Who Killed Bamby?

Informazioni Evento

Luogo
DOLOMITI CONTEMPORANEE - SPAZIO DI CASSO
Via Sant’Antoni 1, Erto e Casso, Casso, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
06/08/2022

ore 17

Curatori
Gianluca D’Incà Levis
Generi
arte contemporanea, collettiva

La mostra di Dolomiti Contemporanee per il 2022 a Casso. Una collettiva con 90 artisti che indaga criticamente la montagna contemporanea, nella forma accumulativa di una gran frana eterogenea, che precipita, che risale.

Comunicato stampa

Who Killed Bambi?
collettiva detritica
a cura di Gianluca D’Incà Levis

6 agosto - 31 dicembre 2022 - Spazio di Casso al Vajont

Opening: Sabato 6 agosto, ore 17.00
Spazio di Casso, Via Sant’Antoni 1, Casso (Erto e Casso, Pn)

Ore 18:00: Performance Ping Bambi, di A. Renzini e S. Passini
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Who KIlled Bambi è la mostra di Dolomiti Contemporanee a Casso, per l’estete/inverno 2022. Novanta artisti, nelle ex scuole, dal 2012 Nuovo Spazio di Casso, il centro di propagazione di DC dal Vajont. Una mostra-monstre, complessa, con oltre duecento lavori, che costituisce una rappresentazione plastica critica, caustica, ironica, accumulativa, dei temi propri della montagna. Delle sue frane, fisiche, culturali, di governance. Dei suoi valori e delle sue risorse, spesso violate, loro innocenti, proprio come il Bambi di Disney, tenerissimo stereotipo, qua lui ride con noi. Precipitare, slanciarsi, ed incrociare i flussi: non può che sortirne un effetto valanghivo.
Insomma, ecco un’immagine multipla e variegata della Montagna Scossa e dei suoi corrugamenti e sprofondamenti. Una mostra sovranumerica, compressa e distesa, come lo sono sempre - se non vogliamo esser superficiali, semplificativi - i temi e le pratiche nei loro intrecci, propulsivi o depressivi. Una mostra abrasiva e costruttiva al tempo stesso, ed è meglio far così, altrimenti non restan che gli arcobaleni postumi, e insomma il meteo.
Non si può generare un’immagine sintetica, della montagna. A meno che non si sia superficiali. Qui invece lo scavo è profondo, si sa, e si scava salendo. Infatti, non bisogna affatto cavare. Cavano i poveri e i tignosi. Invece bisogna aggiungere. Dire e fare le cose. Evitare di semplificare banalizzando. A costo di impallare, di accecare. D’altro canto, chi non vede ripete.
La mostra è ideata da Gianluca D’Incà Levis, sviluppata insieme agli artisti e alle persone con cui viviamo e lavoriamo.
Nella seconda parte di questo Comunicato è riportato il Concept di mostra.

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ARTISTI in mostra
Marta Allegri - Marco Andrighetto - Sara Antonellis - Gabriele Arruzzo - Ariele Bacchetti - Sergia Avveduti - Luisa Badino - Lorenzo Barbasetti di Prun - Thomas Braida - Tommaso Buldini - Roberta Busato - Michele Bubacco - Giulia Maria Belli - Antonio Bardino - Gino Blanc - Ludovico Bomben - Giovanna Bonenti - Simone Cametti - Valentina Cima - Anica Huck - Cristina Calderoni - Stefano Caimi - Emanuele Caprioli - David Casini - Nina Ćeranić - Luca Chiesura - el gato chimney - Rudy Cremonini - Nanni De Biasi - Paolo De Biasi - Fabiano De Martin Topranin - Veronica De Giovanelli - Fabio De Meo - Gianni De Val - Barbara De Vivi - Nebojša Despotoviċ - Davide Dicorato - Bekhbaatar Enkhtur - Nicola Facchini - Alice Faloretti - Flavio Favelli - Pierpaolo Febbo - Fotoromanzo Italiano - Enej Gala - Riccardo Giacomini - Andrea Grotto - Fabio Guerra - Silvia Hell - Manuela Kokanovic - Bogdan Koshevoy - Evelyn Leveghi - Silvia Listorti - Matilde Lucini – Lorenzo Lunghi - Davide Mancini Zanchi - Stefano Maniero - Jožko Markič - Tiziano Martini - Vanja Mervič - Stefano Moras - Anna Marzuttini - Ludovico Orombelli - Alessandro Pagani - Mattia Pajè - Sebastiano Pallavisini - Laurina Paperina - Anna Poletti - Carolina Pozzi - Brando Prizzon - Penzo & Fiore - Luigi Regianini - Andrea Renzini - Filippo Romano - Davide Serpetti - Alan Silvestri - Luka Širok - Alberto Scodro – olmo g. stuppia - Kristian Sturi - Ivana Spinelli - Fabio Tallo - Mario Tomè - Rob Van Den Berg - Aleksander Velišček - Giuseppe Vigolo - Andrea Visentini - Andreas Zampella - Francesco Zanatta - Federico Zamboni - Maria Giovanna Zanella.

