La performance di Nico Angiuli nel nuovo centro per l’arte in Puglia
Entra nel vivo l’attività di Donnapaola Arts Farm, il nuovo centro per l’arte nel cuore della Murgia, dove creatività e approccio ecologico vanno di pari passo. Ne abbiamo parlato con il curatore Marco Scotini
Continuano le attività di Donnapaola Arts Farm, il Centro per l’arte e la biodiversità ambientale della modern farm ideata dall’ingegnere Vito Labarile, nel cuore della Murgia. Domenica 21 agosto, alle 18.30, Marco Scotini, curatore del Centro con la direzione artistica di Antonella Marino, presenta il nuovo lavoro dell’artista Nico Angiuli (Bari, 1981), tappa conclusiva di una ricerca sviluppata su tre assi d’intervento. La prima fase è stata avviata, a fine giugno, con il convegno internazionale Ecologie del margine, ed è poi proseguita con Interchange, progetto tra Italia e Romania firmato da Nico Angiuli ed Emanuela Ascari per gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bari, articolato in una doppia residenza, la prima a Brădet, nei Carpazi, e la seconda a Donnapaola. Al centro dell’indagine, il tema dell’abitare, con esperienze artistiche di auto-sostenibilità agricola e ambientale per ripensare le risorse naturali, umane e storiche del territorio. Nel terzo step, Nico Angiuli si connetterà alla realtà paesaggistica e produttiva dell’azienda con la performance Le Mura di Rozafa (in collaborazione con la giovane artista Michela Rondinone) e con un’azione plurale che impegnerà il pubblico al tramonto. Obiettivo: diventare paesaggio con corpi distesi a formare una linea umana mescolata in un’unica materia vivente con il contesto.
Dell’evento di domenica e del futuro di Donnapaola Arts Farm abbiamo parlato con il curatore Marco Scotini.
INTERVISTA A MARCO SCOTINI
L’appuntamento con Nico Angiuli è il punto di arrivo di un progetto complesso, di che cosa si tratta nel dettaglio?
Lo scorso giugno abbiamo inaugurato l’attività di Donnapaola Arts Farm con un seminario di due giorni dedicato alle ecologie del margine. Sono intervenuti artisti con una esperienza internazionale sul campo, oltre a curatori, architetti, esperti di botanica e operatori locali. Artisti agro-ecologisti come Fernando Garcia Dory e Wapke Fenstra sono quest’anno a Documenta, altri come Urbonas provenienti dal MIT, altri ancora attivi in differenti aree pugliesi. Con il termine ‘margine’ abbiamo fatto riferimento a un contesto fisico (la Puglia, il bordo territoriale) e – allo stesso tempo – epistemologico (i limiti dei nostri saperi).
Con il termine ecologie, invece, abbiamo voluto sottolineare la molteplicità degli ecosistemi a cui abbiamo fatto riferimento. L’apporto di Nico Angiuli, in questo caso, interviene a livello di ecologia sociale e dei processi migratori.
In quale modo?
L’azione performativa e collettiva Le Mura di Rozafa è l’ultimo e terzo intervento proposto a Donnapaola da Angiuli. La presenza dei muretti a secco di pietra bianca, che è un tratto caratteristico di tutto il territorio, oggi è il segno non solo delle recinzioni o dei margini territoriali ma fa riferimento a un’altra marginalità: quella delle maestranze albanesi attive ormai da venti anni nel contesto di Bari e non solo. Il tema al centro dell’azione di Angiuli si ispira a una struggente leggenda albanese di un fantomatico castello le cui mura, erette durante il giorno, crollano di notte. Per questo è richiesto il sacrificio di qualcuno e si presta a essere murata viva una donna e una madre di nome Rozafa. Chiede solo che nel muro vengano lasciate delle brecce per il seno e una mano in modo da poter continuare ad allattare il figlio.
GLI OBIETTIVI E IL PROGRAMMA DI DONNAPAOLA ARTS FARM
Le attività del Centro sono partite, appunto, con il convegno Ecologie del margine su temi come l’auto-governo dell’ambiente, il riconoscimento della diversità dei viventi, in linea con il pensiero neo ecologista. Cosa è emerso?
Quello che è emerso è relativo alla ricerca di una metodologia d’intervento. Io preferisco parlare della ricerca di una nuova epistemologia che superi le separazioni moderniste. Il nostro sapere occidentale non si è costituito soltanto a partire dalla separazione originaria tra natura e cultura, ma da una serie infinita di dualismi (storia e geografia, donna e uomo, centrale e marginale, tecnici e non esperti, ecc.). Il fatto di poter partire da una realtà situata come quella delle Murge presso Altamura può diventare l’occasione di superare forme teoriche astratte per misurare le possibilità aperte di intervento sul campo. D’altra parte, Donnapaola Arts Farm è un progetto a lungo termine e questo lo trasforma in un campione da testare. Siamo circondati da ottime figure che da anni si misurano con questo tema. Al contrario ormai musei, esposizioni ecc. promuovono solo una criminale improvvisazione. Potremmo affermare che la moda, come tale, è antiecologica?
Come proseguiranno le attività e con quali obiettivi?
Gli obiettivi sono quelli di creare una maglia di interventi, anche permanenti, connessi tra loro e di lasciar sedimentare differenti ricerche per cui sono stati pianificati un programma di residenze, la formazione di archivi botanici, zoologici, minerali, antropologici, così come l’apertura di spazi per laboratori. L’idea è quella di una coralità di azioni e saperi che partano dalla constatazione di un deficit disciplinare per aprirsi a modelli di intersezione e interdipendenza, oltre l’idea modernista e verticista dei saperi autonomi.
Che ruolo ha Donnapaola Arts Farm in rapporto alle linee di ricerca attuali, post-Antropocene per intenderci?
Il ruolo che Donnapaola intende acquisire è piuttosto ambizioso. Fin dal primo incontro si è trattato di istituire una piattaforma in cui esperienze a varie latitudini del mondo si potessero confrontare con altrettante esperienze sviluppate negli ultimi anni a livello locale. Una prima articolazione dalla quale abbiamo iniziato l’intero percorso è stata quella di capire dove un modello stanziale come quello rurale e un modello nomade come quello che abbiamo definito dell’“abbandono” avrebbero potuto incontrarsi o divaricare. Siamo lontani da riproporre una modellizzazione neoarcaica del rurale quanto da una sua versione ipertecnologica, come vorrebbe la parte egemonica del pensiero contemporaneo. Se non si esce dai famosi “dualismi” e dalla “Scienza di Stato”, come dicevano Deleuze e Guattari, è meglio abbandonare qualsiasi aspirazione ecologista. Sarebbe più leale per tutti.
‒ Marilena Di Tursi
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