Tempesta Gallery: arte, cambiamento climatico e parità di genere. L’intervista
La galleria milanese sta puntando sui grandi temi del presente e sulle urgenze sociali. Abbiamo intervistato i titolari Enrico Angelino ed Elisa Bonzano che ci raccontano perché
In occasione della riapertura settembrina della mostra personale di Ana Hillar, il 15 settembre la galleria milanese Tempesta Gallery ospita un pomeriggio dedicato a un’esperienza fuori dal consueto e prova a coniugare yoga e arte.
TEMPESTA GALLERY: ARTE E CLIMATE CHANGE
La galleria, situata a Foro Buonaparte, tra il Teatro Piccolo Strehler e la Stazione Cadorna, guarda da sempre con particolare attenzione ad alcuni temi, su tutti forse il cambiamento climatico, insieme a questioni di genere, con l’intenzione di “dare voce a chi difende l’ambiente e studia l’immensità della natura per promuovere un’azione di comprensione, approfondimento e consapevolezza delle emergenze. L’arte è secondo noi il mezzo più immediato per comunicare tematiche urgenti e delicate come la sostenibilità ambientale, la parità di genere ed il rispetto per l’intera umanità”.
L’evento nasce in strettissima correlazione con il progetto site-specific ideato per gli spazi della galleria dall’artista argentina Ana Hillar e intitolato Tummo, termine tibetano che significa letteralmente “fuoco interiore” e indica una tecnica di respirazione praticata dai buddisti da più di mille anni che permette di sopravvivere a condizioni estreme. Ne abbiamo parlato con Enrico Angelino ed Elisa Bonzano di Tempesta ed ecco cosa ci hanno raccontato.
TEMPESTA GALLERY: L’INTERVISTA
Per il re-opening di settembre avete ideato un evento dedicato all’arte, ma attraverso la pratica dello yoga. Cosa succederà?
Abbiamo previsto una giornata leggermente diversa dal solito che prevede dalle 18.00 una classe di yoga e meditazione guidata dalla maestra Shirin Afshar alla scoperta dello stretto rapporto tra arte e movimento, bellezza e respiro, forma e interiorità, per poi proseguire con un brindisi con l’artista aperto anche a chi non ha partecipato all’esperienza.
Come è nata questa idea e quanto è legata alla mostra attualmente in corso in galleria?
L’idea è nata dalla volontà condivisa con l’artista Ana Hillar e dalla sua indagine sul tummo, la tecnica di respirazione buddista che ha ispirato tutto il percorso espositivo della mostra in corso in galleria fino al 7 ottobre. L’azione del respirare, gesto inconsapevole e spontaneo a cui spesso non diamo l’importanza che merita, è in grado di far partire una rivoluzione dall’interno del nostro corpo. L’acquisizione di un maggiore controllo sulla respirazione è in grado di apportare enormi benefici alla vita quotidiana, sia fisicamente che mentalmente. L’intenzione, quindi, è condividere con il pubblico, anche attraverso la pratica vera e propria, ciò che l’artista ha voluto esprimere attraverso le opere.
La scelta della tipologia di evento è legata quindi al lavoro di Ana Hillar.
Certamente, il tipo di evento è strettamente correlato al lavoro presentato, ma è anche l’occasione di affrontare la tematica dell’emergenza climatica, parte importante della mission della Galleria. Il respiro ci collega direttamente alla Madre Terra, che è la materia originaria e protagonista delle opere di Ana, e che stiamo lentamente mettendo a rischio, senza lasciarle il tempo di rigenerarsi. Nonostante questo, il pianeta non smette di lottare, non può disimparare a farlo, in uno stretto parallelismo con il movimento respiratorio. La possibilità di incontrarsi e condividere un’esperienza di yoga e meditazione fuori dagli usuali contesti permette secondo noi una maggiore immersione e consapevolezza che acuisce i sensi e predispone all’approfondimento di noi stessi e dell’ambiente che ci circonda.
Cosa vi ha affascinato in particolare della pratica di quest’artista?
La caratteristica che ci ha affascinato del lavoro di Ana Hillar è sicuramente il suo modo di dialogare con l’arte ceramica in una maniera personale ed introspettiva. Ogni opera possiede una forma esterna superficiale che sembra essere delicatamente pulita, liscia, pura e una valenza interna molto più aggressiva, selvaggia, primordiale dalla quale si viene catturati. Ogni oggetto assume un’estrema eleganza formale dialogando con lo spazio circostante, le opere sospese sembrano fluttuare nell’aria alla ricerca di un luogo da abitare. Il suo stretto legame con la natura e tutto ciò che la circonda è sicuramente un punto che stavamo cercando per la nostra ricerca. Ogni sua opera nasce da un atto originario, dall’estrazione della terra che andrà a manipolare e porta con sé una storia propria, la forza, i colori, le proprietà di un luogo preciso.