Fanno la mostra: Gianluca D'Incà Levis, Nina Ćeranić, Lorenzo Protti, Elena Maierotti - Ariele Bacchetti, Valentina Cima, Fabio Balcon, Paolo Dal Pont, Giacomo De Donà.
Orari e date
Agosto: da martedì a domenica, 10:00-13:00 e 15:00-19:00

Settembre: da mercoledì a domenica, 10:00-13:00 e 15:00-19:00

Ottobre: sabato e domenica, 10:00-13:00 e 15:00-19:00
Ottobre/dicembre: aperta su prenotazione, anche per scuole e gruppi
Partners: Paper & People, Tabacco Editore, Acqua Dolomia, Lattebusche, Grappa Nonino, Caffè Bristot, Speck Unterberger, Panificio Marcon, Birra Dolomiti, Vini Biasiotto, Minoter, Idrotermolux.
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La mostra è parte del programma dei Dolomiti Days 2022, iniziativa promossa dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, e si realizza in collaborazione con la Fondazione Dolomiti Unesco e insieme al Comune di Erto e Casso.

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Concetto franoso, detritico, accumulativo, critico e propulsivo.
chi ha ucciso bambi?
bamby.
bambaei.

bambi è l'innocenza della montagna, diciamo.
uno stereotipo dolce, per bambini, ed anche per adulti superficiali, insensibili, egoisti: che si accontentano.
una robetta semplice e tenera e rassicurante, sorride il pupo: tu pompa i gadget e vendi tutto, mi raccomando, gran croupier della muntagna.
la realtà è più complessa, e la montagna non è sempre ben trattata, nè ben pensata, nè ben scritta.
è uno spazio sciatto perlopiù, trascurato e degradato, depotenziato e persin negato nelle sue ragioni scoscese: non certo una cosa innocente per i pupi.
e nemmeno un luogo semplice e puro, fatto di poche cose sane o sacre, a cui ispirarsi per redimersi; dalle concupiscenze, dalle velocità, dalle reificazioni e spoliazioni dell’essere etcetera. tutte nenie e moine e balle queste, un po’ come le cartoline tridimensionali con le marmotte che ridono; son sempre propugnate, ste insulsaggini commerciate, dai superficiali semplficativi. altro che cavare, è necessario il contrario: occorre aggiungere. alle cose va aggiunto il senso, ad esempio, che però cambia in continuazione. il significato è nel processo e nella pratica, mica basta piallare la tavola: essa va esplosa. all’opera (nell’opera, va aggiunta la critica). alla banalità, il fuoco. e così via, per l'appunto, anzichenò.
tutta DC non è che un'obiezione, radicale e costruttiva e ampia e articolata, alla montagna d'idiozia e ai suoi infantilismi fallimentari e deteriori, culturali, politici, di visione (carente, assente), di governance, di progetto, di sensibilità, etcetera.
in effetti, mentre qua si spartiscon la torta, pastin & polenta, noi ci occupiamo delle ingenti ruine, ignorate dagli orbi.
la rigenerazione culturale, artistica, del patrimonio, del paesaggio destituito, è un'opzione rivoluzionaria, rispetto agli status quo paludati, ai trend approssimativi, alle risorse tradite, alle incapacità di farle rifluire, al turismo monocultura manipolatrice, ai poveraccismi portunistici, e così via.

lavoriamo con l'arte contemporanea, slurz.
la rigenerazione è una parte della cura/curatela nostra.
si vuol dire e fare la verità, non c'è fretta nè bramosia alcuna (molti vogliono farsi la montagna), nè c'è tempo per gingillarsi, crogiolarsi, ripetere.
quindi tenere carezze, e randello chiodato.

