Manlio Amodeo / Savina Tavano – Il secondo sguardo

Informazioni Evento

Luogo
CASINO DEI PRINCIPI - VILLA TORLONIA
Via Nomentana 70, Roma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Dal martedì alla domenica ore 9.00-19.00
Ultimo ingresso un'ora prima della chiusura
Giorno di chiusura: lunedì

Vernissage
20/09/2022

ore 18

Biglietti

Biglietto Casino Nobile e Mostra presso il Casino dei Principi € 8,00 biglietto intero per i residenti a Roma; € 7,00 biglietto ridotto per i residenti a Roma; € 9,00 biglietto intero per i non residenti a Roma; € 8,00 biglietto ridotto per i non residenti a Roma; Biglietto unico integrato Casina delle Civette, Casino Nobile e Mostra presso il Casino dei Principi € 10,00 biglietto “integrato” intero per i residenti a Roma; € 8,00 biglietto “integrato” ridotto per i residenti a Roma; € 11,00 biglietto “integrato” intero per i non residenti a Roma; € 9,00 biglietto “integrato” ridotto per i non residenti a Roma; Ingresso con biglietto gratuito per i possessori della MIC Card e per le categorie previste dalla tariffazione vigente.

Patrocini

Promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali

Artisti
Manlio Amodeo, Savina Tavano
Curatori
Claudio Strinati, Federico Strinati
Uffici stampa
SCARLETT MATASSI
Generi
arte contemporanea, doppia personale

Due artisti in bilico tra cultura rinascimentale e cultura pop, scherzo barocco e nitore illusionistico raccontati da un’ampia retrospettiva.

Comunicato stampa

Al Casino dei Principi di Villa Torlonia, dal 21 settembre al 30 ottobre 2022, Manlio Amodeo e Savina Tavano. Il secondo sguardo, mostra di carattere antologico destinata a mettere meglio a fuoco presso il grande pubblico due figure del tutto singolari nel panorama dell’arte italiana contemporanea.

L’esposizione, curata da Federico Strinati e Claudio Strinati, è promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura, organizzazione Dialogues raccontare l’arte.

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“Una vicenda che ha ben pochi confronti nell’arte italiana del nostro tempo”: così Claudio Strinati sottolinea l’unicità del sodalizio umano e artistico di Manlio Amodeo e Savina Tavano, in linea con i critici che, dal 1959 a oggi, hanno commentato la loro lunga carriera.
L’occasione di approfondire la conoscenza dei due artisti è offerta dalla mostra di carattere antologico che si aprirà al pubblico mercoledì 21 settembre nelle sale del Casino dei Principi di Villa Torlonia: le opere di lui al piano terra e quelle di lei al primo piano, esposte in un’unica mostra, ma collocate in spazi ben divisi per sottolineare la peculiarità di entrambi. Un sodalizio di vita, prima di tutto, e artistico, che la voluta separazione in due spazi espositivi separati traduce a beneficio del visitatore. Due linguaggi totalmente diversi, eppure complementari, che scorrono su due rette parallele. “Il secondo sguardo” è il concetto base e il cardine creativo per entrambi gli artisti, e non a caso è stato scelto dai curatori quale titolo della mostra. Rappresenta infatti un secondo punto di vista, un secondo approccio, un approfondimento del reale e del surreale non percepibile a una prima occhiata. Nel caso di Savina Tavano è ben evidente nei lavori paesaggistici ove il secondo sguardo più profondo ci rivela un mondo di interiorità e riflessione quasi inquieto, mentre per Manlio Amodeo trascende il reale quale che sia e ci porta in una dimensione onirica costituita di affascinanti fantasie architettoniche, zoomorfe e prospettiche che dapprima suggestionano l’occhio, e a un secondo sguardo ci portano in un mondo di leggerezza e ironia a cavallo tra la parodia e l’introspezione più profonda.

Storia di Manlio, Savina e di un torchio litografico a stella

La storia artistica di Manlio Amodeo e Savina Tavano può essere raccontata come un percorso di ricerca di una piena libertà espressiva. Scrive Savina: “Vita dura in questi ultimi centocinquanta anni per gli artisti […] pungolati da un mare di tendenze nuove, fortemente gravati (nonostante le apparenze) da divieti e tabù”. Per niente preoccupati di dover apparire a tutti i costi moderni, i due artisti hanno saputo portare a raccordo la fascinazione per l’arte antica con innumerevoli spunti tratti dalla cultura visiva del secolo in cui sono nati e si sono formati, il ‘900. Il loro unico, inviolabile tabù è stato quello del “mestiere”, la perfetta padronanza delle tecniche espressive da raggiungere a tutti i costi per poter tentare l’ardua impresa di comunicare una propria personale visione.

