Futuro Antico. Intervista al compositore Michelangelo Lupone
Che cosa significa per un compositore lavorare fianco a fianco con gli artisti? Risponde Michelangelo Lupone, che immagina un futuro all’insegna del virtuale
Michelangelo Lupone è nato a Solopaca nel 1953. Compositore e direttore artistico del Centro Ricerche Musicali CRM di Roma, nel 2006 la Soprintendenza archeologica di Pompei gli ha commissionato un’istallazione musicale permanente nella Palestra grande degli Scavi di Pompei. Nel 2015 ha realizzato per la Galleria Nazionale D’Arte Moderna e Contemporanea di Roma l’installazione musicale permanente adattiva Forme immateriali. Per la sua attività di ricerca artistica ha ricevuto riconoscimenti dall’Accademia delle Scienze di Budapest, dalla Japan Foundation, dal MIUR, dal Ministero della Cultura Francese, i Premi Carloni (2013), Scanno (2016), Pleiade International Award (2019), incarichi di consulenza dalla Texas Instruments, dal Centro Ricerche Fiat e commissioni da istituzioni musicali (tra cui Tanzhaus, Düsseldorf, Maggio Musicale Fiorentino, Teatro Regio di Parma, Kyoto Philarmonic Orchestra, INA-GRM, Festival Aujourd’hui Musique).
Quali sono le tue fonti di ispirazione nell’arte?
La mia formazione è legata soprattutto alla musica di Johan Sebastian Bach; è stato un autore che ho seguito sia per lo studio della polifonia che del pianoforte. Alcune figure del Novecento hanno contribuito a consolidare il mio indirizzo espressivo e di ricerca: Edgar Varèse per la concezione del suono e per l’impegno sociale, Anton Webern per il rigore e l’essenzialità espressiva, Karlheinz Stockhausen per l’ideazione della forma musicale. Questi autori, in misura diversa, hanno stimolato anche i miei interessi scientifici e tecnologici, che hanno trovato una naturale applicazione musicale con l’uso del computer e dei nuovi strumenti.
Per quanto riguarda la mia passione per le arti visive, certamente questa è stata segnata dall’opera di Paul Klee: mi ha insegnato a leggere l’arte astratta e la composizione di forme e colori. Ma il rapporto con la materia, le dimensioni, il contesto e i concetti più vicini alla mia musica trovano spunto e ispirazione da autori anche molto diversi come Lucio Fontana, Alberto Burri e Robert Rauschenberg.
Qual è il progetto che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?
Ci sono progetti a cui sono fortemente legato e alcuni li ho sviluppati con la collaborazione di artisti visivi. Il primo nel mio paese d’origine, Solopaca, nel beneventano, con Mimmo Paladino. Con lui ho realizzato una grande opera ambientale che si intitola Sorgenti nascoste. La musica di quest’opera nasce e si trasforma con lo sgorgare dell’acqua dalla montagna. In seguito, la collaborazione con Licia Galizia ha avviato un percorso di ricerca intenso e ancora attivo che trova il sostegno scientifico del Centro Ricerche Musicali di Roma. Nel 2005, da questa collaborazione, è nato lo Studio primo su Volumi Adattivi, un’installazione scultoreo-musicale in grado di trasformarsi attraverso l’interazione con il pubblico e il contesto ambientale. Infine aggiungerei il brano musicale Canto di madre. In esso tutti i suoni, che derivano dallo studio della voce umana e dei modelli virtuali degli strumenti a corda, tendono verso una fusione, un incontro espressivo che propone la continuità tra ciò che è fisico e ciò che è immateriale.
Che importanza ha per te il genius loci all’interno del tuo lavoro?
Non ho un riferimento a un genius loci. Sono così inserito in una serie di stimoli diversi e delocalizzati da non avere divinità locali di riferimento. Inoltre, per attitudine, sono attento al continuo rinnovarsi delle idee e alle circostanze da cui scaturiscono.
PASSATO E FUTURO SECONDO MICHELANGELO LUPONE
Quanto è importante il passato per immaginare e costruire il futuro? Credi che il futuro possa avere un cuore antico?
Il passato è determinante per avere coscienza dell’attualità, per dare forza, slancio ad aspirazioni visionarie e progetti per il futuro. La prospettiva storica ci dà coscienza del nostro gesto espressivo attuale, permette di confrontarci con le idee e l’intelligenza di chi ci ha preceduto, offre stimoli per l’approfondimento dei temi del presente. Mi nutro ancora oggi della musica, della pittura e della poesia del passato.
Quali consigli daresti a un giovane che voglia intraprendere la tua strada?
Il primo è quello di porgersi con umiltà davanti ai maestri, perché da essi un giovane artista può trarre intuizioni e tecniche che sostengono l’originalità della propria ricerca espressiva. Il secondo è studiare, leggere, approfondire i temi che per attitudine o per vocazione intende perseguire. È necessario, comunque, rivolgere l’attenzione allo sviluppo dei mezzi e delle idee del proprio tempo, ciò comporta, oggi, il possesso di competenze anche tecnologiche, al fine di comprendere, usare e condividere l’esperienza dei nuovi strumenti e dei criteri di comunicazione artistica in costante sviluppo.
In un’epoca definita della post verità, ha ancora importanza e forza il concetto di sacro?
Credo proprio di sì. Non mi riferisco alla sacralità in senso religioso ma, in senso allargato, sia alla spiritualità necessaria per la riflessione sui valori umani, sia alla ritualità che vorrei si avesse per l’arte. Intendo quel rispetto che ci permette di accogliere l’eterogeneità delle visioni artistiche, di comprendere la necessità espressiva e spirituale da cui scaturiscono le idee che parlano alla nostra intelligenza quanto alle emozioni più contrastanti.
Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?
Provo a tracciare tre temi più vicini alla mia sensibilità. Penso che la virtualità sarà determinante, nella produzione artistica, ma non solo. L’incontro tra il virtuale e il reale disegnerà nuovi confini per l’esperienza sensoriale e di conseguenza per il pensiero e le emozioni umane. Assumeranno un peso, finalmente, le considerazioni critiche e speculative relative al rapporto tra l’uomo, la natura e la tecnologia, intesa, quest’ultima, non solo come mezzo, ma come un ambito del pensiero umano in grado di riflettere sui propri scopi, assumere un’etica e una capacità di riconoscimento valutativo del proprio sviluppo. L’ultima considerazione riguarda il rapporto tra gli individui: siamo inseriti in una logica che consuma in modo imprevedibile e ineluttabile non solo gli utensili, i mezzi, ma il pensiero stesso e le relazioni umane. Il consumo si accompagna sempre più a modi di comunicazione che inducono a forme di solipsismo nel lavoro e sclerosi delle esperienze. L’obiettivo è contrastare questa tendenza, riportare l’uomo e i suoi valori spirituali al centro di ogni processo creativo, scientifico, artistico o speculativo.
‒ Ludovico Pratesi
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