Who Killed Bambi, lo sai, è anche questo pezzo dei Sex Pistols, del '78.
viene da un album semipostumo, The Great Rock,'n'roll Swindle.
la grande truffa del r'n'r.
lo usiamo ironicamante.
assai seriamente.
Murder murder murder
Someone should be angry
The crime of the century
Who shot little Bambi
Never trust a hippie
'Cause I love punky Bambi
I'll kill to find the killer
In that rotten roll army
All the spikey punkers
Believers in the ruins
With one big shout
They all cry out
Who killed Bambi?

e dunque, applicandolo qua.
The Great Mountain Swindle.

percui il punk è un'opzione igienica-costruttiva.
uno scherzo, ma anche una cosa seria.
di vita.
di amore.
di pulsione e sensorialità.
di pensiero, certo, annegato nell'antipensiero (che è meglio, se hai pensato e studiato poco: è il massimo di ciò che ti puoi permettere).
di morte.
l'avevamo detto&fatto già.
l'opzione architetturale del punk.
uno spasmo classico, di canone e igienizzante: altro che destruenza.
qualcuno ricorderà quella lecture, tenuta al polito, che intitolammo Punk Is Not Dead.
de rossi mica è scemo o un un architetto di legno lui, capì subito lui (con silvia), ci scherzammo su insieme. anche qui, lo facciamo. assai seriamente.
quel testo spiegava l'attitudine rinnovatrice attribuita a questa accezione di punk, sissignore, costruttiva.
se scali la chiesa di borca o la usi come un #pangellner, come non piace agli architetti rigidi inchiodati orizzontali, per loro sei blasfemo: chissà che si sveglino.
nel frattempo continuano perlopiù a contemplare, schematici agiografi indispettiti, e non muovono un dito (se non per far 'na foto all'indietro).
a ciò si contrappone: un'operatività antisclerotica, che è una visione ed una pratica, mica una teoria.
anche l'arrampicata, in ciò, è punk.

la mostra quindi: non è una mostra punk, il titolo è suggerimento, pretesto, metafora, una carezza, un randello.
il punk è la dolcezza dei sensibili traditi.
i ramones erano dolcissimi e feriti, joey in particolare.
come bambi e uno scoiattolo schiacciato.
e come la montagna franata dall'uomo: nell'incapacità insensibile c'è una gravità ben maggiore che nella fisica.

una mostra densa, superdensa, ottanta artisti.
tutto pieno, wunderkammer? (usate sempre le stesse parole, sembrate i romani).
che tiene e porta: un carattere detritico.
i detriti della montagna sono i suoi cocci veri, traguardati dall'ironia critica.
un'accozzaglia di immagini dolci e trash, rimescolate, affastellate, rimasticate, metabolizzate e risputate, questo bolo qua lo controlliamo scientificamente, non è uno spurgo automatico, ecco che se n'esce un getto potente, lo canalizziamo, te lo spariamo, è un fluido crudescente ignivomo.
può esso venir proiettato nelle bocche sdentate, come il plasma nucleare (atomic breath) di godzilla?
no.

una specie di poetizzazione del detrito, che è anche un'immondizia, ovvero il cattivo pensiero e la cattiva pratica della montagna.
l'immondizia intesa letteralmente, come la scoazza plastica lasciata dai turisti in crocs pei sentieri sconciati o nei tersi laghetti alpini?
non esser banale vai oltre.
i complessi detritici si sormontano, come due onde intrecciate, gli ammassi son di due tipi, compenetrantisi: i mucchi sconci (brandelli resti e lacerti), le masse cariche, psichiche, plastiche (nuclei in fusione e fulcri splosivi e apparati vascolari aerei a tramare istoriandoli i cieli azzurri e sangue azzurro nei letti e pugnali aurei fricati che scalmano i brani dei corpi dell'ispirito etcetera.
i due insiemi fan la realtà bicefala, scegliere la propria lingua e tenerla bagnata.

immagina: su di essa montagna, che qui concentriamo nella lastra snudata del Toc, compare un enorme bambi luminscientifico. una projezione di un chilometro, e quindi.
la lucciola cosmica in terra.
l'innocanza tradita, ora è tutto evidente, no?
questa immagine forte serve forse (se si svegliano) a preludere.
preludere a cosa?
all'operazione sulla diga con two calls e nacciarriti, che vorremmo ultimare nel 2023 (se si svegliano).
a rilanciare dunque ceraunii il cantiere trasformativo del paesaggio contemporaneo

bastan le luci a ridestar qualcosa?
no.
si proietta lo stereotipo calmierante d'un bambi gigante.
mentre nella notte s'accende questa banale gran dolcezza smodata, a casso si suona duro: smodato?
siccome abbiamo del pudore ancora, niente sinfonie della tragedia.
metal-bamby, ed eccoci.


la mostra è detritica perchè porta i frantumi dell'alpe, come arti o archi di flutti gorgonizzati resti sbattuti e lasciati in battigia e l'onda ritirata e lo scheletrimento atomico del corpo smembrato (detritico è a grappolo).


non c'è un tema polemico avanti a tutto, nè un'ideologia ambientalista, nessuna di queste ovvietà declamatorie del risentimento, spesso superficiali e banali: ma invece, la dimensione di un allestimento accumulativo, posato (rilasciato), mica isterico ultraffabulatorio e assertivo, che si costruisce come un pieno: denso nei noccioli, rado nel ritmo, una foresta spaziata.
la natura e il cemento (contra l'invadenza, beton '82, eine erregung '84). 



