Andrea Francolino – Venne all’esistenza lo Spazio beante
Nella prima personale di Andrea Francolino alla galleria Mazzoleni di Torino affiora una sequenza di antinomie.
Comunicato stampa
... In quell'Impero, l'Arte della Cartografia giunse a una tal Perfezione che la Mappa di una sola Provincia occupava
tutta una Città, e la mappa dell'impero tutta una Provincia. Col tempo, queste Mappe smisurate non bastarono più. I
Collegi dei Cartografi fecero una Mappa dell'Impero che aveva l’Immensità dell'Impero e coincideva perfettamente con
esso. Ma le Generazioni Seguenti, meno portate allo Studio della cartografia, pensarono che questa Mappa enorme era
inutile e non senza Empietà la abbandonarono all'Inclemenze del Sole e degl'Inverni. Nei deserti dell'Ovest rimangono
lacerate Rovine della Mappa, abitate da Animali e Mendichi; in tutto il Paese non c’è altra reliquia delle Discipline
Geografiche”
(Suárez Miranda,
Viajes de varones prudentes, libro IV, cap. XIV, Lérida, 1658).
Jorge Luis Borges,
Storia universale dell’infamia
Nella prima personale di Andrea Francolino alla galleria Mazzoleni di Torino affiora una
sequenza di antinomie. Da una parte, l’indagine per mappare viaggi che attraversano interi
territori; dall’altra, la registrazione di minime tracce del terreno con millimetrica attenzione.
Questo gioco tra il micro e il macro produce una tensione sulla dimensione di paesaggio. Come
nel primo paradosso di Zenone (“
Se le cose sono tante, necessita che siano esattamente il
numero che sono, non più né meno. Se sono il numero che sono, sono finite. Ma se le cose sono
tante, sono infinite, perché sempre in mezzo ad esse ce ne sono delle altre, e altre ancora in
mezzo a queste, e così le cose sono infinite di numero. Zenone,
Frammenti) nel quale il filosofo
evidenzia le contraddizioni della molteplicità, così Francolino ci mostra l’infinito tra una piccola
crepa vicino a noi e gli stessi schemi in una costa oceanica o nel profilo di una catena montuosa.
Nelle opere in mostra emerge questa continua dualità che ci circonda quotidianamente. Non solo
gli elementi naturali, ma anche i percorsi di ricerca diventano forme irregolari che
rispecchiano andamenti organici, frattali entropici che si diffondono attorno, nei tragitti e nelle
crepe che assumono un infinito numero di possibilità.
Francolino è alla ricerca di un senso a questa casualità nella serie di opere in vetro
Caso x caos x
infinite variabili nelle quali la rottura viene replicata nella sua dimensione originaria generando
un rapporto tra naturale e artificiale: il tentativo di ricostruire il percorso di una linea
imprevedibile. Ogni crepa è una forma a se stante, come ogni itinerario è unico e irriproducibile.
La ricerca di questa riproducibilità diventa l’elemento che unisce tutte le differenti ricerche
spazio-temporali. Lo stesso principio viene mostrato in una serie di video che hanno come titolo
Minuto in cui immagini di crepe, ogni secondo differenti, sono proiettate su segni di matrice
casuale presenti su vari supporti nel tentativo impossibile di “giusta” sovrapposizione.
Nella serie dei
Percorsi l’artista cerca di esaminare le tracce cartografando solchi - per la
precisione sette - sulle superfici della carta. Questo segno mostra il movimento della materia in
precise e differenti tappe di un tragitto. In questo modo lo spostamento da lui compiuto, da uno
stesso punto di partenza – il suo Studio - alla sua conclusione, se disegnato genera una forma
equivalente che ricorda, a sua volta, una fenditura. Le sette tracce rimangono impresse nella o
sulla carta Hahnemühle.
La ricerca di una serie infinita di elementi presenti in natura e legati ad una dimensione
evolutiva portano Francolino a intitolare le opere in modo minuzioso legato allo spazio e al
tempo. Ne sono esempio il grande foglio
45.069920, 7.677337 - 14/06/2022 - 13:26:13 o in
From 45.500761 9.224836 to 47.562640 7.601494 dei
Percorsi.
L’installazione
Dalla terra al cemento alla terra al cemento genera un dialogo tra i due materiali
costruendo un lento dissolvimento da una sostanza all’altra attraverso una scala cromatica fatta
dalle due materie che determinano molti paesaggi attorno a noi: un controllo matematico del
caos che ci circonda. Anche qui l’artista sembra incorrere in un paradosso di Zenone, come se
tra un elemento e l’altro ci fosse una possibilità intermedia, e un’altra ancora.
Un percorso tra reale e artificiale viene identificato anche in
A-Biotic, opera nella quale la
rappresentazione antropica della natura cerca un continuo rapporto con le forme vegetali: il
paradosso di competere con essa e cercare di imitarla o sostituirla. In queste opere c’è un
tentativo di riprendere la perfezione organica delle piante, quella serie di strutture di Fibonacci
che hanno una loro geometria interiore. Il rapporto tra natura e industria, tra lo spazio verde e le
grandi metropoli, diventa sempre più dialettico.
A-Biotic evidenzia questa relazione simbiotica
tra queste continue dualità.
In mostra sono presentate le nuove opere del ciclo cosiddetto delle crepe d’acqua. Il luogo e il
tempo sono impressi su carta utilizzando solo questo elemento inorganico che definisce immagini
in grado di aprirsi, anche qui, a possibili e ampi riferimenti dal macro al micro. L'intima
riflessione sulle connessioni suggerite dalla crepa rimanda anche alla fragilità e
all'impermanenza. Utilizzando solo l'acqua, a volte raccolta dai ghiacciai e dai fiumi delle Alpi,
dal mare o da fonti, la sequenza di queste nuove opere è allo stesso tempo effimera e ferma nel
tempo e nello spazio, attraverso le coordinate che ne fissano l’esistenza in un preciso istante
scelto dall'artista. A differenza delle opere in cui polvere di terra e di cemento definivano le
crepe impresse sulla carta qui la resa finale è una sorta di positivo scultoreo dei solchi del suolo,
il supporto ne “assorbe” la tridimensionalità.
