I dimenticati dell’arte. Giuseppe Cavalli, l’avvocato-fotografo
Capace di trasformare soggetti banali in scatti luminosi, Cavalli ha contribuito alla storia della fotografia italiana del secolo scorso. Qui ne ripercorriamo una storia troppo trascurata
“Noi crediamo alla fotografia come arte”. Così scrive Giuseppe Cavalli (Lucera, 1904 – Senigallia, 1961) nel manifesto del gruppo La Bussola, fondato nel 1947 a Milano insieme ad altri artisti come Mario Finazzi, Ferruccio Leiss, Federico Vender e Luigi Veronesi. Il leader del movimento era nato a Lucera nel 1904, figlio dell’avvocato Daniele, di una nobile famiglia di proprietari terrieri, e di Mariannina Cairelli, e fratello gemello di Emanuele, con il quale rimarrà legato tutta la vita. I Cavalli si trasferiscono a Roma nel 1921, e nella Capitale Giuseppe termina gli studi al liceo classico e si iscrive a Giurisprudenza per laurearsi nel 1929. Dopo aver fatto pratica in uno studio legale nel 1935, decide di vivere a Senigallia, dove lavora come avvocato senza però rinunciare alla sua grande passione, la fotografia. Ma Giuseppe non è solo un fotografo: si appassiona alle questioni di analisi estetica del linguaggio dell’obiettivo, grazie anche al rapporto con il fratello, pioniere della pittura tonale. Istanze di purezza ed essenzialità che Giuseppe riporta nella fotografia, prediligendo soggetti come le nature morte, vicine come rigore compositivo alle tele del fratello.
LA STORIA DI GIUSEPPE CAVALLI
Cavalli è un uomo di cultura, suona il pianoforte e legge i classici greci e latini e i romanzi di letteratura straniera dell’Ottocento, oltre alle poesie di Leopardi; non è un caso che rifletta sui rapporti tra pittura e fotografia insieme al fratello, che vive a Firenze, e ad altri artisti toscani come Vincenzo Balocchi, Alex Franchini Stappo e Giuseppe Vannucci Zauli. La vocazione critica si rafforza ulteriormente nel 1942, quando pubblica Otto fotografi italiani d’oggi, che assume il tono di un manifesto per un’estetica della fotografia, lontana sia dalla retorica fascista che dal pittorialismo romantico, che porta avanti un modello di immagini pure, severe e rigorose. Uno stile legato a un’idea di “geometrismo” della struttura della fotografia, affidata a soggetti spesso banali, ritratti da Cavalli in immagini di grande luminosità, che all’estero hanno subito successo e vengono battezzate “mediterranee”. Uno stile condiviso con gli amici Vender, Finazzi e Leiss, che viene riassunto nel testo programmatico de La Bussola, pubblicato sulla rivista di fotografia Ferrania, con queste parole : “Chi dicesse che la fotografia artistica deve soltanto documentare i nostri tempi, commetterebbe lo stesso sorprendente errore d’un critico d’arte o letterario, che volesse imporre a pittori o poeti l’obbligo di trarre ispirazione da cose ed avvenimenti determinati e solo da quelli, dimenticando, con siffatta curiosa pretesa, l’assioma fondamentale che in arte il soggetto non ha nessuna importanza (…) il documento non è arte; e se lo è, lo è indipendentemente dalla sua natura di documento (…). Adoprarsi per la divulgazione di queste idee, affinché si giunga a diffondere tra i fotografi un credo estetico valido è il compito che si prefiggono i componenti del gruppo La Bussola”.
CAVALLI E LA FOTOGRAFIA
Forte delle sue idee e del successo ottenuto, Cavalli fonda e dirige nel 1954 a Senigallia l’Associazione Fotografica Misa, alla quale aderiscono alcuni giovani fotografi come Mario Giacomelli, Ferruccio Ferroni, Piergiorgio Branzi e Alfredo Camisa. “Quando mi appassionai molti anni fa di fotografia [mi resi conto] che essa aveva, sì, fortissime possibilità di espressione”, scrive Cavalli nel 1955, “ma, salvo le solite eccezioni onorevoli, i fotografi italiani erano in condizioni di notevole inferiorità rispetto ai cultori delle altre arti in quanto a gusto e a studio”.
Oggi le sue fotografie sono conservate al Museo d’Arte Moderna, dell’Informazione e della Fotografia di Senigallia, la città che nel 2021 ha dedicato all’artista e al fratello Emanuele la mostra Diverse solitudini. Giuseppe ed Emanuele Cavalli fotografi, curata da Angela Madesani.
‒ Ludovico Pratesi
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