Hillar è tra le artiste che rappresentate in modo ufficiale e costante. Cosa accomuna il loro lavoro?
Ad oggi la nostra scuderia è ancora in costruzione, cerchiamo di instaurare un rapporto duraturo e di fiducia con gli artisti con cui lavoriamo e con i quali ci sono, da parte nostra, tutti i presupposti per continuare a farlo. Oggi lavoriamo in questo modo con Ana Hillar, Ane Graff, Alma Heikkila, Diana Orving.
Una prevalenza di artiste quindi.
Ad oggi sì, ma non è una condizione necessaria e infatti abbiamo iniziato un progetto performativo con Matteo Lucca, scultore contemporaneo, e altri sono in via di sviluppo.
Un altro tema importante per la galleria e indagato attraverso gli artisti con cui collabora è il rapporto fra società e ambiente.
Rimane per noi costante la tematica dei rapporti tra gli esseri umani, la Natura e i diversi ecosistemi socio-culturali, che viene poi affrontata da ogni artista in maniera differente.
Ad esempio?
Ane Graff osserva gli esseri umani come parte di una rete espansiva e materiale che si estende dentro e fuori i nostri corpi, mentre Alma Heikkila sperimenta la superficie, studiando le diverse specie che vivono al suo interno, cercando di rendere visibili elementi invisibili ma fondamentali per lo sviluppo della natura. Diana Orving invece è attratta da movimento, relazioni, mondi emotivi, processi fisici: per lei l’arte è uno strumento spirituale e un linguaggio che comunica ad un livello molto più profondo e istintivo rispetto alle parole.
Continuerete a prestare attenzione anche ad artisti e artiste di epoche differenti?
Certo, rimane un punto sul quale continueremo a lavorare e fare ricerca, nel 2023 abbiamo in programma la nostra prima vera retrospettiva alla quale possiamo per ora solo accennare e dire che tratterà opere costruite tramite l’ausilio di luce, acqua, aria, anche se non vediamo l’ora di parlarne!
Con la ripresa di settembre, come vi appare procedere il percorso della galleria?
Dopo essere ufficialmente subentrati con l’attuale assetto in galleria e aver seguito una serie di attività nuove e sperimentali possiamo essere fieri del percorso intrapreso con i nostri artisti, i progetti supportati e per tutti i nuovi rapporti costruiti, ancora abbiamo molto da costruire e siamo ottimisti.
Parliamo più da vicino della vostra presenza agli appuntamenti classici del mercato dell’arte, le fiere. Quali progetti in cantiere su quel versante?
Abbiamo iniziato il nostro percorso alla fine del periodo pandemico iniziando da fiere italiane come Art Verona. Proseguiremo nel ’22-’23 con una programmazione fieristica consona alla nostra ricerca e vicina al nostro pubblico, mantenendo 2 tappe italiane e vorremmo negli anni aggiungerne altrettante europee.
Che tipo di collezionisti seguono il vostro lavoro?
La nostra ricerca è supportata da un pubblico di nicchia italiano e nord-europeo, estremamente interessato ad ampliare collezioni che condividono la nostra visione e quella dei nostri artisti. Stiamo portando avanti un tipo di ricerca estremamente mirata, pur spaziando tra scultura, pittura e installazioni, e riteniamo sia fondamentale andare avanti in questa direzione, cercando di diffondere le tematiche raccontate dalle nostre artiste a livelli istituzionali e nelle maggiori collezioni contemporanee italiane e internazionali.
Quali saranno le mostre in galleria nell’immediato futuro?
I nostri prossimi appuntamenti sono due, il primo è quello avviato insieme a Matteo Lucca, Terra di Preghiera, un momento partecipativo che unisce arte, meditazione e consapevolezza del sé, del proprio corpo e dell’impronta che lascia sulla Terra. Guidato dall’artista, un gruppo di persone ha contribuito all’esplorazione dei Mudra della pratica yogica, gesti delle mani che lasciano sull’argilla una forma, fino al coinvolgimento di tutto il corpo al fine di calarsi sempre di più nella terra e nella relazione con essa. Ciò che resta sono appunto queste “Terre di preghiera”, forme che contengono le tracce del corpo che medita e che saranno esposte con un’installazione dedicata dal 20 ottobre in Galleria.
E a seguire?
Il 24 novembre inaugureremo la prima personale italiana dell’artista svedese Diana Orving, che sarà una indagine sugli stati d’animo e le trasformazioni mentali rappresentate dal movimento creato dai tessuti che la Orving manipola strato dopo strato, taglio dopo taglio, come fossero una tela bianca che trasforma lo spazio in un luogo immersivo e suggestivo.
– Cristina Masturzo
https://www.tempestagallery.com/
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