Francolino prosegue e amplia le sperimentazioni sullo spazio espositivo già avviate in passato
con la sola crepa d’oro, ne è un esempio l’opera
site-specific nella chiesa dei Santi Giusto e
Bartolomeo a Legoli, frazione di Peccioli (Pisa). La mostra si conclude infatti con un ambiente
in cui viene esemplificata la preziosità, sia fisica che simbolica della crepa, segno del tempo e del
movimento delle zolle continentali, qui realizzata in terra sul pavimento, in oro sulla parete, e in
lapislazzuli sul soffitto. Oro e blu oltremare, in sottili foglie e in pigmento finemente macinato,
materiali preziosi che nella memoria richiamano i capolavori del medioevo italiano, le figure
ieratiche su fondo oro della pittura, danno corpo alla ricerca di Francolino sulla crepa: come
squarci di Universo, ricongiungono terra e cielo, materia e spirito, testimoniando la preziosità
celata di quanto è, ma solo ad un primo sguardo, un vuoto.
L’artista rende omaggio a questa forza della natura che segna, anzi disegna gli spazi circostanti:
che siano lo spazio pubblico stradale di fronte alla galleria, oppure la faglia che separa le placche
della Terra.
L’esposizione sarà accompagnata da un catalogo bilingue con testo critico di Lorenzo Benedetti.
ANDREA FRANCOLINO
Andrea Francolino (Bari, 1979), vive e lavora a Milano.
Al centro delle sue riflessioni è la crepa, in tutta la sua universalità e le sue “infinite varianti”, senza critica e pregiudizi.
“
Guardare una crepa è come guardare l’universo, rifletto sul senso della vita e sul senso delle cose”, scrive l’artista.
Attraversando più forme disciplinari quali estetica, etica ed ecologia, nel suo percorso di “evoluzione” artistica
Francolino cerca di tenere fede, nella realizzazione finale dell’opera, a una tanto decantata Natura coniando il termine
econcrethic – unione di tre parole: eco, concreto, etico – per tutti gli interventi e le azioni realizzati con materiali naturali.
Nel 2013 vince il Premio San Fedele con
Et onne Tempo, un lavoro installativo che ricostruisce, con polvere di cemento,
la pianta del più grande centro commerciale esistente al mondo. L’opera pone lo spettatore dinanzi alla riflessione
sull’esasperazione del consumismo contemporaneo e sulla vanitas umana. Il rapporto tra uomo/prodotto e natura/creato
è invece alla base di
Performance di una pianta (2013-2015), cumulo di macerie di opere distrutte da cui nasce
spontaneamente una pianta: è la Natura che si riafferma e dona nuova vita a ciò che è ormai inerte e abbandonato.
Nel 2018 la crepa diventa protagonista totale di un’opera che porta il suo nome. Su un muro dello Spazio Aperto San
Fedele (Milano) appare una fessura che l’artista riveste, nel suo tracciato, con foglie d’oro 22kt. Come afferma
Francolino, “
la crepa, manifestazione oggettiva di un processo in divenire nella sua centralità suggerisce e a volte rivela il
legame tra gli opposti generando riflessioni infinite”.
Dal 2022 inizia il ciclo cosiddetto delle crepe d’acqua. Nelle opere precedenti del 2019 - 2020, i
Limiti, Francolino
utilizzava polvere di cemento o di terra per imprimere sulla carta le crepe presenti in specifici luoghi tra Natura (prati,
fiumi) e il costruito dell’uomo (strade, edifici). In questi nuovi lavori del 2022, invece, la resa finale è una sorta di
positivo scultoreo dei solchi del suolo, il supporto ne “assorbe” la tridimensionalità.
Francolino è fra i quattro fondatori di The Open Box, spazio non profit per l’arte nato nel 2015 a Milano.
Fra le principali mostre personali ricordiamo: Museo Novecento, Firenze (2020/21) con performance tra il Palazzo
Vecchio e il Museo Novecento; Spazio Contemporanea, Brescia (2020); Spazio aperto San Fedele, Milano (2018); The
Open Box, Milano (2018); nm>contemporary, Principato di Monaco (2017); Kristin Hjellegjerde Gallery, Londra
(2016); Galleria San Fedele, Milano (2015); Spazio Testoni, Bologna (2013).
Tra le numerose esposizioni collettive ricordiamo: Chiesa dei SS Giusto e Bartolomeo Legoli, Peccioli (Pisa), opera
site-
specific (2022); Woolbridge Gallery, Biella (2021); Ambasciata d’Italia a Londra, Londra (2021); Forum Austriaco di
cultura, Roma (2021); Palazzo Barbò, Torre Pallavicina (2021); Mazzoleni, Torino (2021); CAMERA Centro Italiano
per la Fotografia e Mazzoleni, Torino (2020); Mazzoleni, Londra (2020); AGI Verona e Università di Verona (2019);
Palazzo Palmieri, Monopoli (2017); Frittelli arte contemporanea, Firenze (2016); The Loft, Works from the Servais
collection, Bruxelles (2016); Quartiere Intelligente + MADRE, Napoli (2014); Courtauld Institute of Art Somerset House,
Londra (2012); Istituto Italiano di Cultura, New Delhi (2011); Spazio Oberdan, Milano (2010); Villa Ponti, Arona
(2010).