Alla Reggia di Venaria la mostra dedicata ai videogiochi

Nel 2022 la Venaria Reale dedica una serie di eventi al tema del gioco. Come la mostra “PLAY. Videogame, arte e oltre”, costruita intorno all’esplorazione del videogioco quale “decima arte”

Se il videogioco sia arte è una domanda che in una forma o nell’altra circola quantomeno dagli Anni Ottanta. Il contributo più citato alla questione è quello del critico cinematografico statunitense Roger Ebert, che nel 2005 scrisse che i videogiochi saranno sempre inferiori a forme d’arte come cinema e letteratura, perché il videogioco è basato sulle scelte di chi gioca, e questo è “l’opposto” di quello che fanno libri e film, “che richiedono controllo autoriale”. Una visione limitata che esclude non solo il videogioco ma tutta l’arte interattiva, per esempio quella di Yoko Ono. Anni dopo Ebert avrebbe ammesso di aver espresso un giudizio troppo netto, e la migliore risposta alle sue obiezioni l’ha probabilmente data il libro Games. Agency As Art di C. Thi Nguyen, che descrive il fare giochi proprio come l’arte di definire, limitare e comunicare le possibilità di interazione di chi gioca: in questa progettata libertà di azione si manifesterebbe allora l’autorialità. Ma l’affermazione di Ebert ha generato polemiche e dibattiti, questi ultimi mai completamente risolti ma più che altro abbandonati per noia. Chiedete a qualsiasi sviluppatore, critico o giornalista che si occupa da tempo di videogiochi se essi siano arte e vi guarderà con sguardo terrorizzato, cercherà di evitare l’argomento, inventerà scuse per abbandonare la stanza. Magari dopo aver citato, nella speranza che questo chiuda definitivamente la discussione, il fatto che dal 2012 alcuni videogiochi fanno parte della collezione permanente del MoMA di New York.
Il dibattito si è un po’ spento anche perché i videogiochi non sentono più il bisogno dello status di arte: nel 2021, secondo Newzoo, la loro industria ha incassato 192,7 miliardi di dollari, in gran parte grazie a opere che non hanno alcun interesse a essere arte.

Play. Videogame, arte e oltre. SALA 12. Exhibition view at Reggia di Venaria, 2022. Courtesy Officina delle Idee

Play. Videogame, arte e oltre. SALA 12. Exhibition view at Reggia di Venaria, 2022. Courtesy Officina delle Idee

LA MOSTRA ALLA REGGIA DI VENARIA

PLAY. Videogame, arte e oltre cerca di indagare la questione lungo le sue dodici sale attraverso una serie di domande. Le arti influenzano i videogiochi? I videogiochi influenzano le arti? Contribuiscono alla formazione della nostra individualità? Sono spazi politici? Sono opere creative? Su ognuna di queste domande potrebbe essere costruita (e spesso succede) una mostra intera: nonostante un taglio che predilige il videogioco come cultura maschile, statunitense e giapponese, PLAY. Videogame, arte e oltre è una tempesta di stimoli, di possibili modi di discutere il videogioco, di esporlo e di affiancarlo alle arti più tradizionali. Ci sono packaging, video, dipinti, stampe, sculture, installazioni, bozzetti preparatori, video interviste, videogiochi giocabili.
Il videogioco Ico di Sony è per esempio accostato ai quadri di de Chirico, è possibile giocare a The Night Journey dell’artista contemporaneo Bill Viola, vedere opere come The Graveyard di Tale of Tales parlare di vita e morte, seguire il percorso creativo di figure come l’illustratore Yoshitaka Amano, collaboratore per la serie Final Fantasy di Square Enix, e provare come This War of Mine di 11 Bit Studios racconta la guerra dal punto di vista della popolazione civile. Notevole la presenza di Alter Ego di Robbie Cooper, una serie di coppie di grandi fotografie che mostrano ritratti di persone affiancati a ritratti dei loro avatar digitali.

Robbie Cooper, Lee Taek Soo _Crammer, 2006, giclèe print

Robbie Cooper, Lee Taek Soo _Crammer, 2006, giclèe print

VIDEOGIOCHI E ARTE

I curatori durante la presentazione della mostra hanno insistito sul fatto che non fosse loro intenzione dare le risposte agli interrogativi che pongono. In realtà sono tutte domande retoriche quelle che incontriamo nelle sale: la rassegna dà a tutti i suoi quesiti una chiara ed entusiasta risposta affermativa, e si esce con la convinzione che sì i videogiochi sono proprio arte. Ma sono passati vent’anni da Play – Il mondo dei videogiochi al Palazzo delle Esposizioni di Roma, la prima mostra europea dedicata al videogioco, diciassette dalle affermazioni di Ebert, dieci dall’arrivo dei videogiochi al MoMA, due da quella che è considerata la prima mostra di virtual photography in un museo italiano di arte contemporanea, e ora il videogioco pure in Italia ha guadagnato il diritto di accedere al credito d’imposta come il cinema, la videoarte e i videoclip. È un medium (e la mostra lo dice chiaramente) che ormai riguarda tre miliardi di persone al mondo. Viene il dubbio che oggi più che narrazioni rassicuranti e affermazioni sulla sua rilevanza servirebbe semplicemente trattare il videogioco, in effetti, come arte. Che vuol dire trattarlo anche con una certa serietà e una certa severità, con attenzione alle sue problematiche e alle sue contraddizioni, qui solo sporadicamente accennate nei pannelli informativi.

Matteo Lupetti

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Matteo Lupetti

Matteo Lupetti

Diplomato in Fumetto alla Scuola Internazionale di Comics di Firenze nel 2010, gestisce il collettivo di fumettisti indipendenti Gravure e scrive di videogiochi per varie testate italiane ed estere. È diplomato in sommelerie all’interno dell’associazione FISAR ed è direttore artistico…

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