diciamo qualcosa della logica della formalizzazione degli accumuli?

al pianterreno non ci son più (c’erano nell’idea iniziale, che non prevedeva novantartisti) quelle tende d'accampamento un poco sfatto, campo base, da cui si voleva intraprendere l'ascensione.
forse là ci sarebbe stato anche un artista a dormire o leggere, qualche volta.

al primo piano, tutta la pianta non è più smangiata dal pratino verde sintetico: la mostra monstre si è fatta autoallettante, scene e coreografie le abbiamo apprezzate mai comunque: bandite. i 
vialetti 'tagliati, dolci e sinuosi, tutti scomparsi.
sul verde sarebbero state le opere?

a sbrancate, a mucchi.
i materiali cumulati, come le necromasse di schianto di vaia ad esempio (tempesta vaia è inclusa nella mostra: tempesta vaia è un evento a carattere distruttivo-detritico-accumulativo, da cui dc ha tratto un altro alberordigno a frammentazione semantica, formalizzante: cantieredivaia.
ti paion tanti? li abbiamo limitati persino, questi sedimi.

ora i lavori riempiono lo spazio, a terra e sui muri, senza saturarlo, riflessiva questa radura, fitta nei semi e non nella franda; questa ritmica rada foresta. 

il detrito è il soggetto, non l'attore.
i tematismi, i luoghi, le idee: catalizzati, recano altri ordini e strati, come nella pezzatura dei ghiaioni, dai gran massi alle polveri arcobaleno.
le opere?
sculture, installazioni, quadri, materieli, etcetera, non stan più infisse nei mucchi di materiali organici e sintetici, la loro terra ora il cemento.
spariti banditi i trecento funghi FASULLI, che avevamo immaginato in scena.

qui non c'è scena c'è un campo.
ogni campo è di lavoro o magnetico.
qui il lavoro è magnetico: i pezzi lasciati in terra, e alcuni se ne escono dallo spazio, e van nel paese e d'attorno, al bar da luigina, da teresa, oppure là.
se si sale al secondo piano dello spaziuccio, l'accumulo era alle pareti. avevamo detto: 100 palchi di ungulati installati a parete, gran banchetto fossile della caccia COA-CERVO, o a far na dorsale d'accumulazione scheletrica al centro: l'abbiamo tolti, e anche qua vengono nudi i lavori e stanno (imparare a stare).
abbiamo tolto tutto.
abbiamo lascito qualcosa e tu devi scavare.
o vieni in miniera o ti spediamo nel piombo.

un suono disegna nello spazio; schianti, alternati a jodel e cori di montagna, a pezzi punk, versi di uccelli e ungulati, cristopher che sugge il latte (lattepiù) dal bibo, mille robe, rocce che precipitano, altre satn su o volitano nell'acqua, un poeta gentile: suono pervasivo, alternato a silenzi lunghi.

nelle salette video facciamo il formaggio, la vacca è un detrito.
la mostra non tiene i rapporti consueti di rispetto spaziale tra le singole opere, dato che è un'accumulazione, fors'anche non un'ingroppata di massa, se puoi capire.
niente piedistalli, siamo contro ai monumenti, oltrechè all'esposizione.
questo è più che altro un campo di mine croccanti e di biglie critiche ad innesco.
le opere che han bisogno di tre metri attorno e di una prospettiva pulita netta di sala?
qui no. 

le opere si scopano anche, qualche volta e per chi vuole, se uno o più artisti vogliono, una con l'altra.
nella visione complessiva, si tiene una misura, non un caos. 

cosa possiamo dire: ogni opera buona è un'opera salva e preziosa in sè, e l'allestimento non erode la qualità singole.
tanti non uccide uno, monisti e dualisti accaghè.
i nuclei stanno-insieme-nella-frana, e fanno il cielo dello spazio, guarda il cielo di notte e conte i detriti siderali.
senza ingropparsi. 

ogni artista ne ha invitato un altro (?), perchè quest'altro pur è bravo, o per altri motivi. 
ogni artista poteva invitare la zia o il nonno, infatti enej porta il nonno.

in una voliera del genere, bisogna saper allestire l'uccelli.
niente dito congelato di messner, forse, ma bisogna aspettar tomè, che però forse invece fa il bar con gino, non si sa.
il foglio monstra è un libro di cento pagine: per capir tutto devi leggerlo. tempo consigliato di visita della mostra: quattordici giorni (g. d’incà levis, marzo/luglio 2022).