L’architettura e il design non sono mai stati così vicini. Le due discipline, strettamente legate al mondo della progettazione, vengono spesso chiamate “cugine”, i campi d’azione delle loro materie sono detti “territori di confine” e si soppesa accuratamente ogni singolo vocabolo che ne determini le distinzioni. Ma, a ben guardare, la progettazione in campo architettonico e nell’ambito del prodotto non presenta grandi differenze. Certo, una casa non sarà mai un oggetto (e viceversa!), ma le problematiche che il progettista deve affrontare e il modus operandi non sono così distanti. Superfluo è forse ricordare che i grandi maestri del design contemporaneo sono architetti e in passato i grandi maestri dell’architettura moderna hanno progettato gli edifici, sì, ma anche i mobili che li arredavano. Insomma, meglio sottolineare ancora una volta come questo confine tra arte e design sia più impalpabile di quanto si pensi.
I fatti, peraltro, ci danno ancora una volta ragione: ha inaugurato il 12 giugno un nuovo spazio culturale dedicato, in egual misura, al design e all’architettura contemporanea. Stiamo parlando della Fondazione Bisazza, dell’omonima azienda leader nel campo del mosaico, che ha aperto le porte della sua sede di Montecchio Maggiore. Per gli architetti, ed esperti di settore, il nome equivale a garanzia di qualità, tanto che, in gergo, non si dice più “mettiamo un mosaico”, bensì “un Bisazza”: il nome del brand ha sostituito quello del prodotto, come la Nutella, il Post-it o lo Scottex.
Per i designer che arrivano dall’architettura, utilizzare le tessere di mosaico per un oggetto è sempre stata una sfida, oltre che un piacere. Per questa duplice ragione, negli ultimi anni, l’azienda vicentina ha collezionato sia progetti di architettura, di interni ed esterni, sia oggetti di design, realizzati con i mosaici e firmati da grandi nomi dell’architettura e del design. Questa collezione di esemplari viene ora messa in mostra in un generoso spazio di oltre 6.000 mq.
La Fondazione nasce da un’idea dei presidenti dell’azienda, Piero e Rossella Bisazza, ”con una duplice vocazione: è uno spazio espositivo per raccogliere opere e installazioni di designer e architetti contemporanei che, nel corso degli ultimi vent’anni, hanno immaginato inedite applicazioni del mosaico; si pone inoltre come soggetto culturale in costante interazione con prestigiose istituzioni internazionali, al fine di ospitare mostre itineranti e progetti di design e architettura non legati necessariamente al mosaico”.
Questa dualità d’intenti trova riflesso in un’organizzazione pratica: la collezione Bisazza costituirà l’esposizione permanente dello spazio museale, mentre mostre itineranti e installazioni, spesso legate a scambi internazionali, formeranno la parte mutante della fondazione, con un’area ulteriore di 1.000 mq. Il tutto sotto la direzione di Maria Cristina Didero.
Anche se neonato, il nuovo spazio culturale avrà una permanente importante, grazie a pezzi e installazioni firmate da nomi internazionali della scena artistica. Qualche esempio? Tord Boontje, Aldo Cibic, Sandro Chia, Jaime Hayon, Alessandro Mendini, Fabio Novembre, Mimmo Paladino, Andrée Putman, Ettore Sottsass, Studio Job, Patricia Urquiola e Marcel Wanders, molte dei quali realizzati con tessere di mosaico Bisazza.
La parte più dinamica, destinata a ospitare le mostre internazionali, è partita con un’esposizione dedicata a John Pawson. Mostra tagliente e efficace già vista poco più di un anno fa al London Design Museum. Una retrospettiva che ripercorre la carriera del designer e architetto inglese, per la prima volta in Italia. L’essenzialità e il rigore dei progetti architettonici sono individuabili particolarmente in alcune delle opere esposte, come il Sackler Crossing a Londra, il Monastero Cistercense di Novy Dvur nella Repubblica Ceca e il flagship store di Calvin Klein a New York.
Le medesime caratteristiche formali e il medesimo stile si possono riscontrare nei suoi oggetti: servizi di posate geometrici, complementi da tavola squadrati, tavoli e divani costruiti solo con linee rette. Passando dalle forme ai materiali, si scopre che Pawson riserva alla scelta materica la stessa attenzione sia nei progetti di architettura che in quelli di design. La panoramica di foto, schizzi, bozzetti e oggetti di un artista così completo e con uno stile tanto riconoscibile dimostra che forse è arrivato il momento di abbandonare le definizioni obbligate e lasciare che il design sconfini nell’architettura e viceversa. Senza troppe barriere. Sarà uno dei compiti della nuova fondazione-museo, nata dal mosaico ma impegnata in tutti gli ambiti della creatività e del progetto.
Valia Barriello
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #7
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