Chi ha giustamente percepito la loro indistricabile connessione alla grande tradizione pittorica del passato, sarà sorpreso di apprendere che, nel ricordo di Manlio, la passione per la pittura nasce sfogliando un libro sull’arte americana del ‘900, con la folgorante scoperta di American gothic di G.Wood, della pittura di Edward Hopper e delle illustrazioni di Norman Rockwell. Una scoperta seguita dalla decisione di darsi alla cartellonistica pubblicitaria e all’iscrizione presso la scuola fondata da un genio della pubblicità come Armando Testa. L’incontro con Savina avviene all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, frequentata da entrambi nella seconda metà degli anni ’50. Nel 1959 la prima mostra, che Manlio riesce a farsi organizzare presso la Galleria San Sebastianello di Roma coinvolgendo due figure di spicco del mercato d’arte italiano del dopoguerra, Gaspero del Corso e la moglie Irene Brin, proprietari della storica Galleria l’Obelisco. Su una parete i lavori di Manlio, su quella opposta i lavori di Savina: da quel momento sarà sempre così. Nel 1960 si sposano e prendono casa a Milano per lavorare come illustratori per la casa editrice Mondadori. Nel 1963 il trasferimento a Firenze per andare a fare lo stesso lavoro per Sansoni. Nel 1966 si spostano a Roma, la loro città d’elezione, il luogo ideale in cui maturano la decisione di abbandonare le arti applicate (con i ben remunerati contratti per l’editoria, in quegli anni in piena espansione) per dedicarsi in modo esclusivo alla produzione artistica.

Deus ex machina di quella svolta di capitale importanza è davvero una macchina: un antico torchio litografico a stella acquistato da Manlio nel 1973 e subito portato nello studio di via della Vetrina, dove diviene il perno di un decennio di sperimentazioni in cui le potenzialità del mezzo sono oggetto di capillare esplorazione. Ne deriva la messa a punto di una laboriosa tecnica di stampa in cui il macchinario non viene usato per ri-produrre serialmente immagini ma per sfruttare la sua capacità di produrre particolari effetti cromatici del tutto pittorici. Con il nome di “pitture litografiche” sono infatti presentate le preziose grafiche tirate dai due coniugi-artisti in pochissimi esemplari se non come pezzi unici. Stampe del tutto originali che diventano il veicolo, scrive Claudio Strinati in catalogo, di “un universo di immagini capaci di collegare cultura pop e rinascimentale, scherzo barocco e nitore illuministico”.

La stagione della pittura litografica si chiude nel 1985 con una mostra a Palazzo Borghese che la racconta e con il ritorno alla pittura.
Risale agli anni ’80 anche la scoperta della campagna maremmana, l’altro incontro nodale nella vicenda umana e artistica di Manlio e, soprattutto, di Savina. Oggi i due artisti, ancora nel pieno della loro attività, vivono e lavorano nello studio in Toscana.

Manlio Amodeo (opere dal 1955 al 2018)

“Ho visto tante immagini e le ho racchiuse nel magazzino del mio inconscio”, spiega con semplicità Manlio Amodeo, che a quel magazzino attinge per creare, tramite la pittura, mondi e personaggi fantastici. La mostra curata da Federico e Claudio Strinati ripercorre in dettaglio gli esiti della sua creatività torrentizia, dagli esordi (1954-1959), alla felice stagione della pittura litografica – le grafiche preziose prodotte con un antico torchio litografico - alla produzione più recente.
Si vedranno, ordinate in piccole sezioni, tutte le visionarie ossessioni che caratterizzano la sua arte:

gli Ibridi, creature zoomorfe che rivisitano iconografie tardomedievali.

Le Case impossibili, personaggi impossibili entro luoghi impossibili inquadrati all’interno di prospettive impossibili.

Le varie serie che, con perizia certosina, rappresentano le variazioni della luce nel corso delle 24 ore o comunque rendono conto del trascorrere del tempo nei mondi inventati dall’artista.

Le esplorazioni dell’inconscio raccontate come un viaggio turistico alle frontiere dell’essere e infine il recente interesse per il tema del labirinto e dei miti a esso collegati.

Savina Tavano (opere dal 1954 al 2018)

Se la pittura di Manlio procede negli anni con ordinata continuità stilistica, quella di Savina, protesa a rappresentare in modo del tutto personale il mondo reale, ha un primo e un secondo tempo. Nel primo, soprattutto tramite la tecnica della pittura litografica, il suo sguardo si concentra su Roma, rappresentata nel contrasto tra le nobili vestigia del suo clamoroso passato e gli oggetti della moderna vita quotidiana. Un dialogo tra opposizioni apparenti, orchestrato tenendo conto della lezione della pop art e dell’iperrealismo. Il registro cambia radicalmente dopo l’accesso a un nuovo orizzonte visivo, quello della campagna maremmana. Savina realizza paesaggi facendosi ispirare da quelli visti nella pittura del primo Rinascimento. Per restituire il fremito vitale, l’incessante vibrazione che pervade la natura, adotta una laboriosa tecnica puntinista.

I ritratti

Nei ritratti realizzati su commissione sia da Manlio che da Savina l’arte dei due gemelli diversi della pittura contemporanea italiana trova un punto di consonanza. Di alta qualità esecutiva, sia nella rappresentazione dei soggetti raffigurati che in quella degli sfondati di gusto rinascimentale, i ritratti si segnalano anche per una rara capacità di introspezione.