto e armati di normalissimi iPhone e iPad con sensori Lidar e software di fotogrammetria per realizzare delle immagini digitali in 3D da fornire al robot-scultore della TorArt. Questo ha iniziato a lavorarci lo scorso 29 giugno, scolpendo una testa di cavallo a grandezza naturale che farà da prototipo per il modello finale in marmo pentelico. Il robot ha poi iniziato a ricreare una copia di un secondo marmo del Partenone: una metopa, o pannello scolpito, della Centauro machia, una mitica battaglia tra i Lapiti civilizzati e i centauri bestiali al banchetto nuziale di Peirithous e Ippodamia. Mentre questi primi fregi verranno completati per la fine di luglio ed esposti in una location di Londra ancora ignota, saranno realizzate altre due copie dei marmi che ripristinino la forma originale e il colore, rimediando a danni o errori fatti dal British, come la pulizia abrasiva realizzata alla fine degli anni Trenta (che ne asportò la patina superficiale): “Le nostre repliche avranno tracce di colore, soprattutto per quanto riguarda i toni della pelle“, ha detto Michel. La pittura, che sarà applicata a mano con l’assistenza di esperti greci, permetterà all’istituto di “immunizzarsi dalle critiche accademiche“. Un’accusa, d’altra parte, è già sorta: che l’attitudine dietro l’intervento, come già quella di Palmira, non sia a sua volta coloniale, vista l’assenza di consultazioni del popolo coinvolto (e i finanziamenti ignoti)?
L’AZIENDA SCULTOREA DI ECCELLENZA TOR ART
Specializzata in scultura, arte contemporanea e design nell’applicazione delle nuove tecnologie nella lavorazione del marmo, pietre e materiali duri, Tor Art è la creatura dei giovani imprenditori Giacomo Massari e Filippo Tincolini. Fondata nel 2004, la compagnia fonde metodi di lavorazione tradizionale con le più avanzate tecnologie, sopperendo a una manodopera sempre più carente (anche per gli indubbi rischi e difficoltà del mestiere). L’azienda specializzata, nata nella cava-museo di Fantiscritti, conta oggi venti dipendenti – nel 2019 ha persino creato la compagnia spin-off Robotor, che costruisce e vende gli stessi robot-scultori – e realizza progetti per artisti e designer del calibro di Amanda Lavete, Zaha Hadid, Maurizio Cattelan, Jeff Koons e molti altri, incluse collaborazioni museali che vanno dalla Gypsotheca di Possagno all’Hermitage.
– Giulia Giaume
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