“Food is Identity”. Al via in Puglia Yeast Photo Festival
Fino al 18 settembre prossimo, a Matino, in provincia di Lecce, va in scena la prima edizione di Yeast, festival internazionale che unisce fotografia, cibo e arti visive
“Yeast, ovvero lievito, in inglese: una parola per evocare fermento culturale, forza creativa e generativa, storie ribelli che sprigionano energia visionaria connessa alla terra, all’etica del lavoro e al rispetto per la natura.” Parte da questi temi Yeast Photo Festival, la kermesse diffusa organizzata per la prima volta a Matino, nell’entroterra di Gallipoli, nata per ripensare il rapporto tra uomo e ambiente e per riflettere su nutrimento, tradizione, stili di vita e climate change. Il prende infatti vita a partire dall’esperienza di Yeast Stories, progetto di visual storytelling nato durante la pandemia e che nel corso del 2021 ha raccontato – attraverso lo sguardo dei fotografi Flavio & Frank e del videomaker Gabriele Surdo – il “buono” della Puglia, puntando l’obiettivo su personaggi locali protagonisti di biodiversità, hospitality e e(t)nogastronomia. I 54 ritratti ottenuti, confluiti nella mostra omonima ospitata nel Palazzo Marchesale – donne e uomini che hanno scommesso su sé stessi attraverso la loro terra e che sono diventati modelli a cui ispirarsi – sono parte del ricco palinsesto messo a punto dalle associazioni culturali Besafe e ONTHEMOVE, con la direzione di Veronica Nicolardi, Flavio & Frank e la curatela artistica di Edda Fahrenhorst. Ad animare fino al 18 settembre il borgo salentino, dibattiti, concerti, incontri e 8 mostre in 5 luoghi inusuali – il Palazzo Marchesi dei Tufo, la Chiesa della Pietà, l’aranceto Canale Universo, l’ex macelleria “NAU” e il Frantoio Ipogeo di via Carlo Alberto – allestite dallo studio di architettura leccese Valari.
IL TEMA SCELTO PER LA PRIMA EDIZIONE DI YEAST
Filo conduttore del festival? Il cibo come identità. E le molte, moltissime, domande ad esso correlate: in che modo gli esseri umani sono legati al cibo? Cosa implica produrre alimenti per un numero esponenziale di consumatori; o cacciare e pescare solo a fronte del proprio fabbisogno? Cosa si prospetta in un futuro in cui la sfida sarà quella di nutrire quasi 10 miliardi di persone?
Il cibo fa appello ai nostri sensi ed è un’esperienza insieme individuale e collettiva, ma ha molte cose in comune con la fotografia: comunica, emoziona, unisce, divide. Spiega a proposito la curatrice tedesca Edda Fahrenhorst: “Gli esseri umani sono plasmati dalle tradizioni, dalle preferenze e da ciò che li circonda. Di conseguenza, anche ciò che le persone mangiano è parte integrante della loro individualità e della loro identità. È proprio questo che racconta il primo capitolo del nuovo Yeast Photo Festival e che il sottotitolo, ‘Food is Identity’, rivela.” “Alla stessa maniera del cibo” – prosegue – “anche la fotografia fa appello ai nostri sensi e scatena le emozioni con la medesima rapidità con cui sfida l’intelletto. La fotografia racconta storie e rivela corrispondenze. Può essere politica e sostenere un’opinione forte, può aprire mondi di emozioni e visualizzare idee così come atteggiamenti, deduzioni o sogni”.
LE MOSTRE DI YEAST: UNA PANORAMICA
Tra i progetti in esposizione, Fastidiosa dell’italo francesce Jean-Marc Caimi con Valentina Piccinni, progetto documentario durato oltre sei anni che racconta l’epidemia di Xylella, il parassita degli ulivi che ha già causato effetti devastanti sull’economia europea e sul patrimonio rurale pugliese. Un lavoro complesso, iniziato nel 2016 e diventato un libro, in cui gli autori hanno fotografato la Regione condividendo la vita quotidiana degli agricoltori negli uliveti. Le contraddizioni del capitalismo globale e il suo effetto sulle pratiche nomadi degli abitanti locali sono al centro di Ice Fishers, indagine del famoso fotografo Aleksey Kondratyev focalizzata su come gli imballaggi stiano cambiando il modo in cui i pescatori kazaki affrontano la pesca sul ghiaccio, sfidando temperature molto rigide e proteggendosi con pezzi di plastica trovati all’uscita dei mercati. La fotoreporter norvegese Ingerid Jordal invece, con la mostra She Hunts – ospitata in una macelleria dismessa da 25 anni ma rimasta perfettamente intatta, con ganci, coltelli e libri contabili – prova a raccontare cosa significhi essere una donna cacciatrice: il progetto è iniziato dopo aver visto su Facebook l’immagine di una sua amica ripresa su un grosso esemplare di renna appena abbattuto:“In vista della mia primissima caccia all’alce ero nervosa, ma quando poi ho sparato, sono rimasta sorpresa dalla mia determinazione: ero completamente concentrata, solo che dopo ho perso del tutto la testa”.
I Bishnois – comunità ecologista del Rajasthan che da oltre 500 anni ha fatto della conservazione della fauna il proprio obiettivo principale seguendo i principi stabiliti nel Quattrocento dal Guru Jambheshwar – sono al centro dell’indagine di Franck Vogel, fotografo francese specializzato in questioni riguardanti le risorse idriche, l’ambiente, il clima e le tematiche sociali. Nel bellissimo aranceto terrazzato è invece allestita In Her Kitchen di Gabriele Galimberti, che sceglie di declinare il tema del festival entrando nello spazio intimo della cucina di nonne di tutto il mondo per scoprire piatti preparati con amore e mostrare la varietà di tradizioni culinarie locali. Future Food, dei giovanissimi Francesco Rucci e Francesco Marinelli, è invece un viaggio nell’evoluzione del cibo del futuro, da laboratorio, che mira a rispondere a un problema sempre più cocente: sfamare una popolazione in crescita esponenziale. Da segnalare, infine, la collettiva About Food?, realizzata in partnership con »horizonte zingst« Environmental Photo Festival e GEO Magazine, con la curatela di Edda Fahrenhorst e Lars Lindemann. La mostra comprende la serie One Chicken di Manuela Braunmüller, che, attraverso fotografie di ogni osso dello scheletro dell’animale invita a riflettere sul nostro rapporto con gli oltre 58 miliardi di polli macellati ogni anno; i ritratti di I Am Fat di Marie Hald, con giovani donne scandinave orgogliose di non volersi più vergognare dei loro corpi grassi; Plates di Walter Schels, che dopo l’esperienza delle ristrettezze della guerra fotografa piatti vuoti, malinconici, ripuliti da ogni avanzo; Nsenene di Michele Sibiloni, racconta le difficoltà, a causa dei cambiamenti climatici, di catturare le cavallette – preziosa fonte di proteine – per le popolazioni dell’Uganda; e infine Contemporary Pieces di Rebecca Rütten, in cui la fotografia trasfigura dipinti rinascimentali pieni di cibo da fast food saturo di grassi, ironia, erotismo e denuncia.
– Giulia Mura
Fino al 18 settembre
Matino (Lecce)
www.yeasyphotofestival.it
IG: @yeastphotofestival
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