Occhi puntati sulla pittura nella mostra di Davide D’Elia a Bologna
Una riflessione sulla pittura, la sua storia e la sua fruizione è il fulcro della mostra di Davide D’Elia al Museo Davia Bargellini di Bologna
Che il tentativo di tracciare una linea di congiunzione tra passato e presente, tra antico e contemporaneo, sia ormai una tendenza – non priva di rischi – assolutamente consolidata nell’arte di oggi è fuori discussione. L’intervento di Davide D’Elia (Cava de’ Tirreni, 1973) ne fa certo parte, senza tuttavia cadere in un anacronismo fine a se stesso: i lavori allestiti nelle sale del museo Davia Bargellini di Bologna vivono e trovano espressione nei contrasti che stabiliscono con lo spazio, con il loro referente, con alcune consuetudini della pratica pittorica stessa.
Davide D’Elia, FRESCO CALDO(4 dx), 2018, pittura antivegetativa su plexiglas. Photo © M3S Roma
LE OPERE DI DAVIDE D’ELIA IN MOSTRA A BOLOGNA
Da un lato, la serie FRESCO dialoga con la collezione, la quadreria in particolare, mediante scelte e accostamenti mirati, contestualizzandosi in un allestimento rimasto invariato da secoli. Dall’altro, l’azzurro vivace che domina l’intervento pare aprire uno squarcio tra epoche, annunciando per le opere un’invasione di campo apparentemente senza mezzi termini.
Eppure, i lavori di FRESCO sono di fatto immersioni nel passato; pitture ricavate da un ciclo di affreschi di un palazzo cinquecentesco a Todi, i cui riferimenti l’artista si impegna a celare e frammentare e che spetta al visitatore tentare, mentalmente e visivamente, di ricomporre. Nelle sue silhouette celesti D’Elia dà forma a una precisa idea di pittura: pittura che non rappresenta, ma presenta in negativo.
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‒ Enrico Camprini
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