Il Museo Archeologico di Napoli digitalizza le opere dei depositi e lancia il MetaMuseo
Il MANN, in collaborazione con un’università americana, lancia un progetto di ricerca che vedrà archeologia e tecnologia collaborare per garantire la fruizione dei reperti custoditi nei depositi del museo. Nasce un museo virtuale utilissimo per i ricercatori
Accessibile a pubblico e addetti ai lavori, con la possibilità di fruire di opere custodite nei depositi e quindi non visibili nelle sale espositive: si tratta naturalmente di un museo, ma non nel “formato” comunemente inteso e conosciuto. A lanciare il progetto di MetaMuseo è il MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli che, in collaborazione con la Luddy School of Informatics dell’Università dell’Indiana – che sostiene inoltre il progetto anche finanziariamente – , nell’arco di cinque anni digitalizzerà 400 reperti dei suoi depositi in 3D, rendendoli fruibili al pubblico della rete in un’ambiente smart. “Il MetaMuseo è un nuovo livello da raggiungere nella valorizzazione dei depositi per associare di nuovo i contesti, seppur in forma digitale”, spiega il direttore del MANN Paolo Giulierini. “Lo facciamo con una nuova prestigiosa collaborazione internazionale, nello spirito di una ricerca condivisa con il mondo”.
IL METAMUSEO DEL MANN DI NAPOLI
Obiettivo del progetto? La valorizzazione, lo studio e la conservazione dei manufatti dei depositi del MANN: la digitalizzazione infatti non comporta rischi alle opere che, anzi, possono essere studiate attraverso le loro perfette versioni digitali 3D. Il processo di digitalizzazione implica l’acquisizione delle immagini delle singole opere da più punti di vista, così da ottenere le vedute di tutte le loro superfici. A questo punto, vengono generate nuvole di punti tridimensionali, che rappresenteranno un campionamento della superficie dell’opera. Da queste nuvole poi verranno prodotti modelli superficie (modello mesh), ovvero un insieme di poligoni che mostreranno la forma dell’oggetto. Il modello mesh viene infine “texturizzato”, in modo da restituire al fruitore l’aspetto proprio del manufatto. Questi passaggi, e quindi la realizzazione del MetaMuseo, sarà guidato da un team composto da Cristiana Barandoni (Principal Investigator per il MANN e ideatrice del MetaMuseo) che, in collaborazione con Floriana Miele (Funzionaria archeologa e responsabile dell’Ufficio catalogo del MANN), selezionerà i quattrocento reperti custoditi nei depositi del Museo da digitalizzare; Bernard Frischer e Gabriele Guidi, co-direttori del Virtual World Heritage Laboratory, seguiranno invece l’iter della riproduzione in 3D. “Realizziamo un modello metrico, con veri e propri simulacri digitali dell’originale”, spiega Gabriele Guidi. “Ne scaturisce un oggetto che non solo può essere destinato al pubblico di non addetti ai lavori, ma soprattutto agli studiosi anche per valutare ipotesi di restauro. Il tutto nasce da un lavoro non”.
DIGITALIZZAZIONE E BENI CULTURALI. IL METAMUSEO DEL MANN DI NAPOLI
“Il MetaMuseo è un progetto che vuole tutelare e proteggere il patrimonio sommerso del Museo composto da reperti invisibili, ovvero non esposti per motivi di spazio, studio, conservazione. Sono forse opere meno note, ma altrettanto importanti per la ricerca: queste testimonianze, per sopravvivere, hanno bisogno di essere protette. E conosciute”, sottolinea Cristiana Barandoni. “Progettare e realizzare un’idea innovativa grazie alla collaborazione e al supporto economico dell’Università dell’Indiana è un’opportunità che non poteva non essere colta”. Un progetto al quale parteciperanno anche allievi ed esperti per acquisire nuove tecniche e conoscenze: “il MetaMuseo è innovativo e offrirà ai nostri studenti e laureati una fonte infinita di argomenti per le loro ricerche”, conclude Bernard Frischer.
– Desirée Maida
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