Artribune podcast: Francis Offman per Monologhi al Telefono

Nell’intervista l’artista risponde alla chiamata raccontando della materia prima che compone le sue opere: ovvero il caffè. Un viaggio che ha a che fare con il Ruanda, sua terra di origine

Parte con la mostra di Francis Offman (Butare, 1987), il programma espositivo sull’arte italiana realizzato da Quadriennale di Roma. L’esposizione è inserita all’interno del ciclo Paesaggi, che prevede la strutturazione di sei mostre con cadenza bimestrale. A cura di Hans Ulrich Obrist, l’artista di origini ruandesi dissemina presso la sala al piano terra di Palazzo Braschi un insieme di libri sul pavimento, creando un ritmo disomogeneo. L’inconsueta biblioteca è composta da ventitré volumi, l’attenzione si sofferma su una Bibbia ruandese tradotta in lingua kinyarwanda e un testo di grammatica francese del 1900. Gli altri libri raccolgono una serie di racconti brevi provenienti da tutto il mondo. I testi sono stati interamente cosparsi da un sottile strato di caffè, appuntellati al suolo per mezzo di un calibro che fa da piedistallo e direzionati verso un orizzonte di colore scuro. Il monocromo che fa da sfondo è un grande quadro di due metri realizzato stratificando su tela un quantitativo di polvere di caffè, raccolto e lavorato dall’artista tramite un processo di essiccazione. Tutte le opere sono state volutamente esposte senza alcuna didascalia, sfuggendo alle etichette e mostrandosi nella loro concreta sostanza.

FRANCIS OFFMAN: LA VISIONE DELL’ARTISTA

Si rileggono “tra le righe” le efferate pieghe della storia del Ruanda e di altri Paesi. Il riferimento ai due testi esposti richiama il ruolo delle Istituzioni Cristiane nel mondo e la politica distruttiva che ha portato ad uno dei più sanguinosi episodi della storia dell’umanità: il genocidio del 1994. È importante sottolineare la totale astensione del giudizio da parte dell’artista, che chiarisce il suo pensiero sul testo di sala: “Vedere che coesistono più visioni e che non c’è una chiave unica per il significato per me è essenziale. Perché, davvero, non credo nella polarizzazione del bianco e del nero”. Il curatore della mostra, nonché direttore artistico delle Serpentine Galleries di Londra, fornisce al visitatore una visione completa del lavoro dell’artista attraverso un’approfondita intervista consultabile all’ingresso. L’intervista parte con una ricognizione biografica che evidenzia le marcature del suo lavoro in relazione alla sua storia personale.

IL MONOLOGO DI FRANCIS OFFMAN

Nel suo monologo l’artista spiega i retroscena delle materie prime utilizzate: i fondi di caffè. Sono materiali recuperati che ricordano all’artista la sua terra di origine (il Ruanda è un paese che produce una varietà di caffè molto pregiata) e che diventano il pretesto per creare momenti di convivialità attorno ad una tematica che può aprire diverse domande. Da uno studio emerso attraverso il confronto con l’esperta di specialty coffee Jessica Sartiani, l’artista scopre le dinamiche che ruotano attorno al caffè italiano e il grande bluff che i brand tendono ai consumatori. Frutto di miscele di numerose materie prime provenienti da luoghi diversi, le confezioni di alcuni prodotti che troviamo al supermercato, infatti, ne omettono il luogo di origine. Questa approfondita ricerca porta l’artista verso la definizione di una mappa senza confini che si compone anche attraverso il dialogo con persone comuni, come la dirimpettaia che si adopera per consegnargli i fondi che è riuscita a recuperare. Considerandolo come un collegamento diretto con la sua terra, il caffè diventa un cimelio riutilizzabile per la costituzione di un’opera effimera e biodegradabile: “in Ruanda realizziamo oggetti che non devono poi rivelarsi un peso per le generazioni future, oggetti destinati a morire con noi, con la nostra generazione, in modo che quella successiva sia libera di creare qualcosa di nuovo”, dichiara l’artista nella sua intervista. Con questa ciclicità Offman cerca di definire un modello sostenibile per la produzione artistica aprendosi così a tematiche importanti ma in punta di piedi.

– Donatella Giordano

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Donatella Giordano

Donatella Giordano

Nata in Sicilia, vive a Roma dal 2001. Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, dove nel 2006 ha conseguito il diploma di laurea con una tesi che approfondiva la nascita dei primi happening e delle azioni performative…

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